In Italia abbiamo una bomba che esplode e che si chiama James Senese. Con 78 anni d'età e oltre 60 di carriera, la fama del sassofonista che ha suonato anche con Pino Daniele (anzi ne è stato talent scout) ha raggiunto anche l'America, dove è stato definito “brother in soul”. Del resto Gaetano il suo vero nome, “Gems o’ nnire” il soprannome che gli diedero da bambino nel quartiere di Napoli, per i riccioli fitti e la pelle scura che ha ereditato dal padre, è un caso unico nella musica italiana. Uno che ha inventato di sana pianta un formidabile mix tra la musica napoletana, il rock, il jazz, il soul, l’afrobeat e il funk, che ha fatto il rap prima del rap spaccandosi le mani a suonare sui palchi di mezzo mondo. Padre fondatore di quel sound del Sud, e non a caso ospite clou (anche stasera) del primo Festival del Turismo Musicale, previsto proprio a Napoli, dove continua a cavalcare l’onda del successo dell'ultimo album Stiamo cercando il mondo, da lui interamente scritto, musicato e prodotto. Sanguinario com'è, e con quel suo intercalare interrogativo, marchio dell'intera chiacchierata, mette subito le cose in chiaro, e se tanto per cominciare c'è chi definisce i Måneskin la più grande rockband del mondo (nientemeno che Mick Jagger), lui rilancia con un siluro: “suonano in playback...”.
James non trova pace, altra doppietta a Napoli e poi ancora in tour, non è stancante?
“Ne ho sempre fatte tante di date, per fortuna; stancante... per carità, stare sul palco è la mia vita”.
Con oltre mezzo secolo di carriera c'è qualcosa che avrebbe voluto fare e non ha fatto?
“Sì, andare in America, per esempio... ormai è troppo tardi; forse ci sarebbero state più strade da percorrere”.
Da capostipite del Neapolitan Power, che ne pensa di Liberato, che è sotto accusa anche per i live trash?
“Questa gente non mi interessa, non appartiene alla mia Napoli; la volgarità sul palco non la concepisco”.
Invece chi promuove dischi e singoli spogliandosi, come Elodie o i Måneskin?
“Purtroppo il business fa questo e altro, si vede che non hanno altre chance, mettono in mostra quello che hanno, è l'ultima spiaggia”.
C'è però chi dice, ed è nientemeno che Mick Jagger (Rolling Stones), che i Måneskin sono la più grande rockband al mondo. Insomma, almeno suonano.
“Suonano? Si sente subito che sono in playback”.
Da cosa lo capisce?
“Da voce e strumento che non vanno insieme, dall'espressione... basta avere orecchio”.
Intanto il cantante si è fatto fotografare presumibilmente con uno spinello in bocca: è da rocker ribelle?
“Macché, è da chi vuole apparire, far parlare, è una grande cretinata, che vuoi dimostrare... che rock e rock, per favore! Non dobbiamo pensare ai grandi di decenni fa, dove tutto era agli estremi, vizi e qualità”.
Lei non fuma?
“Mai fumato, non mi piace neanche la sigaretta”.
Insomma, non ha vizi.
“Come no, bevo latte (ride)”.
Com'era suonare in quel super gruppo con gente come Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Joe Amoruso e Rino Zurzolo?
“Eravamo un po’ i Beatles di Napoli...” (sorride)
Avete mai pensato a una band vera e propria?
“Come no, ci saremmo dovuti chiamare Scirocco. Poi per tutta una serie di motivi la cosa non andò in porto”.
Si può dire che lei è stato un po' il talent scount di Pino Daniele?
“Si può dire, gli ho dato la mia conoscenza iniziale, la mia cultura, la mia visione musicale, e un ingaggio da allora sconosciuto coi Napoli Centrale”.
E dove finisce James Senese e dove iniziano i Napoli Centrale?
“Io sono Napoli Centrale, siamo la stessa cosa; è un complesso che abbiamo fondato in due, io e Franco Del Prete, gli altri sono di passaggio”.
Cosa prevede il suo futuro?
“Sono in fase transitoria, non serve a niente fare canzonette, voglio qualcosa di più”.
La vedremo anche a Sanremo (dov’è già stato più volte) o non ci ha pensato ancora?
“Ci vorrei anche andare, ma temo che si possa distogliere l'attenzione da ciò che porto...”.
Magari da ospite?
“Ci pensiamo, di cose da celebrare ce ne sono, no?”.