Quanto playback gira ai concerti? Succede in estate, un periodo in cui tutto scorre più velocemente, tranne le polemiche. In seguito alle segnalazioni dall'ultima puntata di Battiti Live, in cui molti spettatori hanno aspramente criticato alcune performance in playback evidente e di scarsa qualità - come quelle dei Ricchi e Poveri e di Gianna Nannini - il dibattito è tornato a farsi sentire, alimentato ulteriormente dalla “sveltina” di Tony Effe a Napoli - concerto durato appena 40 minuti - e concluso con un brano simulato dal vivo, e dal video di Chadia Rodriguez, che si distingue nella scena trap italiana, che ha criticato duramente l'abuso del playback tra i rapper e trapper di nuova generazione.
Ma è davvero un bene che tanti artisti ricorrano a basi canore preregistrate? La questione va oltre la semplice polemica e rivela come la percezione sia cambiata nel tempo. In passato, molti artisti sono stati costretti a esibirsi in playback contro la loro volontà, non mancando di esprimere il loro dissenso in modo più o meno evidente. Un esempio calzante è rappresentato dal Festival di Sanremo, che ha una lunga e travagliata relazione con il playback, una pratica ormai scomparsa. Celebri sono i casi di Vasco Rossi nel 1983, che abbandonò il palco prima della fine di Vita spericolata, e dei Queen l'anno successivo, con Freddie Mercury che cantava tenendo il microfono lontano dalla bocca per sottolinearne l’uso.
La storia continua con il Festivalbar, dov'è noto per il suo utilizzo diffuso. Gianluca Grignani, nella sua biografia, racconta di aver deliberatamente cantato fuori tempo e smesso di muovere le labbra durante la performance, ribellandosi all'obbligo di usarlo. Oggi, dopo un periodo in cui sembrava relegato nelle retrovie, è tornato alla ribalta, e infatti è raro trovare esibizioni completamente “dal vivo”, nel senso vero del termine. L'uso di basi registrate è spesso giustificato da necessità particolari, ma viene percepito come un “falso”. Un concerto che aspira a trasmettere un senso di unicità non può prescindere da una performance autentica, viva, anche con tutte le sue imperfezioni. Alla fine, se si acquista un biglietto, non si dovrebbe avere il diritto di ascoltare l'artista cantare con la propria voce?