Vittorio Sgarbi risponde alle critiche per la mostra su Julius Evola al Mart di Rovereto (“celebra l’Evola pittore futurista ma dimentica il suo lato fascista e razzista”, tuonava tra gli altri La Stampa) e per l’apparente incoerenza rispetto all’atteggiamento tenuto riguardo all’esposizione su Margherita Sarfatti, amante del Duce. E in esclusiva per MOW rilancia e annuncia: “Farò una grande mostra su arte e fascismo e arte e comunismo”.
Sgarbi comincia rispondendo ai rilievi mossi dal nostro Niccolò Fantini: “Se chiedi per strada chi era la Sarfatti, ti risponde correttamente uno su un milione, non è come Naomi Campbell o la Ferragni. È una grandissima, straordinaria storica dell’arte che ha fatto epoca, che ha dato la rotta all’arte del Novecento, che lo ha inventato, che al di là dei rapporti col Duce ha indicato un’arte fascista nel senso più alto della parola (non in senso politico, basta pensare a Sironi, fascista ma grande artista). Però le persone che sono andate a vederla sono poche, mentre adesso Evola può essere più aiutato perché hanno fatto lo scandalo. Per questo io dicevo: se vuoi che vedano la Sarfatti devi scrivere «Arte e fascismo» e sotto mettere Sarfatti. È un problema di comunicazione, io non richiedevo un processo alla Sarfatti, dicevo che la mostra aveva avuto pochi visitatori perché nessuno sa chi è la Sarfatti”.
Quindi l’annuncio: “Lo dico a voi in anteprima. Farò una grande mostra su arte e fascismo e arte e comunismo. Ma non è che la faccio per giudicare, la faccio perché con un titolo del genere sai di cosa si tratta. Se fai un’operazione pensando che le persone sappiano chi è la Sarfatti presumi troppo e ottieni un risultato che non è quello che volevi, perché nessuno sa che era l’amante del Duce: andava comunicata come «Arte e fascismo – Margherita Sarfatti e il Duce». Io non ne ho fatta una questione di contenuto, come dice chi fa polemica. Dicono che avrei dovuto dire che Evola era fascista, ma quello non c’entra niente, è diventato fascista dopo: io mostro le opere come sono state mostrate quelle della Sarfatti. Dopodiché la descrizione di quello che loro sono è un problema dei curatori: non è che parlo di Caravaggio perché era un assassino, ma perché era un pittore. In questa logica c’è evidentemente una confusione dei campi. Vorrebbero che per mostrare un dipinto di Caravaggio nel 1602 dicessi che era un assassino nel 1606. Se parlo del quadro del 1602 cosa c’entra l’assassino? Mi chiedono di occuparmi della questione razzistica di Evola, quando lui ha dipinto dal 1915 al 1921. Se io parlo delle opere d’arte che ha fatto in quel periodo – giuste, sbagliate, in rapporto al futurismo – non devo parlare di quello che è diventato dopo. Al contrario della Sarfatti, Evola è stato così tanto al centro di polemiche che la gente sa chi è, quindi non c’era bisogno che scrivessi fascismo o altro. Non c’è alcuna contraddizione – conclude Sgarbi – rispetto alle mie parole sulla Sarfatti”.