Parliamo del Festival di Sanremo 2024. O meglio, parliamo di numeri legati al Festival di Sanremo 2024. Lo so, chi si occupa di critica spesso si trova a dire che parlare di musica e di numeri è una sorta di ossimoro, perché la critica si occupa di analizzare le canzoni, non di che tipo di impatto quelle abbiano sul mercato. Ma la musica e i numeri sono strettamente legati tra loro. Tutto, nella musica, fa riferimento ai numeri. Lo fa l’armonia, la melodia, quindi il ritmo, tutto riporta ai numeri, basti pensare alla storiella delle note che sarebbero sette, cazzata, sono dodici, stando alla canonizzazione occidentale, o, per alzare il tiro, alla dodecafonia, che proprio al rapporto numerico delle note che vanno a comporre la linea armonica dei brani si occupa. Io però non andrò a occuparmi di numeri legati alla musica, quanto ai numeri legati al Festival di Sanremo, che è a dirla tutta un programma televisivo che ha nella musica il suo centro d’attenzione. Parto dai fondamentali, questa è la settantaquattresima edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Bene, di queste settantaquattro edizioni neanche una ha avuto come direttore artistico una donna. Succede. Dicevamo prima dei direttori artistici e le direttrici artistiche. Parliamo ora di presentatori. Su settantaquattro edizioni del Festival ci sono stati quarantadue presentatori. Di questi quarantadue presentatori solo cinque donne: Giuliana Calandra e Lilli Lembo, nel 1961, Loretta Goggi, nel 1986, nel 1991, Raffaella Carrà nel 2001, Simona Ventura nel 2004, Antonella Clerici nel 2010. Certo, a loro vanno aggiunte Isabel Russinova, Anna Pettinelli e Emanuela Falcetti, insieme però a Andrea Giordana, nel 1983, e Edwige Fenech, con Andrea Occhipinti, nel 1991, per il resto solo e soltanto uomini, le donne relegate al ruolo di vallette, quando si chiamavano vallette, e di co-conduttrici, come ora, quando le vallette hanno iniziato a essere chiamate co-conduttrici. Certo, qualcuno potrà dire che magari a nessuna delle donne è capitato di condurre cinque Festival di fila, come sta per accadere a Amadeus, e in passato era capitato già a Mike Bongiorno e Pippo Baudo, ma neanche tre, come è accaduto sempre a quei nomi, ma anche a Claudio Cecchetto o Carlo Conti, perché i loro Festival, quelli condotti dalle donne, sono andati particolarmente male. Ma di fatto anche a diversi uomini, nella storia del Festival, le cose sono andate male, in fatto di dati d’ascolto, e ciononostante sono tornati sul luogo del crimine, le donne no, mai. Cinque donne su settantaquattro edizioni. Succede. In queste settantaquattro edizioni a vincere il Festival ci sono state ventotto donne, in alcuni casi, penso a situazioni come Matia Bazar, Ricchi e Poveri, Al Bano e Romina, Anna Oxa e Fausto Leali, Tosca con Ron, i Jalisse, ma anche le accoppiate, di quando si presentavano due cantanti a interpretare la medesima canzone, non in solitaria. Ventotto volte su settantaquattro, il resto, ca va sans dire, sono state vinte da uomini, con un rapporto, quindi, circa di tre a uno. Succede. L’ultima volta che una donna ha vinto il Festival, ancora numeri, è esattamente dieci anni fa, con Arisa e la sua Controvento, scritta dal maestro Giuseppe Anastasi. La volta precedente era poco prima, nel 2012, quando vinse Emma con Non è l’inferno, scritta da Francesco Silvestre, con un podio tutto femminile per altro, seconda Arisa, con La notte, sempre di Giuseppe Anastasi, e poi Noemi, con Sono solo parole, di Fabrizio Moro. Poi tocca andare al 2003, con Alexia, che vinse con Per dire di no, scritto dalla stessa Alexia con Alberto Salerno, finalmente una donna tra le autrici. Quattro donne su ventuno edizioni. Succede.
