Già leader degli Almamegretta, quest'anno ha restituito la voce anche a Sergio Bruni, Voce ‘e Napule (a 20 anni dalla scomparsa) ricantandolo senza tradirlo nell'album e tour “Si ll’ammore è ’o ccuntrario d’’a morte”. Anche se oggi per la maggior parte degli italiani Gennaro Della Volpe, in arte Raiz, è Don Salvatore, padre di Ciro e Rosa Ricci, boss protagonista della serie cult Mare Fuori, e parte della colonna sonora. D'altronde parliamo di un artista impegnato e sempre più poliedrico che, con il suo bagaglio di esperienze e cultura, rappresenta qualcosa di unico nel nostro panorama, come dimostra la lunga intervista che ci concede, in cui dice la sua sul legame tra testi volgari e episodi di violenza, e poi sul fenomeno Liberato, i Måneskin, la fiction Rai e anche tranchant sul prossimo premio Tenco (che lo riguarda direttamente)...
È in tour con un tributo a Sergio Bruni, come ha sviluppato quest'idea?
“È una figura con cui sono cresciuto e a cui devo molto, penso ad esempio a un pezzo come Nun te scurda’(Almamegretta) che non sarebbe nato senza l'ascolto dei suoi. La rassicurazione di Salvatore Palomba, che ha scritto tra i suoi testi più belli, e scrisse anche per noi (Pe’ dint’ ‘e viche addò nun trase ‘o mare, brano di quel capolavoro che è Sanacore) mi ha poi lanciato definitivamente nell'operazione disco e live”.
Ha conosciuto Bruni?
“Solo una stretta di mano, e per mezzo di Palomba, e poi sono stato al suo ultimo grande concerto a Piazza San Domenico Maggiore”.
Napoli riconosce ancora il mito?
“I napoletani sì, le istituzioni forse no…”.
Con Mare Fuori la sua faccia è diventata nota al grande pubblico: come ci è finito in quei panni?
“Lavoro da sempre anche nel cinema e in teatro, e quando mi hanno proposto il personaggio e il contributo alla colonna sonora, ho accettato. Nella prima stagione appaio marginalmente, mio figlio Ciro è il protagonista, poi subentra l'altra figlia, Rosa Ricci, con cui si crea subito un bel feeling, e quindi anche il mio personaggio conquista spazio”.
Confermiamo quindi la presenza nella quarta stagione.
“Ormai sono uscite le foto... ma non svelo in che vesti: nei sogni, nei ricordi o vivo e vegeto?”
C'è chi la ferma per la fiction e chi per i dischi, sono generazioni diverse, immagino.
“Assolutamente, capita di trovare padre e figlio: e il primo dice ‘ascolto la tua musica da tot anni’; e poi il figlio che chiede il selfie per don Salvatore. Va bene così, è divertente”.
Il rap d'oggi le piace?
“Un paio di esponenti sono forti, penso ad esempio a Luchè e Geolier da cui mi aspetto anche tematiche più serie”.
Che dice di Clementino che denuncia il legame tra certi testi violenti e i fatti di cronaca?
“Sicuramente non parlerei in quei termini volgari, non mi piace e non l'ho mai fatto. Anche se l'effetto emulazione vale fino a un certo punto: non è eliminando certi brani o serie tv come Gomorra e Mare Fuori che la criminalità a Napoli scompare”.
Non si rischia di alimentare il pregiudizio?
“Anzi, Napoli è tante cose, bellezza, cultura, ma è nostro dovere parlare anche di questo: è la realtà”.
Penso a Liberato, di recente è finito sotto accusa per i live trash.
“Ha il suo seguito, ma non mi ha mai convinto. Forse perché è un insieme di tante cose fatte da altri e poi illude di essere del popolo, ma non lo puoi nemmeno guardare in faccia! È solo marketing. C'è chi dirà: sei invidioso del suo successo, ma quando mai...”.
Pensa uguale dei Måneskin?
“Non confondiamo, il marketing è necessario per tutti, la differenza è se c'è anche dell'altro. Questo è quanto: loro sono bravi e hanno anche un discreto gusto nel songwriting. Hanno cominciato da niente e poi sono passati dai talent, ci sanno fare, sono una pop band come possono essere gli Aerosmith o Bon Jovi”.
Pop band?
“Indubbiamente. Che poi il rock è anche un modo d'essere. Probabilmente anche gli Almamegretta sarebbero pop se nascessero adesso”.
Che farebbero, un talent?
“Magari sì, che so X Factor”.
Sperando nella squadra di Morgan o Fedez?
“Forse Morgan, lo stimo e conosco da tanti anni”.
Intanto si avvicina il Tenco (19-21 ottobre), ed è vostra la Targa per il miglior album in dialetto, Senghe.
“Un riconoscimento fa sempre piacere, anche se questa distinzione del dialetto lascia perplessi. Noi non facciamo musica popolare, tipo tarantelle o canti sardi, ma musica contemporanea e con messaggi attuali. Che dire... facciamo le categorie separate anche per Geolier e gli altri? Cantare in napoletano non è limite, e poi il napoletano è una lingua a tutti gli effetti. Questo dirò anche alla premiazione: perché ci date un premio di serie B?”.