C’è una notizia curiosa che ciclicamente torna sulle pagine dei quotidiani, spesso in posizione laterale, dove si trovano non tanto le notizie notizie quanto piuttosto le curiosità, le balene potrebbero avere un ruolo centrale per la salvezza del mondo. Il fatto che la notizia torni ciclicamente, in effetti, derubrica il tutto a curiosità, perché una notizia vecchia non è appunto una notizia, ma quel che questa curiosità ci dice è indubbiamente interessante, di qui il suo ciclico ritorno sulla scena. In epoca di cambiamenti climatici, inquinamento ormai senza controllo, sembra infatti che la balena abbia un duplice ruolo salvifico. Da una parte, lungo il corso della propria esistenza, è stato scoperto da scienziati che si occupano di studiare gli animali, il mammifero più grande del mondo assorbe qualcosa come trentatré tonnellate di anidride carbonica. Certo, non si salva il mondo un pezzetto alla volta, ma è già qualcosa. Quel che è però più curioso, fatto che rende il tutto ciclicamente presente sui nostri schermi, o almeno sugli schermi dei nostri smartphone, dentro articoli di giornale (non di questo, che a vostra insaputa sta già parlando del tema della settimana, il Festival della Canzone Italiana di Sanremo, seguitemi per credere), è che la cacca delle balena, simpaticamente in genere questi articoli chiamano così i loro escrementi, quasi che una balena fosse un bambino, o che il giornalista fosse affetto dalla Sindrome di Tourette, ecco, la cacca delle balene, come i corpi delle balene che, da morte, vanno sul fondale marino, decomponendosi, sono il cibo preferito del fitoplancton. In realtà, a essere un po’ meno superficiali, si sta parlando di animali che vivono nei fondali marini, Dio santo, il fitoplancton si nutre di minerali, in modo particolare di ferro e azoto. La cacca delle balene è ricca di ferro e azoto, ta-da, di qui l’essere cibo preferito del fitoplancton. I minerali, in mare, tendono a andare sul fondale, e le balene, che sono grandicelle, abbiamo tutti letto Pinocchio da piccoli, o visto quei filmati di chi va a avvistarle nel Mare del Nord o al largo della California, e spostandosi sollevano proprio i minerali, mettendoli in circolo nell’acqua, dove il fitoplancton vive.
Uno dirà, ok, bello, ma non è che il fitoplancton sia Greta Thumberg, il trattato di Kyoto o qualsiasi faccenda che abbia modo di invertire la rotta autolesionista che il pianeta ha preso, l’inquinamento come arma di autodistruzione. Vero, anzi, verissimo, ma il fitoplancton, attenzione, è l’esserino microscopico che da solo produce il 50% dell’ossigeno del pianeta, averne cura, anche solo andando regolarmente di corpo, non è faccenda da prendere troppo alla leggera. Il fatto che l’uomo, sempre lui, questa faccenda che guardiamo a una nostra probabile estinzione per il surriscaldamento del pianeta come la fine del mondo la dice lunga su come tendiamo a associare noi al pianeta stesso, quel pianeta che stiamo appunto distruggendo, lungi da me star qui a fare l’ambientalista, sto parlando di musica e del Festival della Canzone Italiana di Sanremo ripeto, il fatto che l’uomo nel corso degli ultimi decenni abbia contribuito con la caccia industriale a ridurre drasticamente il numero di balene presenti nel pianeta, passato da circa cinque milioni di esemplari a poco più di un milione, ecco, sembra quasi l’ennesimo gesto autolesionista che siamo riusciti a compiere, scopriamo una falda acquifera nel deserto e la usiamo come latrina. Ora, qualche riga fa ho detto che stavo parlando del Festival di Sanremo, uso la formula sintetica, e qui sopra l’ho ripetuto. Magari qualcuno, malizioso, avrà fatto il collegamento tra uno dei personaggi giunti in riviera per il Festival e la faccenda della cacca mangiata dal fitoplancton, ci sono leggende metropolitane a riguardo, non serve neanche evocarne il nome, anche se l’idea di chiamarlo fitoplancton potrebbe suonare bene, proprio su un meme, ma è altro il motivo per cui ho dichiarato stentoreamente che stavo parlando del Festival, uso la formula ancora più sintetica, parlando delle balene che, cagando, salveranno il mondo. Senza star qui a ricordare quanto Ultimo ha detto anni fa in Sala Stampa subito dopo aver perso al photofinish con Mahmood, è pur vero che per una intera settimana il mondo dello spettacolo, il Festival è un programma televisivo, in fondo, un programma che detiene i record ogni anno del programma più seguito durante il corso dei trecentossessantacinque giorni del calendario, e più nello specifico il mondo della musica diventa centrale, risorge, ha un moto di orgoglio e spavalderia e guarda a se stesso come qualcosa di importane, forse anche di sensato. Certo, Ultimo diceva questo riguardo ai giornalisti musicali, e in effetti il discorso non faceva una piega, i pezzi sanremesi sono sempre i più letti nell’anno, l’attenzione che i media tradizionali danno alla musica e anche alle figure di giornalisti e critici è quasi ossessiva, i più presenzialisti vanno quasi in overdose di passaggi televisivi e radiofonici, per dirla con Ultimo, si sentono stocazzo per qualche, ora, ma più in generale è proprio tutta la musica che sembra diventare importante, fondamentale, centrale, appunto. Quella stessa musica che è sì diventata onnipresente grazie allo straming e alle app che ce la fanno ascoltare anche, per dire, mentre caghiamo, ma è pure diventata gratis, e non come dovrebbe essere sempre gratis l’acqua, perché è un bene pubblico e comune a cui tutti dovremmo avere libero e incondizionato accesso, piuttosto perché viene ritenuta irrilevante, qualcosa per cui non vale la pena spendere soldi, da ottenere gratuitamente, un tempo rubandola alle case discografiche ora lasciando che siano le case discografiche a rubarla agli artisti.
