Questo non è un coccodrillo, perché io i coccodrilli giornalistici li detesto, ho visto quelli veri nel fiume Adelaide in Australia mangiarsi tra di loro e mi sono bastati. Questo non è neanche un ricordo attendibile, perché è un mio ricordo e come tutti i ricordi viene frullato dal tempo e ricompattato dalla memoria ogni volta che viene ricordato.
Questi sono quattro pensieri. Il primo pensiero per tutti (almeno per la mia generazione di millenials) quando si tratta di Piero Angela è sicuramente Superquark, il programma simbolo della divulgazione scientifica in Italia, con Paco Lanciano e i suoi esperimenti di fisica,con Carlo Cannella e i suoi esperimenti di cucina, con Danilo Mainardi e i suoi racconti sugli animali, ma per me quando si tratta di Piero Angela il primo pensiero è un balletto. Ero piccola, avrò avuto otto anni, e mio papà, l’astrofisico Giovanni Bignami, partecipava insieme all’astrofisica Margherita Hack al programma Viaggio nel Cosmo. Alla domanda di Piero Angela sul perché vediamo solo e sempre la stessa faccia della Luna, la risposta di Margherita fu inizialmente discorsiva (inclusa la confessione che cinquant’anni prima quando le fecero la stessa domanda durante un concorso non seppe rispondere), ma evolse rapidamente in una dimostrazione pratica in cui fu richiesto l’intervento di mio padre nel ruolo della Terra mentre Margherita avrebbe recitato la parte della Luna. Di fronte a un Piero Angela alquanto perplesso e a un pubblico molto divertito iniziò questo girotondo dimostrativo al termine del quale Margherita aveva un po’ il fiatone, ma Piero Angela ammise che non ci sarebbe potuto essere metodo migliore per spiegare intuitivamente i reciproci moti di rotazione e rivoluzione della terra con il suo satellite naturale.
Il secondo pensiero sono i miei gatti, Camilla e Grigino, che avevano imparato a riconoscere la voce del papà quando usciva dalla televisione durante quella che era diventata la sua rubrica all’interno di SuperQuark: Polvere di Stelle. Così, anche i miei gatti hanno imparato molto sulle costellazioni, sui detriti spaziali, sugli universi paralleli e su una mela che in diretta cadde in testa a mio padre in rappresentanza della famosa mela di Newton. Insomma, tutte quelle belle cose di astrofisica che piacciono a tutti, ma per le quali io ho sviluppato una severa forma di allergia fin da piccola.
Il terzo pensiero è un selfie che non è mai stato un selfie, perché sia mio padre sia Piero Angela erano troppo boomer per sapersi scattare un selfie. Mio padre mi telefonò tutto contento dopo aver ricevuto la notizia che avrebbe collaborato per una nuova stagione di Superquark, aggiunse che sarebbe andato a incontrare Piero per fare quattro chiacchiere e allora gli dissi: “Mi raccomando papà, fatevi un selfie insieme e poi me lo mandi!” Avrei dovuto capire che la mia richiesta non aveva molte speranze di essere esaudita quando l’esitante risposta che ricevetti fu: “Ok...ma come si fa a scattarsi un selfie?” Passai i successivi quindici minuti, mentre ero in laboratorio a completare gli ultimi e rischiosi esperimenti necessari per la mia tesi di dottorato in chimica, a spiegare come girare la fotocamera e scattarsi una foto semplicemente allungando un braccio.
Fu così che messi insieme, il più popolare divulgatore scientifico italiano e il più grande esperto internazionale di satelliti, ovviamente non mi spedirono un selfie, ma qualcosa di molto più bello: durante le registrazioni si fecero scattare una foto in cui insieme tenevano in mano un foglio di carta con una scritta in pennarello rosso “CIAO GIULIA!” seguita da un cuoricino. È il non-selfie più tenero che abbia mai ricevuto.
Il quarto pensiero è il ricordo dello stupore negli occhi di mio padre quando, dopo aver sentito Piero suonare il pianoforte, mi disse che era un uomo assolutamente incredibile.