E anche Russell Crowe se lo semo tolto dalle palle. Ieri sera, a Noto, sulle scale della cattedrale, ha concluso il suo tour italiano con la band The Gentlemen Barbers chiamato Indoor Garden Party e se tu prendi un “bear” come Crowe e lo porti a Noto, la città più puppa del mondo, è ovvio che poi si sente una certa isteria nell’aria. Volendo fare una sintesi veloce il fulcro della conversazione, nel corso barocco, verteva su chi se lo sarebbe scop*to anche se in sovrappeso e chi no. Ma andiamo con disordine. A me Crowe piace, mi somiglia, Il Gladiatore mi è piaciuto e anche io spero di rivedere i miei cari e i miei animali quando trapasserò (magari messi a fuoco), ma fa caldo. Nel sudest siciliano fa caldo e non piove da mai. E già sono stato a Noto per intervistare Al Bano. Così, quando alla mia richiesta di intervistarlo, l’organizzazione mi risponde: “Purtroppo a causa di impegni improrogabili e di una pianificazione estremamente serrata, non ci è possibile concedere interviste in questo momento” prima penso a come minchia scrivono le organizzazioni, poi giro il messaggio a Gianmarco Aimi, quindi mi tolgo le mutande e vado fuori a farmi la doccia col tubo insieme a cani e gatti. “Nudo sei uguale a Russell Crowe”, mi dicono le bestiole. “Non è vero, sono a dieta”. “Anche Russell Crowe, infatti siete identici”. “Ma voi lo avete visto nudo?”. “Abbiamo visto cose che voi umani...”. (La doppia citazione riddleiscottesca mi lascia ammirato). Quando rientro trovo il messaggio di Aimi: “Un giro puoi farlo lo stesso e racconti”. Guardo cani e gatti: “È tanto che non ci compri i wurstel”. E Russell Crowe sia. Sul corso principale di Noto non spira vento, lo bloccano i turisti. C’è sempre questa minch*a di barocco che a me sembra definitivamente rococò, ma credo di averlo scritto in qualche libro e quindi punto. I turisti sono brutalisti: portano con sé l’aroma del cemento che kaftani, collane etniche, sandali di cuoio, abbronzatura e arancino in mano non riescono a cancellare. Io sono old-rich-decayed-country-rural, ossia maglietta bucata, pantaloncini scoloriti e imitazioni cinesi di una qualche ciabatta di moda tra i trapper e le influencer (suppongo). La comunità omosessuale è sparsa a chiazze negli innumerevoli ristoranti e locali. Passo davanti a una ex trattoria che aveva quattro tavoli, il vassoio con i cavatelli e i ravioli di ricotta fatti a mano e c’erano anche le mezze porzioni (la porzione standard se la poteva mangiare Russell Crowe) e adesso è un megacoso che fa microgourmet. “Io mi farei sbattere anche al contrario”, sento. Mi volto di scatto e chiedo: “Sarebbe a dire?”. Non mi sentono e continuano la loro conversazione. La frase è stata pronunciata da un architetto smilzo, si vede che è un architetto perché sembra un vetrinista.
A Noto, capitale del turismo sessuale puppo (che ha fatto dimenticare i pescatorelli nudi taorminesi di Von Gloeden), i vetrinisti milanesi diventano designer, i rappresentanti di mobili diventano interior designer, e molti eterosessuali diventano puppi nell’eterocuriosità di un’estate sicula. “Io vinni sulu ppi farmela intappare di Rasse Crò”, risponde una tizia in short, e canottiera e minnazze e stivali che si guarda in giro nervosa e si tocca il naso come se gli prudesse (è la vaniglia dei cannoli di ricotta). Si vede che è provinciale perché pensa sia chic andare in giro con l’amico puppo, manco che eravamo negli anni Novanta in Sex and the city. Stanno parlando con una coppia sposata. Si vede che sono sposati perché lui, come minimo ragioniere del catasto, è vestito in pantaloni e camicia di lino oversize, i pantaloni a campana con l’orlo del diametro di una pizza di Briatore, e guarda con interesse ses*uoso il designer e lo vedo geloso di Russel Crowe e infatti dice: “Ma neanche gli si vedrà più il piselli*o!”. Il designer sorride esperto: “Ma io ho il risucchio turbo a pressione sottovuoto che mi suco le lumache senza neanche farci dietro il buchino con lo stuzzicadenti”. Il ragioniere del catasto vacilla per un attimo. La di lui moglie imbotulinata, la pressione ce l’ha turbo nelle minnazze Michelin. Zigomi, mento e denti li ha comprati oversize anche lei e sembra un vampiro di Dal Tramonto all’Alba e si guarda intorno seguendo con lo sguardo ragazzini, ragazzoni, mariti di altre, single, camerieri, spacciatori, scippatori, locali ed esteri, uomini di mezza età, e anche qualche anziano arzillo in sneakers e pantaloncini sportivi con la pelle cadente zigrinata dall’abbronzatura, magri, grassi, endomorfi, esomorfi: basta che gli si attisi sembra pensare. Interviene dando ragione al marito: “Si è lasciato andare”. “Mica come te che ti sei tirata che neanche la maschera di pelle de Il Silenzio degli Innocenti”. Questa è bellissima e me la segno. Ma comunque. Un tizio che conosco si ferma, mi tira per un gomito e mi dice, come se ne andasse della sua stessa vita: “Ma ti sembra giusto che non solo il comune paga il concerto ma che c’è pure lo sbigliettamento?”. Sto per rispondergli che non me ne fot*e una beata minchia quando un paio di signore vestite come “Dottor Livingstone I suppose” tutte sahariane mi porgono una cartolina di Noto e una penna di Noto e mi dicono: “Can we have an autograph, please, Massimo Decimo Meridio?” e ridono. Io guardo il tizio che guarda me e non si è accorto di niente. Chissà che gli ha fatto il sindaco. Poi torno alle esploratrici, prendo la penna e scrivo “With deep contempt, Russel Crowe” e faccio anche uno svolazzo. Le due “Tè nel deserto” sgranano gli occhi e urlano: “Ha scritto che è contento. Uat du iu du after the concert?”. “Mangio porche”, dico. A una delle due le vacilla la mente. “No, sorry, mangio porco, raviali con sughi di porchi”. Restano così. Col sorriso stampato sulla faccia e gli occhi lucidi e io me ne vado. Dopo qualche centinaio di metri capisco che è impossibile avvicinarsi al concerto in maniera decente. Il concerto è iniziato. Sento Russell Crowe parlare di un suo avo di Parma e penso che qualcuno dovrebbe spiegargli quando può interessare, ai siciliani, Parma. Vedo un foglietto e una penna. Mi volto. Mi stanno chiedendo un autografo. Guardo lei che guarda me che guardo Russell. Scrivo: “Stoned, Russell Crowe”, lei dice: “Anche io stunai per lei!”. Canto: “Sarà perché ti amo…” e me ne vado nascondendomi tra la folla. “Sarà perché ti amo”, dei Ricchi e Poveri è la vera notizia di questo tour di Russell Crowe. Ho visto che l’ha cantata in ogni tappa di questo tour italiano. La mia etica del lavoro mi imporrebbe di restare fino al momento in cui potrò testimoniare di persona questo evento. Ma mi domando: quanto può interessarmi e quanto può interessare ai lettori Russell Crowe che canta Sarà perché ti amo dei Ricchi e Poveri? La risposta me la do con un bagno notturno in solitaria. Guardo l’orizzonte stellato. Niente tsunami per stasera, bellezza.