“Ho letto che a teatro, il 20 e 21, sarete intervistati da Daria Bignardi e Andrea Scanzi. Questo attesta che siete stati inglobati nel sistema e ormai siete come il poster di Che Guevara con la scritta ‘Senza Perdere la tenerezza’; o è un ennesimo atto situazionista che poi riusciremo a capire tra quarant'anni?” Stamattina mi sono svegliato con questa ficcante domanda in testa. Non una domanda retorica, quindi rivolta a me stesso o che contiene comunque in sé una risposta, ma una domanda che avrei dovuto porre, a questo avevo pensato negli ultimi minuti a letto, prima di alzarmi, ai CCCP, in occasione della presentazione della mostra a loro dedicata dalla città di Reggio Emilia. È lì che andrò a breve, dopo aver attraversato Milano coi mezzi, e dopo aver preso un pullman pieno di miei cosiddetti colleghi. Una domanda ficcante fatta ad artisti che ho molto amato, e ancora molto amo, nella versione primordiale dei CCCP e poi, almeno per quel che riguarda Massimo Zamboni, anche da solista, i CSI decisamente meno eversivi ma decisamente altrettanto centrali nella storia della musica italiana. Una domanda che poi non ho fatto, spoiler, se non al solo Zamboni, poi, mentre si mangiucchiava salame e pomodori secchi in compagnia anche di Annarella, Fatur e del nostro Gianmarco Aimi. Ovviamente con molta meno enfasi di quella che avrei messo se avessi fatto la domanda in conferenza stampa e che ha ottenuto una risposta di quelle che trasformano un botto di quelli che pensi butteranno giù un palazzo, tipo Palla di Maradona, in una micetta bagnata (micetta nel senso di petardo di scarso valore, non vorrei che il binomio micetta bagnata vi portasse a pensare a una categoria di Por*hub).
Andiamo però con ordine. Sono seduto ai tavoli di un bar nei pressi del Chiostro di San Pietro, a Reggio Emilia, Gianni Sibilla di Rockol a scrivere al mio fianco, Enzo Gentile a parlare di calcio con Matteo Cruccu. Stiamo aspettando che arrivi l'orario in cui potremo riprendere il pullman per tornare a Milano, mostra visitata, conferenza stampa finita, finito anche il buffet (seppur in assenza dei maestri riconosciuti del genere, il trio delle meraviglie Dondoni-Laffranchi-Giordano, meglio noto come i pool guys). La mattina è iniziata male. Mi sono alzato con la domanda di cui sopra in testa, quindi piuttosto ringalluzzito, sono andato in cucina, ho acceso il caffè, dato da mangiare e Brina e Sparky, rispettivamente pesce rosso e tartaruga d'acqua dolce di famiglia, e ho aperto il frigo, per prendere il latte, ritrovandomi una borraccia da un litro di quelle di Decathlon sul piede destro, piede destro che ha salvato la mattonella di gres porcellanato, certo, ma che ha riportato un trauma neanche troppo leggero. Una cronaca, questa che avete letto, irrilevante ai fini di questo articolo, dico l'ovvio, se non come omaggio al compianto Ettore Mo, morto giusto ieri, uno che diceva che la cronaca andava fatta usando le parole necessarie, evitando il teatro, io che ho dedicato la vita a tutto quello che è superfluo. Ho poi attraversato la città, prima metro rossa, MM1, poi quella gialla, MM3, fermata definitiva Lodi, dove abbiamo appuntamento per partire. Quando sono sceso dalla carrozza mi sono trovato davanti due cartelloni, occhio che questi sono dettagli importanti alla narrazione, mica teatro, uno delle tre date al Forum di Elodie, e una della serie Netflix dedicata a Vasco, Il supervissuto. Il primo mi ha fatto fugacemente pensare a come la musica sia cambiata, oggi, con una artista pop a riempire per tre sere il Forum, ma è Vasco che mi ha dato il là per la vera partenza di questo pezzo. Conosciamo tutti Vasco, parlo delle sue canzoni e del suo personaggio. Certo, io conosco anche lui, ci ho scritto dei libri insieme, ma questo Ettore Mo non me lo perdonerebbe, quindi torno sul generico. Vasco da tempo chiude i suoi concerti dicendo una frase divenuta, in bocca a lui, uno dei tanti slogan che negli anni ci ha regalato, “Ce la farete tutti”. Ce la farete tutti, che poi, detta da lui, dovrebbe includere anche me, ce la faremo tutti. Ecco, ce la faremo tutti. Bene. Non è vero. Non ce la farete tutti, forse non ce la farò neanche io. Solo che detto lì, dal palco di uno stadio, con tutta quell'enfasi e quel carisma, uno finisce per crederci. Funziona sempre così, del resto, se qualcuno ci ripete una non verità un numero determinato di volte e lo fa con voce credibile, finiamo per crederci. Ci crediamo davvero, un po’ anche raccontandocela. Siamo noi, del resto, i primi a convincerci di cose non vere, specie quando andiamo a rovistare tra i ricordi. Cominciamo a portare lievi modifiche ai fatti, aggiungiamo dettagli, togliamo aspetti che non vogliamo ricordare, riscriviamo la storia e alla fine quella diventa la realtà.
