Ha iniziato a pompare hard-rock quando suonare hard-rock in Italia era un azzardo underground. Classe 1949, da Monte di Procida, Pino Scotto ha vissuto appieno il “rock n’ roll lifestyle”. Prima con i Vanadium, poi in veste solista. Tra la fabbrica e il palco, si potrebbe dire, visto che si è sparato 35 anni come operaio per potersi garantire, in quegli stessi anni selvaggi e senza sonno, un palco che non fosse frutto di continui compromessi, bensì della sua insopprimibile voglia di musica dura, diretta e sudata. Attraverso RockTV i più giovani hanno imparato ad amarlo, fino a cultizzarlo, per le sue imprecazioni, la sua rabbia non mediata, le sue urlate verità. Abbiamo fatto una chiacchierata con lui. Raffreddato e febbricitante sì, ma nient’affatto domo.
Senti, leviamoci di mezzo Sanremo. Tutti gli occhi sul Festival, come al solito. Cosa ti ha lasciato?
Un persistente senso di vomito. Pensavo fossimo solo il Paese più ignorante d’Europa e invece meritiamo l’estinzione, facciamo schifo. Mi sono sforzato di guardarne una serata, ma non ho trovato tre note a fila che potessero definirsi musica. Ma chi è ‘sto stron*o che ha scelto i pezzi?
Ehm, Amadeus?
Ecco. E quando mai ha capito qualcosa di musica, questo qui?
Mai un Sanremo peggiore di questo, quindi?
Sì, credo che si sia toccato il fondo. Ormai le canzoni non contano più un caz*o. Conta il gossip, come si vestono tutte le marionette disposte sul palco e come scoreggiano. Della musica non frega più un emerito caz+o a nessuno. Tanto tempo fa era diverso. C’erano Modugno, Tenco. E finito il Festival non si parlava altro che delle canzoni.
Uno come te, tuttavia, Sanremo l’ha sempre tenuto ben distante, anche quando ti piaceva di più…
Eppure un anno avrei dovuto partecipare. Solo che, giusto per godermi le facce di chi mi ci voleva mandare, minacciai di tirarmi fuori il pisello sul palco per metterlo in mano, in diretta, alla cantante con cui avrei dovuto eseguire il brano. Lei era una bella tipa, prorompente, che faceva dance negli anni ’80. Stranamente preferirono lasciarmi a casa... (scoppia a ridere, nda)
Cavoli, ma allora Blanco che devasta i fiori è riuscito in un’impresa eversiva che a te è stata negata.
Ma era tutto preparato, dai. “Striscia” li ha sputtanati all’istante. Stessa cosa per quel bacio tra Fedez e quell’altro innominabile (Rosa Chemical, nda). Tutto fasullo: niente musica, solo audience.
Dai fiori ai meme. Ma che succede, sui social, con Giovanni All’heavy?
Non parliamone più di ‘sto soggetto. È uno che si diverte a perculare. A trollare, come si dice oggi. Ma con me ha sbagliato bersaglio. È solo un coglione che provoca per collezionare like e io ci sono cascato come una pera, ma la sua vignetta con la Morte che mi viene a cercare è una merda. Comunque polemica chiusa qui, dai.
Cosa combinano invece artisti come Bruce Springsteen e Madonna? Prezzi astrali per i biglietti e inevitabile ondata di polemiche.
La musica non vende più e allora si rifanno sui soliti coglioni che godono a farsi spennare. Hanno la possibilità di scegliere, ma alla fine decidono di farsi spennare.
E Pino Scotto, amico del popolo, cosa farebbe al posto del Boss?
Sapendo di fare un sold-out dopo l’altro metterei un ragionevole tetto al prezzo dei biglietti. Tanto i miliardi già li avrei in disparte, fossi Springsteen.
Capitolo Maneskin. Accusi il nostro Paese di essere arretrato…
Certo! I Måneskin esistono perché esistono gli italiani.
…eppure hanno raccolto molti consensi anche all’estero, sebbene Pitchfork – affibbiando all’ultimo “Rush!” un devastante 2 (su 10) – abbia dato una bella sberla ai nostri.
Il successo straniero mi sorprende, sinceramente. Ma non possono durare: non hanno la stoffa, la statura, la tenuta. È un successo effimero, frutto di investimenti giganteschi, di una promozione fortissima.
Ma tu hai nel cuore un’idea di rockstar longeva e credibile?
No, perché alle rockstar (Vasco Rossi o Ligabue) preferisco i rocker, gente vera che viene dal basso. Sempre dalla parte degli ultimi e della gente.
Il successo è un veleno pressoché letale, quindi.
Dipende da come lo gestisci. Ma se tanti lo gestiscono male qualcosa vorrà dire… I biglietti dei concerti alle stelle sono solo l’ultimo esempio di come il successo ti faccia perdere proporzioni e orientamento. Che qualcuno si decidesse a “usare” il successo anche per fare qualcosa di buono, no? Creare etichette per spingere band emergenti. O fare beneficenza, per dire. Io ogni mercoledì vado a Pioltello a visitare una Onlus che si chiama “Le vele”. Ospitano bambini e adolescenti in difficoltà, disagiati. Dopo che li ho visti mi sento bene.
