I Pooh tornano a Sanremo (dove vinsero nel 1990) per una sorta di reunion dopo lo scioglimento di fine 2016 e dopo la morte del batterista Stefano D’Orazio. Che sia l’inizio di una nuova avventura vera e propria, come auspicato dal chitarrista Dodi Battaglia? Si vedrà (per ora è stato annunciato un concerto in data unica a San Siro il 6 luglio). Ma chi sono i Pooh? E perché, checché se ne pensi, sono importanti per la storia della musica italiana?
Chi sono i Pooh
I Pooh (oltre al compianto D’Orazio e a Battaglia, fanno parte o hanno fatto parte del gruppo Roby Facchinetti, Red Canzian, il fondatore e paroliere Valerio Negrini – morto nel 2013 – e il “cavallo di ritorno” Riccardo Fogli) hanno avuto un impatto significativo sulla musica popolare italiana dalla fine degli anni '60 fino a oggi. Nella loro lunghissima carriera (cominciata nel 1966 a Bologna) hanno pubblicato molte canzoni di successo che sono diventate dei classici. Inoltre, i Pooh hanno influenzato molte altre band e artisti, sia a livello musicale (con la loro combinazione di rock, pop e melodie dolci) che a livello di testi e contenuti delle canzoni, spesso introspettivi e profondi. Vari artisti italiani hanno citato i Pooh come fonte di ispirazione: Ligabue, Eros Ramazzotti e Laura Pausini, per esempio, hanno dichiarato di essere stati influenzati dalla loro musica.
I Pooh pionieri di (quasi) tutto
In South Park c’era una puntata in cui i protagonisti provavano a fare (o gli autori a scrivere) qualcosa di nuovo, per poi arrendersi all’evidenza che “Simpsons did it”. I Simpson avevano già fatto tutto. Ecco, qualcosa di simile potrebbe anche valere per i Pooh: chiunque sia arrivato dopo di loro deve fare i conti con la loro ricca produzione e con la loro variegata attività. Certo, quando parti con così tanti anni di anticipo (i Pooh si sono formati nel 1966 a Bologna) e quando la tua carriera dura così tanto (cinquant’anni quella effettiva, e magari ora potrebbe riprendere) è più facile, ma è innegabile che Roby Facchinetti e compagni siano stati per vari aspetti dei pionieri, al di là del gusto personale e delle ironie (come quella mitica di Paolo Kessisoglu in versione Paolo Bitta, fan sfegatato della band, a Camera Cafè).
I Pooh e l’impegno sociale
I Pooh non sono solo “canzonette” come “Piccola Katy” e “Tanta voglia di lei”. Il gruppo si è anche avventurato in territori tematici meno sicuri, soprattutto per l’epoca in cui certi argomenti venivano proposti. E i Pooh si “vantano” di essere stata la prima band beat-pop italiana censurata. Avvenne nel 1966, per il brano “Brennero 66”, che vinse il Festival delle Rose ma fu censurata da RadioRai, che obbligò a un titolo diverso (“Le campane del silenzio”) e alla rimozione dal testo della frase “t’hanno ammazzato quasi per gioco”. Il brano era ispirato a un fatto di cronaca: gli attentati in Alto Adige contro la Guardia di Finanza e l’uccisione di un finanziere. I Pooh parlavano dei ragazzi del sud mandati in servizio al nord, dove rischiavano di morire senza nemmeno comprenderne la ragione. Un tema ripreso anche in “Classe ’58” (1978).
I Pooh precursori del MeToo?
“Il silenzio della colomba” (1996) proietta nello stato d’animo di una donna vittima di un abuso sessuale, che per provare a ottenere giustizia subisce un’ulteriore violenza, in questo caso psicologica, nel dover raccontare i particolari dell’aggressione subita.
