I giovani che lo incrociano per strada lo chiamano – per sua stessa ammissione – “Maestro”, per gli italiani è il re dei sorcini, ma per il suo pubblico è semplicemente Renato. Dopo il tour Zero a Zero – una sfida in musica, che lo ha tenuto impegnato fino a maggio 2023, Renato Zero non ha intenzione di riposarsi, ma rilancia con un nuovo album in uscita l’8 dicembre e una nuova serie di spettacoli – all’insegna del “minimalismo” - che partiranno a marzo 2024. Il suo Autoritratto - il titolo del suo nuovo lavoro - è l’ultima fatica di un artista che dopo oltre cinquant’anni di carriera vuole guardarsi dentro. In questo disco si parla dei sentimenti cardine della discografia “zeriana”: l’amore per il suo pubblico (in Quel bellissimo niente), l’amicizia (in Non ti cambierei, eseguita per la prima volta in live durante il concerto 4 volte 20 di Albano), l’eterno dualismo tra Renato Fiacchini e Zero (in Zero a Zero) e della necessità di non lasciarsi trasportare dalla disillusione (in Perennemente bianco). Lavorare a questo disco per l’artista è stato un viaggio nella sua interiorità, in un periodo caratterizzato dalla scomparsa di diverse figure chiave della sua vita: “Ultimamente ho perso diversi amici”, spiega Zero. “Questa privazione mette di fronte all’assenza di quegli appoggi che vanno colmati attraverso un grande lavoro introspettivo. Ho avuto questa esigenza di misurarmi, per capire se sono ancora scalpitante nel raggiungere un palcoscenico e un microfono. Questa analisi interiore l’ho voluta rendere pubblica per non essere reticente con la mia gente”.
Un pubblico, il suo, che coinvolge ogni generazione. “Non avrei mai sospettato di arrivare a essere quello che sono dal punto di vista del gradimento e del rispetto”, confessa Zero. “I più giovani che incontro per strada mi chiamano ‘Maestro’, affibbiandomi un ruolo che non mi sento di ricoprire. Il mio è stato un gioco che è diventato una professione. E poi, è stato anche un ‘pronto soccorso’ perché ha guarito anche l’anima di tante persone”. E a proposito di nuove generazioni, Renato Zero riflette anche sui testi dei giovani trapper e rapper, finiti al centro delle polemiche dopo gli ultimi episodi di violenza contro le donne. “Non cerchiamo di accollare a questa fascia molto esposta e molto carente la responsabilità di legiferare il comportamento degli adulti”. Secondo l’artista questi ragazzi sono vittime di atteggiamenti sbagliati che nascono nelle famiglie. “Se un padre si rivolge a una madre dicendo: ‘Sei una zoc*ola’, questa espressione viene raccolta dai figli e cantata quando diventa possibile raggiungere un microfono. Bisogna guardare nelle famiglie e troveremo le risposte in quella sorta di non educazione”.
L’attualità inoltre stimola Renato Zero a riflettere sulla forza della piazza: “Io raccomando sempre al mio pubblico di scendere in piazza e di non rimanere tra le quattro mura a compiangersi. L’ottenimento di certe vittorie è da sempre avvenuto così: mettendoci la propria faccia e il proprio nome”. Una spinta che, secondo l’artista, in questo momento storico dovrebbe essere ancora più forte. “Scendevamo in piazza per molto meno”, ha spiegato Zero. “Adesso che ci sono mille presupposti per farlo stiamo a casa davanti la televisione, che è un altro sonnifero, un’altra bugia, una macchinazione. Siamo messi male perché abbiamo dato quel tempo alla televisione invece di darlo alle nostre famiglie, ai nostri amici, ai nostri partner. Ci manca quel millimetro di coraggio che ci servirebbe”. Dopo più di 50 anni di carriera con 35 album in studio e quasi mille spettacoli live, Renato Zero non è ancora sazio: “C’è già pronto un nuovo progetto: bisogna farlo quando l’orizzonte della nostra vita si restringe”.