Veniamo ai CCCP. Per una vita mi sono convinto di aver perso per un soffio il loro ultimo concerto. No, non per un soffio, ma per una ragazza, Marina, diciotto anni ai tempi, io diciannove appena compiuti, oggi mia moglie. È successo che i CCCP dovevano suonare al Gratis, a Senigallia, a due passi da Ancona, la città dove ero nato e vivevo. Coi miei amici Paolo e Roberto, anche questi sono dettagli importanti, state calmi, dovevamo andarli a vedere, era un sabato sera. Però Marina, con la quale mi ero appena messo insieme, era sotto esame di maturità, lasciarla a casa da sola a studiare mi sembrava poco carino. Così, romantico come una canzone dei The Cult, ho rinunciato, dicendo ai miei amici: “Ci sarà altra occasione”. Altra occasione non ci sarebbe stata, e Roberto tornerà talmente esaltato da quel concerto da iniziare a parlarmi della sua idea di mettere su un gruppo punk con me, ero il solo della comitiva che sapeva suonare uno strumento. Di lì a qualche tempo sarebbero nati gli Epicentro, e io avrei cominciato a rinfacciare a Marina, che poi ho seguito a Milano, Dio come sono romantico, sposato e con cui ho quattro figli, avrei cominciato a rinfacciare a Marina di avermi fatto perdere il più importante concerto della mia vita, l'ultimo dei CCCP. Altre volte avrei detto, ci sarà occasione, come quando a New York nel 2000 non sono andato a conoscere il mio idolo Hubert Selby Jr alle Twin Towers, lui sarebbe morto di lì a poco e le torri sapete che fine hanno fatto, ma quel concerto mancato mi è rimasto qui. Oggi, mentre ero in metropolitana, ho fatto una veloce ricerca online, per avere conferma che quello fosse in effetti l'ultimo concerto dei CCCP, e ho scoperto che no, non è vero. Ciò non toglie le mie ragioni nel rinfacciarlo a Marina, né il grado di emozione che rivedere, anzi, vedere per la prima volta Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Annarella e Fatur insieme mi impone. Attenzione, io e Massimo Zamboni, per un certo tempo, ci siamo frequentati. Ho dormito da lui, per dirla come fossi ancora il punk che suonava negli Epicentro, ho cagato nel suo water, ma gli altri tre non li ho mai conosciuti. Ho visto i CSI dal vivo, perché va bene perdersi i CCCP, ma non esageriamo, ho intervistato Ferretti ai tempi dei PGR, ma Annarella e Fatur non li ho mai visti dal vivo. Zamboni l'ho conosciuto in un modo strano, stranissimo. Un giorno ero alla stazione centrale di Milano e mi arriva una telefonata sul cellulare. Rispondo e sento una voce con l'accento emiliano, una voce particolarmente pacata e gentile, che mi dice "Ciao, tu non mi conosci, mi chiamo Massimo Zamboni, sono un musicista, ho avuto il tuo numero da...". Non ho idea da chi avesse avuto il mio numero, questo è un dettaglio irrilevante, sia chi ha dato il numero a Zamboni sia che io non mi ricordi, ma va bene così. Ovviamente io sapevo chi era Zambioni. Gli chiedo se fosse quello Zamboni. Conferma.
