Cambia spesso colore di capelli e ha due stelle tatuate sopra le scapole. Mirna, nome dell'account @twilightvenom13, è una content creator di TikTok, ha un parallelo canale Twitch dove fa degli stream e, mese dopo mese, è riuscita fra dirette e sessioni di Q&A a conquistarsi una community da 96,5k followers. A cui, in uno degli ultimi incontri online, ha rivelato i motivi di un suo tentato suicidio. "Purtroppo soffro di un disturbo borderline della personalità. Fra i tratti maggiori c'è la tendenza a farla finita". Con questo messaggio, Mirna ha rivelato le cause di un incidente che è stato, a tutti gli effetti, un tentato suicidio, successivamente accompagnato da messaggi solidali da parte dei membri della sua comunità online. Ma Mirna non è l'unica.
Nella costellazione di hashtag presenti su TikTok, si sta ritagliando una sua galassia quelli relativi alla salute mentale - a iniziare, com'è ovvio che sia, da #salutementale, seguitissimo con 247,5 milioni di visualizzazioni. Come accade spesso sulla piattaforma di contenuti della Bytedance, si tratta di un'etichetta generica che racchiude non soltanto gli short video di utenti che vogliono parlare di esperienze problematiche o di questioni psicologiche, ma anche di contenuti cringe che utilizzano la salute mentale come espediente per pubblicare trend e meme. Ci si trova di tutto. Chi parla dei suoi attacchi di panico, dei primi segnali della depressione, dell'ansia del fare figli e in generale di tanti problemi. Ma molti, appunto, vengono dalla gen Z. Questo perché da un po' abbiamo sdoganato l'idea di TikTok come piattaforma dei balletti e dei contenuti melensi. Anche se va presa con le pinze e non ci si può creare una base scientifica, questa piattaforma può essere una risorsa contro i disturbi personali.
Sicuramente, la pensa così Miriam Maddalena. Creator perugina di anni 21, esperta di makeup e con un profilo da 117,7 mila followers, l'account di Miriam è dedicato al trucco e in particolare al trucco in auto, con video in cui utilizza matite e eyeliner mentre è in viaggio su un mezzo. E durante i suoi video, ha raccontato più volte ai seguaci la sua esperienza con gli psicofarmaci, creandoci un hashtag, #primaedopoglipsicofarmaci. In un video, per esempio, Miriam parla del rapporto fra aumento del peso e assunzione di ansiolitici: "Ci tengo a dire che io sono ingrassata con gli psicofarmaci - spiega in un video del 17 giugno - "ma non succede a tutti. Se in caso dovreste assumerli, ci tengo a dire che mi hanno salvato la vita". Il suo profilo è un dialogo fra un tutorial su come applicare l'eyeliner e le sue dichiarazioni su ansia, psicofarmaci, attacchi di panico. Come lei, di utenti della generazione Z che si liberano agli estranei - tutti possono vedere quei video - su cosa non va del proprio rapporto con i genitori o degli attacchi di panico ce ne sono centinaia in Italia. Che oltre a #salutementale postano video con hashtag del tipo #mentalhealth (il corrispettivo mondiale) #generationaltrauma, #traumahealing.
Adolescenti e ventenni che si confrontano sui propri problemi o che, nella maggior parte dei casi, denunciano pubblicamente una situazione di disagio. Un disturbo specifico che li ha colpiti. Per esempio, un altro profilo che ha raccolto nel tempo un buon numero di follower è quello di Blerta - @sushiscaduto - che con un'audience di 20,3 mila follower parla di salute mentale concentrandosi particolarmente sui traumi infantili. Anche lei utilizza trend, hit songs e meme per affrontare argomenti di discussione e episodi che per molti non sarebbe facile parlarne nemmeno di fronte a un professionista.
E a proposito, un'altra categoria che in questo ambito lavora molto su TikTok è quella di chi cerca di dare un sostegno attraverso la sua professione, con psicologi, studenti di psicologia o psichiatri che aprono account e danno consigli. Niente ricette né imposizioni, chiaro, ma sfruttando la comunicazione smart e istantanea degli short video di TikTok, questi account hanno acquisito un buon seguito. Si aprono Q&A e dirette in cui parlare dei propri case study. Oppure, sempre tramite i meme, si illustrano situazioni problematiche.
Che poi, di salute mentale su TikTok se ne è dibattuto già parecchio. Nel dicembre 2021, il Wall street journal pubblicava una video inchiesta circa l'utilizzo di come l'algoritmo di TikTok rischiasse di enfatizzare il problema della salute mentale per certi utenti proponendo in massa quel tipo di video. La tesi sosteneva che il rischio è che alcuni utenti rischino di trovare in sé problemi che non hanno perché condizionati da quei video sui social. I dati citati dal quotidiano finanziario americano indicavano l'hashtag #borderlinepersonalitydisorder visualizzato circa 600 milioni di volte, mentre solo l’1,4% della popolazione adulta degli Stati Uniti, citato come dato di confronto, soffre del disturbo presentato nel video; per quelli con l’hashtag #dissociativeidentitydisorder i rispettivi numeri sono 700 milioni di volte confrontati con il reale dato americano dell'1%.
I dubbi sulla reale capacità dei social di assistere o meno le persone fragili rimane, nonostante tutte le piattaforme, da Instagram allo stesso TikTok, insistano con messaggi e discalimer intorno a certi temi. Ma come dismotrano i video di Blerta, di Miriam e di decine e decine di account, la comunicazione short and go di TikTok è una risorsa per aiutare se stessi e aiutare gli altri. E negli studi antropologici di questa nuova generazione Z si può leggere come si vuole. Eccesso di esposizione? Megalomania? Bisogno di attenzioni? Oppure altruismo? Ma intanto il fenomeno è cresciuto e i numeri degli hashtag dedicati alla salute mentale aumentano. Forse perché chi ha 16,17,18 o 20 anni e si affida a una pubblica ammissione sui social non trova altre soluzioni nella società. E sceglie di farlo con filtri fluorescenti o con le canzoni di Myss Keta.