Ti chiederanno se li hai visti in faccia
Come ti han spogliata e se hai ceduto in fretta
Sotto quale tipo di minaccia
O è stato un gioco andato troppo in là
E anche ammesso che finiscano in galera
Quest'anno non verrà più primavera
Senti addosso quelle mani ancora
E un primo amore che non scorderai
È la fine dell'innocenza in quest'alba gelida di polizia
È il silenzio della colomba affogata di pioggia e buttata via
E vuoi dimenticare e vuoi volare via
Sarà una lunga strada verso casa
Quando verranno a prenderti
Se non lo fa nessuno ti chiedo scusa io
Per quelli che hanno un nome e una faccia che puoi chiamare uomini
Perché in questa città vigliacca a parole son tutti eroi
Ma tu hai perso le scarpe e il cuore e non sai più chi sei
E non ci perdonerai
E non bastan mille docce per lavarti
E la gente parla molto con gli sguardi
Sei già dall'altra parte della vita
Forse a scuola non ci tornerai
E anche ammesso che finiscano in galera
Quest'anno non verrà più primavera
Li senti addosso a respirare ancora
Ed è un respiro che non scorderai
È la fine dell'innocenza, carta straccia lacrime e formalità
È il silenzio della colomba che sognava il mare e non ci arriverà
Come dimenticare come volare via
Nel cuore più profondo del tuo cuore l'inferno ha fatto i cuccioli
Se non lo fa nessuno ti chiedo scusa io
Per quelli che hanno un nome e una faccia che puoi chiamare uomini
Poi il tempo è dalla tua parte e in qualche modo ce la farai
Perché le donne san stare al mondo molto più di noi
Ma non ci perdonerai
Non ci perdonerai
Non ci perdonerai
I Pooh paladini dei diritti Lgbtqi+ (molto prima che fosse di moda)?
“Pierre” (1973) parla di diversità, omosessualità e apparentemente anche di transessualità (ante litteram), argomenti tabù per il contesto sociale dell’epoca.
Penso a te
Nei tempi della scuola con noi
Sottile, pallido e un po' perso
Tu già da noi così diverso
E triste
Penso a te
Ricordo si rideva tra noi
Di quel tuo sguardo di bambina
Di quella tua dolcezza strana
E triste
Pierre ti ho rivisto
Questa sera e tu
Tu abbassi gli occhi
Ti nascondi e poi
Te ne vai
E scusami
Se ti ho riconosciuto però
Sotto il trucco gli occhi sono i tuoi
Non ti arrendi a un corpo che non vuoi sentire
Pierre sono grande
Ed ho capito, sai
Io ti rispetto
Resta quel che sei
Tu che puoi
Pierre sono grande
Ed ho capito, sai
Io ti rispetto
Resta quel che sei
Tu che puoi
I Pooh e la fragilità e la crisi del maschio
“Uomini soli” (con la quale vinsero Sanremo nel 1990) affronta il problema della solitudine e mostra un uomo tutt’altro che macho, oltre tre decenni prima degli struggimenti di Harry Styles e degli idoli della Generazione Z.
Li incontri dove la gente
Viaggia e va a telefonare
Col dopobarba che sa di pioggia
E la ventiquattro ore
Perduti nel Corriere della Sera
Nel va e vieni di una cameriera
Ma perché ogni giorno viene sera?
A volte un uomo è da solo
Perché ha in testa strani tarli
Perché ha paura del sesso
O per la smania di successo
Per scrivere il romanzo che ha di dentro
Perché la vita l'ha già messo al muro
O perché in un mondo falso è un un uomo vero
Dio delle città e dell'immensità
Se è vero che ci sei e hai viaggiato più di noi
Vediamo se si può imparare questa vita
E magari un po' cambiarla prima che ci cambi lei
Vediamo se si può farci amare come siamo
Senza violentarci più con nevrosi e gelosie
Perché questa vita stende
E chi è steso dorme o muore
Oppure fa l'amore
Ci sono uomini soli
Per la sete d'avventura
Perché han studiato da prete
O per vent'anni di galera
Per madri che non li hanno mai svezzati
Per donne che li han rivoltati e persi
O solo perché sono dei diversi
Dio delle città e dell'immensità
Se è vero che ci sei e hai viaggiato più di noi
Vediamo se si può imparare queste donne
E cambiare un po' per loro e cambiarle un po' per noi
Ma Dio delle città e dell'immensità
Magari tu ci sei e problemi non ne hai
Ma quaggiù non siamo in cielo
E se un uomo perde il filo
È soltanto un uomo solo
I Pooh, le relazioni, il sesso e la prostituzione
“Io e te per altri giorni” (1973) parla di adulterio (un tema assai scomodo in quegli anni), con un uomo e una donna che abbandonano i coniugi per poter vivere una storia in libertà: il poliamore cinquant’anni prima di Rosa Chemical?