In pratica succede che io ai tempi, erano i primissimi anni zero, forse anche i tardi novanta, curavo una collana all'interno della Piccola Biblioteca Oscar, per la Mondadori, di libri scritti da artisti della scena rock underground, in pratica dal giro Tora!Tora!, giro che era nato anche in virtù del successo ottenuto in classifica dai già citati CSI, con Tabula Rasa Elettrificata, che aveva dato la giusta spinta a Manuel Agnelli e gli altri per provare a portare da noi qualcosa di simile al Lollapalooza di Perry Farrell (sempre per vantarsi c'ero anche il giorno in cui il cantante dei Jane's Addiction ha firmato il manifesto del Tora!Tora! al cospetto del cantante degli Afterhours, per dire). Nella collana pubblicheranno lo stesso Agnelli, i La Crus, due libri Cristina Donà, uno dei quali scritto con me, Luca Morino dei Mau Mau e, appunto, Massimo Zamboni, che proprio per proporsi come autore di libri mi cercava. Da lì è nato un bel rapporto, il fatto che lui avesse con sua moglie un B&B sui colli emiliano, a Carpineti, dove io, Marina e nostra figlia piccola Lucia siamo andati svariate volte, ha cementato il tutto. Ricordo quando un giorno mi ha portato in quello che penso un tempo fosse un fienile e mi ha fatto ascoltare in anteprima le canzoni che poi sarebbero diventate il suo primo lavoro solista, Sorella sconfitta, un’emozione pazzesca. Quando poi è divenuto assessore alla cultura del suo paese mi ha anche invitato a seguire la cerimonia di consegna delle chiavi della città a Christopher Lee, famosissimo attore britannico con origini da quelle parti. Insomma, un bel rapporto, che si è perso nel tempo, con il suo ritorno in scena, con altri dischi, altri libri, gli spettacoli teatrali, e anche con i miei impegni di lavoro. Ai tempi, il suo essere distante da Ferretti, chiusa male l'esperienza dei CSI, aveva portato me a guardare con ostilità la voce dei miei amati CCCP, seppur fossi cosciente che senza di loro non avrei mai iniziato a suonare punk hardcore e poi a scrivere, oggi probabilmente farei altro, per discendenza guiderei un autobus. Tutto questo l'ho pensato mentre arrivavo a Piazzale Lodi,a Milano, cercando di mettere a fuoco le idee rispetto a una mostra celebrativa di una delle più importanti realtà musicali della fine del Novecento italiano. Mi sono anche chiesto che senso potesse avere il coinvolgimento del comune di Reggio Emilia, perché li avevo sempre guardati come qualcosa di rivoluzionario e eversivo, anche in quel loro celebrare così sfacciatamente il comunismo proprio negli anni in cui il comunismo stava iniziando a mostrare il fianco, salvo poi capitolare, lasciando loro agio di chiudere quella felice e straordinaria esperienza, dando poi vita a tutto il resto. Vedendo la bellissima mostra I Chiostri di San Pietro, Chiostri, non Chiostro, Felicitazioni! il titolo, di scena fino all'11 febbraio 2024, giusto per il quarantennale della band, e sentendoli poi parlare in conferenza, parlando con Zamboni e Annarella anche a tavola, dopo, con Alba Solaro, che sostituirà Daria Bignardi nella seconda serata al Teatro Valli, non solo ho capito quanto sia stato fortunato, io come molti altri, a essere stato giovane quando i CCCP erano in giro, fidanzate permettendo, ma come tutta la loro storia, assolutamente creativa e situazionista, altro non sia che l'incarnazione in musica e spettacolo di una via reggiana o emiliana al comunismo, come ha specificato Zamboni in conferenza, tutt'altro che qualcosa che costruiva muri, semmai qualcosa che liberava dal gioco della mezzadria, aiutando un popolo a emanciparsi, qualcosa da guardare oggi con sguardo rispettoso e pacificato. Fatevi un regalo, quindi, andate a vedere Felicitazioni! ai Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia e prendetevi il cofanetto che la Universal ha tirato fuori con tutti i loro lavori (a volte fanno anche loro cose buone). Poi fate la pace coi voi stessi di ieri, io, per dire, dopo trentacinque anni e mezzo smetterò di rinfacciare a mia moglie di avermi negato il concerto della mia vita, la foto che vedete qui sopra trentacinque anni fa non me la sarei neanche sognata.