Uno dirà, bene, anzi, benissimo, specie se quell’uno, come me, di musica scrive, ma manca il nesso con le balene che cagano in bocca al fitoplancton (lo so, mi sto lasciando prendere la mano, e finirò per fare quel nome, è scritto nelle stelle, fermatemi). Il nesso c’è, perché, esattamente come succede al fitoplancton, organismi sì autotrofi in grado di sintetizzare sostanze organiche da sostanze inorganiche, utilizzando l’energia solare, ma comunque esseri microscopici, base delle catena alimentare acquatica impercettibile allo sguardo come a tutti i nostri altri sensi, anche per chi si occupa di musica, parlo di chi ne scrive, ma sono di parte, come di chi la produce, la pubblica, la compone e scrive, la interpreta, la promuove, la porta in giro, tutto questo passa da un contesto come quello di Sanremo e del Festival a cui la ridente cittadina ligure è da sempre legato a doppio filo, non esattamente un contesto, parlo del Festival non della ridente cittadina, chi li vuole sentire poi i sanremesi, del quale fare vanto. Perché se è vero come è vero che negli ultimi anni, complice l’idea amadeusiana di trasformarlo in Festivalbar, che era una vetrina di canzoni di successo, e la pandemia, che ha bloccato tutto il resto, Sanremo è visto con decisamente più condiscendenza da artisti che un tempo lo avrebbero schifato, o addirittura non lo avrebbero proprio preso in considerazione, penso a tutti quelli che fanno parte della scena urban e ex-indie, per dire, ma anche ai campioni di incassi, quali Lazza, Elodie, Madame, per fare qualche nome, quest’anno, Rkomi e Blanco l’anno scorso, è anche vero che si tratta di una gara canora, già una aberrazione in sé, dove vengono proposte spesso canzoni destinate a non lasciar traccia, giustamente, salvo qualche sporadico brano che supera la prova del nove. Il tutto mentre intorno se ne parla, più del Festival che delle canzoni, invero, come se fosse il massimo che la vita, artistica o meno, ci possa offrire, con gente altrimenti dedita a giardinaggio o costume e società che si improvvisa, di colpo, esperta di musica, arrivando a pesare con la propria opinione sulla vittoria finale (la Sala Stampa ha sulle spalle il 33% del voto che influirà sulla vittoria finale) al pari di gente che invece si occupa di musica tutto l’anno che di colpo veste i panni dell’intrattenitore da Comedy Central, scrivendo pagelle manco fossimo a scuola, e provando a dare un peso specifico all’aria fritta (chi scrive fa parte di quest’ultima categoria). Questo per ventiquattro ore al giorno, divise, oggi come oggi, tra social, media tradizionali, pagine scritte, la musica più parlata dell’anno diventa anche quella che, in un mondo buono e giusto, verrebbe mutata come capita a certi video che ci azzardiamo a postare ben sapendo che l’algoritmo beccherà subito il nostro utilizzo senza licenza di un qualche brano di cui non abbiamo i diritti. Merda, in sostanza, seppur musicale o meglio, non sono solo e tanto le canzoni il problema, quanto piuttosto il come queste canzoni, spesso non memorabili, siano trattate con una attenzione assoluta, a scapito di musica e contesti che meriterebbero decisamente di più, merda che però è salvifica, perché tiene in vita un sistema, chiamiamolo pure un mondo. Tocca solo capire, in tutto questo, chi veste i panni della balena, chi dell’umano che grazie all’ossigeno prodotto dal fitoplancton ha aria pulita da respirare e una speranza per un futuro in un pianeta con meno problemi climatici, chi infine del fitoplancton, a mangiare minerali derivanti dall’azoto e ferro cagati dalla balena, anche se su chi mangia merda, a dirla tutta, una mezza idea ce l’avrei pure (e no, non farò nomi).