Antefatti: il giorno della mia performance olfattiva al museo CAM di Casoria vengo a sapere dell'intervista che Vittorio Sgarbi avrebbe rilasciato sull'evento; so che Sgarbi parlerà bene di me e della mia performance e che è disposto a dimenticare gli screzi passati ("la Nappi mi odia ma possiamo riconciliarci"); nell'intervista mi definisce una buona pornostar e l'evento - che ho ideato io e non il direttore del museo - viene elogiato. In seguito rilascio un'intervista a MOW dichiarando che Sgarbi è come un orologio rotto che può accidentalmente segnare l'ora esatta, evidenziando i suoi limiti come critico d'arte. A quel punto il povero Sgarbi, ferito nell'orgoglio, ritratta il ritrattabile e prova a contrattaccare, senza molta lucidità e dichiarando sciocchezze palesemente controfattuali, ad esempio che Vittoria Risi sarebbe molto più conosciuta di me (basta aprire Instagram e notare la differenza di diversi ordini di grandezza che corre tra 4,2 milioni di seguaci e 16 mila, o aprire un qualsiasi portale di settore e notare la differenza tra visualizzazioni dell'ordine dei miliardi vs. poche centinaia di migliaia). Benché la reazione banale di Sgarbi e la sua disonestà intellettuale — umana, troppo miseramente umana — non meritino commenti, reputo doveroso chiarire un paio di punti (evidentemente non chiari a molti lettori e giornalisti) circa il mio posizionamento rispetto a Marina Abramović e il rapporto fra arte e matematica.
Marina Abramović è un'artista di estrazione femminista, come è comodo essere da almeno cinquant'anni a questa parte. La totalità del suo lavoro ha un'evidente impronta critica verso la società capitalistica e patriarcale. La sua performance a Napoli fu un'anticipazione dell'attuale narrazione mainstream (vedi MeeToo, Non Una Di Meno ecc.) che rappresenta il maschio come potenziale — se appunto ci sono le condizioni: è questa l'intuizione di Abramović - stupratore, torturatore e magari assassino. Ovviamente io sono agli antipodi, la mia performance non c'entra nulla con tutto questo ed è viceversa una gioiosa celebrazione della messa a disposizione pubblica di un corpo che il pubblico apprezza. È questo, quello di un darsi a chiunque, gioioso e generoso, il senso — antifemminista — della mia oggettificazione.
Oggettificazione che non significa non avere un cervello, ma viceversa non aver problemi a farsi oggetto proprio perché l'ambiguità non può sussistere. Bisognerebbe spiegarlo a certe femministe che urlano che le donne non sono oggetti: se hai paura di essere scambiato/a per un bidet, è perché evidentemente qualche possibilità di confusione esiste. La mia performance dunque è puro gioco sensoriale del tutto distante dalla banale e opportunistica dimensione "critica" della Abramović. La continuità semmai è a grandi linee con le sperimentazioni edonistiche di Debussy, Scriabin e Matisse, con le ovvie differenze nei sensi coinvolti e nelle modalità performative. Tutto questo è - perdonatemi se per me l'autoreferenzialità non è un tabù - tremendamente originale in tempi di arte cupa, critica, lagnosa, sarcastica, stupidamente impegnata secondo i cliché più triti, orecchiati, banali, facili.
Veniamo ora al rapporto fra arte rinascimentale e matematica, dato che molti hanno sostenuto difendendo Sgarbi che l'arte "non c'entra con la matematica" o che "matematica può essere la tecnica artistica ma non il contenuto dell'arte". Costoro non hanno capito assolutamente nulla del Rinascimento. Il Rinascimento - che è essenzialmente platonico - vede nella matematica non (non solo) un attrezzo ma soprattutto l'ontologia di riferimento del discorso artistico, architettonico, musicale. La τέχνη non è in alcun modo separata dai contenuti, τέχνη e contenuti si compenetrano in una visione del mondo totalizzante per la quale la matematica — non il 2+2 spicciolo ma la sua vera essenza che, come molto più avanti sottolineerà Cantor, è la libertà — rappresenta la matrice, la fonte stessa dell'atto euristico che è al tempo stesso atto creativo. Sgarbi non capisce assolutamente nulla di tutto questo: in un video imbarazzante dichiara che "se la matematica non è un opinione allora 110% non ha senso perché se è per cento non può essere 110". È fermo alle primissime classi delle elementari fatte male, alle fette di torta. E invece la matematica è libertà, immaginazione, creazione di entità apparentemente contraddittorie, "impossibili", come ad esempio la radice quadrata di -1 che proprio nel Rinascimento - con Scipione del Ferro, Tartaglia e Girolamo Cardano - inizia a comparire frequentemente, per poi assurgere in seguito a dignità ontologica con la grandiosa concezione barocca di Leibniz che le definiva "immagini di un mondo ideale". E cosa direbbe Sgarbi delle figure impossibili di Escher, delle immagini poetiche di Borges, del concetto di ultrafiltro, di cardinale inaccessibile, dei "mostri" della topologia e della sublime musica di Ligeti a essi ispirata? Direbbe sciocchezze perché non capisce assolutamente nulla, si arrampicherebbe sugli specchi e proferirebbe una sequenza di frasi sconnesse atta a mascherare la sua inadeguatezza. Come un gatto messo alle strette che cerca disperatamente di scappare. Come un prete pedofilo inchiodato dalle evidenze.