“Tra la stazione e le stelle” (1976) tratta il tema della prostituzione da un punto di vista psicologico. “Buona fortuna e buon viaggio” (2000) parla di una prostituta dell’est che abbandona il marciapiede e torna a casa.
I Pooh e il carcere
“Pensiero” (1971) parla di un uomo che si trova ingiustamente in carcere per un fatto che non ha commesso.
“Il primo giorno di libertà” (1976) racconta il complicato reinserimento di un detenuto nella società.
I Pooh e la morte
“L’anno il posto e l’ora” (1973) racconta gli ultimi pensieri di un pilota mentre il suo aereo sta precipitando.
“Il giorno prima” (1984) parla degli orrori del disastro nucleare, raccontando un possibile ultimo giorno dell’umanità (o di parte di essa) fatto di azioni quotidiane compiute per l’ultima volta.
I Pooh, il razzismo e i genocidi
“Gitano” (1976) denuncia il razzismo nei confronti degli zingari, la stessa discriminazione subìta oggi dagli extracomunitari. “La leggenda di Mautoa” (1978) parla degli aborigeni australiani. “L’ultima notte di caccia” (1979) si occupa del massacro dei nativi americani, mentre “Inca” (1980) denuncia lo sterminio di quel popolo da parte dei conquistadores spagnoli.
I (primi) Pooh, alfieri del progressive rock
C’è chi (come Fabio Zuffanti su Rolling Stone) ha evidenziato l’anima prog dei Pooh. Oltre alle canzoni “normali”, soprattutto nei primi dischi il gruppo si è lasciato andare a brani strumentali e suite, dando sfogo alle proprie doti di musicisti. Si pensi a pezzi degli anni Settanta come “Parsifal” (1973), “Il tempo, una donna, la città” (1975) e “Fantastic fly” (1978).
I Pooh come i Queen?
C’è chi nei forum di musica arriva anche a fare un parallelismo tra Pooh e Queen. Le argomentazioni? La capacità di azzeccare ritornelli e melodie, gli inizi sul genere rock-prog per poi virare verso il pop, le armonie vocali strutturate, le capacità tecniche musicali (Dodi Battaglia nel 1986 è stato nominato dalla rivista tedesca Stern come migliore chitarrista europeo) e altro ancora.
Lo stesso Red Canzian ha parlato di somiglianze tra “Noi due nel mondo e nell’anima” dei Pooh e la successiva “Love me like there’s no tomorrow” di Freddie Mercury (cantante dei Queen), pur non arrivando a parlare di plagio.
I Pooh pionieri anche dal punto di vista tecnico
I Pooh raccontano di essere stati il primo gruppo con un impianto luci professionale di proprietà (1971), il primo a possedere un camion (un M90, sempre dal 1971) e il primo a possedere un palco (8 x 4 metri), che dal 1976 montavano nei club fra le proteste dei proprietari e degli organizzatori.
A fine anni ’70 furono tra i primissimi a tenere concerti nei teatri e nei palasport e, dal 1978, i primi a usare la tecnologia laser in concerto (si narra che in quelle occasioni partissero anche segnalazioni di Ufo alle autorità…). Tra i primati rivendicati dalla band ci sono pure quello dell’impianto audio personalizzato con due mixer separati e quello della macchina del fumo, realizzata direttamente dai membri dei Pooh, spruzzando la Brillantina Linetti su un marchingegno artigianale composto da un irroratore per le rose con serpentina in rame e una resistenza da scaldabagno. Anche qui non mancavano gli effetti collaterali: la brillantina conteneva alcol e quindi assieme al fumo ne derivavano pure delle fiammate, tant’è che in un concerto del 1975 a Torino un vigile del fuoco ha svuotato un intero estintore addosso a Stefano D’Orazio, del tutto imbiancato fra le risate della band.
Venendo a tempi molto più recenti, i Pooh il 30 dicembre 2016 hanno chiuso la propria carriera (almeno fino a oggi) con un concerto trasmesso in diretta via satellite nei cinema italiani.