Qual è la tua missione a RockTV?
Cercare di divertirmi e risvegliare le teste di cazzo di questa nuova generazione!.
Pensando a tutta la musica che hai ascoltato e alla storia recente del nostro Paese, quando credi che si sia rotto qualcosa negli ingranaggi della popular music? Fino a ritrovarti, ora, a “dover risvegliare le teste di cazzo”?
Il crollo della qualità media della popular music ha coinciso con il naufragio della credibilità della politica e il conseguente impoverimento del sociale. Quando la politica ha terminato di essere decente, dignitosa, la cultura e il sociale hanno seguito a ruota. Quando c’erano Berlinguer e Almirante la musica era diversa. Alla classe dirigente attuale fa comodo gestire una manica di cerebrolesi e rincoglioniti, cosi fanno quel cazzo che vogliono.
Altri tempi…
Io ho visto Jimi Hendrix nel 1968. Sono stato in tour con Black Sabbath, Motörhead, ZZ Top, Deep Purple, AC/DC. Dovrei resettarmi orecchie e cervello per ascoltare la musica di oggi e non ridere.
Qualcuno di questi mostri sacri ti ha mai mostrato di apprezzare la tua musica?
Ma sai, è gente che suonava in giro per mezzo mondo, magari con band di supporto diverse. A volte ho ricevuto qualche complimento di circostanza, ma da Ronnie James Dio e Lemmy ho ascoltato parole di sincero affetto. Due artisti e persone che ho sempre apprezzato tantissimo.
Rubavi qualche consiglio a questi grandissimi?
No, facevamo festa assieme, piuttosto. Ma di quelle toste, non so se mi intendi…
Allontanando il fantasma del Festival, credi che in Italia possano cambiare le cose?
Ti rispondo così: se mi chiedessero di fare il giudice a un reality chiamerei con me Cristiano Godano dei Marlene Kuntz e Caparezza, a cui aggiungerei Edoardo Bennato per la canzone d’autore. Vedi come te la ribaltiamo la musica italiana in un solo anno.
Ti è mai stato offerto di fare il giudice?
Sì, ma non volevo cover. Pretendevo solo artisti che presentassero brani originali, ma mi hanno detto che senza cover mi sarei giocato il pubblico televisivo. A vedere come sono andate le cose, purtroppo hanno avuto ragione loro. E dire che a me bastava uno stipendio mensile per tutta la durata del lavoro e il sostegno a un ospedale che ho contribuito a far costruire in Guatemala.
Queste giovani “teste di cazzo” sono anche vittime, quindi…
Certo che sì. Ai miei concerti incontro ragazzi che mi chiedono di tutto. Finché l’ultimo di loro è lì che mi aspetta per stringermi la mano e parlarmi, io non me ne vado.
Quindi esiste una gioventù “non lobotomizzata”, per dirla con parole tue.
Esiste, ma non ha né voce né spazio. Ci sono tante band che spaccano, in giro, ma poi non vengono fuori. A RockTV, vent’anni fa, facemmo una piccola rivoluzione. Avendo anche la sala prove, lanciammo tanti gruppi. Oggi ci sono pochi mezzi, ma ci stiamo riprovando e si è già scatenato l’inferno. Ci stanno scrivendo/contattando tutti.
Proprio in questi giorni il mitico Biff Byford dei Saxon, pensando ai gruppi emergenti, lamentava che suonare certa musica nei locali, fare dei tour, è sempre più difficile. Parlava anche delle tue odiate cover band. La radio, magari per come la concepisci tu, potrebbe sostenere la causa di realtà nuove?
A Radiofreccia, il mercoledì, cerco di portare il mio spirito, la mia grinta, le radio ormai sono tutte schiave di programmazioni “scientifiche”. Vai lì e hanno già la scaletta pronta, non scegli più un cazzo. Poi si devono inventare sondaggi geniali come “oggi il caffè lo prendi amaro o dolce?” per tirare a campare.
Meglio l’omologazione, insomma. Troppo ingestibile la libertà?
Troppo scomoda. A Sanremo Rock – lontanissimo dal Festival dell’Ariston, sia chiaro – ho ascoltato gruppi pazzeschi, ma nulla, alla fine restano lì.
Non ti resta, di nuovo, che farla tu la musica.
Da marzo torno in tour. E sempre a marzo uscirà il live ispirato dall’ultimo album, “Dog eat dog”. I brani sono stati presi da tre date: Roma, Bergamo, Frosinone.
Pino Scotto in tour, sei ancora un party-animal?
Morto Lemmy ho smesso con tutto. Sei anni che non bevo Jack Daniel’s, quattro anni e mezzo che non fumo. E anche il resto non lo tocco più. Avrò risparmiato 300mila euro negli ultimi 6-7 anni… (e ci lascia con una sghignazzata, nda)