Vittorio Sgarbi che dice di apprezzare la mia performance è come il proverbiale orologio rotto che può segnare l'ora esatta. È un populista dell'arte, un interprete della sensibilità della casalinga di Voghera, dell'elettore medio di Matteo Salvini, di coloro che considerano Michelangelo espressione di una civiltà in salute e Duchamp espressione di una civiltà in declino. Non ha alcuna comprensione dell'arte dalle avanguardie storiche in poi e in realtà non può capire nemmeno il Rinascimento: i suoi tre in matematica - più precisamente la sua non comprensione e dunque non amore viscerale per la matematica - lo condannano a non poter davvero cogliere la sensibilità (non le tecniche, non i calcoli: la sensibilità) di un Brunelleschi o di un Piero della Francesca. Come può parlare di armonia uno che non possiede l'hardware cognitivo per capire (nemmeno se provasse a studiarlo per anni) cosa sia una coppia di funtori aggiunti?
Tornando alla mia performance, essa ovviamente non c'entra nulla con le velleità di Marina Abramović. Le sue erano e sono strizzatine d'occhio alla banale cultura woke, femminista, liberal che era ed è dominante in certi ambienti. Marina Abramović era ed è una delle espressioni più banali e stereotipate di un certo spirito del tempo. Io faccio l'opposto: mi oggettifico, faccio gridare le femministe allo scandalo, al sacrilegio. Ed espando realmente l'orizzonte sensoriale del linguaggio artistico. Anzi, non artistico: perché per me la categoria arte, così come concepita fino a Duchamp, è morta, è un simulacro per feticisti necrofili. Io vado nei musei per profanarli. Non uso (come fa l'arte) la pornografia e l'oggettificazione in chiave critica: la celebro.