Quest’anno, a oggi, sono stati fatti i nomi di ben ventisette artisti, tra solisti e band (quest’anno è presente un solo duetto, quello tra Francesco Renga e Nek). Bene, contando tutti gli artisti che saliranno sul palco, ci saranno trenta uomini, tra solisti, duetti e membri delle band, Negramaro, La Sad, Ricchi e Poveri, e nove donne, compresa, appunto, Angela, la brunetta dei Ricchi e Poveri. Trenta a nove, più del triplo di uomini sulle donne. Uno dirà, ma anche nella classifica degli artisti più ascoltati su Spotify, i Wrapped sono faccenda di pochi giorni fa, non c’erano donne, tutti uomini tra i primi dieci, idem per i singoli e idem per gli album, assente anche quelle Bellissima o Mon Amour di Annalisa che così tanto si sono sentite, per non dire di Ci penserò domani di Angelina Mango. Questo, però, non è certo il motivo di questa malattia che sembra aver colpito anche Sanremo, l’assenza di donne, semmai ne è sintomo conclamato. Le donne in effetti non ci sono, o se ci sono sono in minoranza. Succede. Amadeus, un uomo, ha scelto da solo i big, seppur coadiuvato dal fido maestro Leonardo De Amicis e soprattutto dal più che fido Massimo Martelli. Toh, tutti uomini. Succede. Anche tra i giovani la faccenda non sembra andare molto meglio. Dodici sono i finalisti, quelli di Area Sanremo, arrivati per ultimi a infoltire il gruppo, prevedono la sola presenza di Nausica in mezzo a tre uomini, l’altra, quella di Sanremo Giovani, vede le sole Clara e Vale LP in mezzo a tutti uomini, nello specifico dieci, visto che ci sono delle band. Un totale, quindi, di tre donne in mezzo a tredici uomini, il medesimo rapporto che tra i big. Succede. Le commissioni, entrambe presiedute, toh, da Amadeus, comprendevano da una parte Lavinia Iannarilli, Paolo Biamonte, Alessio De Stefani e Sergio Rubino, questo per Area Sanremo, dai già citati Massimo Martelli, Leonardo De Amicis e dalla direttrice del Prime Time della Rai Federica Lentini, l’altra. Due donne, yuppie. Sempre e comunque dirette da un uomo, Amadeus. Succede. Del resto non ci sono donne a capo delle major discografiche, Warner a farla da padrona quest’anno, Universal, Sony e Bmg. Non ci sono donne neanche a capo delle rarissime indipendenti presenti. Succede. Non ci sono donne a capo delle agenzie di booking. Succede. Non ci sono donne a capo dei network radiofonici. Succede. Non ci sono donne a capo delle tv. Succede. Stranamente tutti gli studi relativi alla discografia, al mondo della musica in generale, indicano la presenza femminile relegata a percentuali mai sopra il 20%, roba che dovrebbe provocare scandalo, credo, non so, ho il pisello, parlo per supposizioni, e a proposito di me e del mio pisello, sono anche piuttosto poche le donne accreditate come critici musicali, buttate lo sguardo nei vari collegamenti dalla Sala Stampa, diretta da un uomo, Andrea Spinelli, e vedrete quasi esclusivamente uomini. Succede. Succede, sì, ma credo che il fatto che succeda, e che la cosa cominci a essere talmente usuale da non lasciare più quasi traccia, dovrebbe suonarci come allarmante, se non addirittura assai grave. Io ho a lungo provato a accendere un occhio di bue su questa situazione. Più in generale parlando della filiera musicale, ma concentrandomi su quelle occasioni che in genere attirano l’attenzione di un grande pubblico, il Festival di Sanremo, appunto, il Concertone del Primo Maggio, alzando la voce, oggi per farsi sentire sembra non ci sia altra maniera, dando vita a iniziative urticanti, vedi sopra.
Anni fa, quando a condurre era prima Carlo Conti, poi Claudio Baglioni, ho lanciato una sorta di flash mob, accompagnato da debito hashtag, dal titolo #LaFigaLaPortoIo, proprio per sottolineare come le donne fossero tragicamente assenti. Usando un linguaggio cameratesco, da caserma o bar, perché è in quegli ambienti che in genere si ritrovano da soli gli uomini, parlando di donne in quei termini. A quelle iniziative, che per altro si sono fatte notare eccome, hanno preso parte decine e decine di artiste, rimbalzando l’hashtag e anche partecipando a un flashmob virtuale a base di foto di chiappe e tette, trasformando una iniziativa bizzarra in un trend topic, un problema tenuto sotto il tappeto per qualche ora divenuto di pubblico dominio. Era il periodo nel quale Francesco Renga, che quest’anno tornerà al Festival con Nek, provava spiegare a uno sbigottito Claudio Baglioni che no, non è che lui, Baglioni, non avesse invitato cantanti donne perché le cantanti donne non si erano proposte, ma perché le cantanti donne usano frequenze fastidiose all’essere umano, molto meglio i cantanti uomini, aprendo un dibattito social dal quale lo stesso Francesco, che aveva fatto quei discorsi alle tre di notte, probabilmente non lucidissimo, non era uscito benissimo. Sembrava, negli ultimi tempi, che qualcosa potesse cambiare, poco ma qualcosa, invece no, siamo ancora qui a fare di conto e a rimanerci costantemente male. Certo, ci saranno Paola e Chiara al Prima Festival, ci saranno Giorgia, Lorella Cuccarini e Teresa Mannino a co-condurre alcune puntate, le altre saranno di Marco Mengoni e la finale di Fiorello, sia mai che ci sia una donna alla finale, e l’anno prossimo, se ne parlava ieri, sembra che la conduzione sarà finalmente di un’altra donna, seppur con nome di uomo, dopo appena quindici anni. Ma per quest’anno lo stato dell’arte è questo, un uomo al comando e un rapporto tra concorrenti che vede gli uomini con trenta rappresentanti, le donne con nove. Tra i giovani tredici uomini, tre donne. Direi un po’ bassina come media. Strano, perché viviamo in una società che ci racconta, non userò la parola storytelling perché ho troppa autostima, che la figa tira sempre, pensate solo a quello che viene detto sui social a Elodie, accusata appunto di usarla per vendere dischi (peccato i dischi non si vendano più e che Elodie non sia esattamente in vetta a quelle classifiche di cui sopra, tutte dominate da uomini pluritatuati e anche con testi piuttosto sessisti e maschilisti). Evidentemente tira ovunque tranne che a casa di Amadeus, ancora convinto che la donna, come aveva avuto da dire nella sua prima edizione, deve saper stare un passo indietro all’uomo, lì parlava di Francesca Sofia Novello, compagna di Valentino Rossi, al fianco di Amadeus nel Sanremo 2020. Quest’anno, temo, mi toccherà ritornare a lanciare l’hashtag #LaFigaLaPortoIo, che è fastidioso, urticante, sgradevole come un hashtag che intenda rompere le uova nel paniere dovrebbe sempre essere. Male che vada potrò sempre dire che volevo lanciare una nuova app di Delivery per uomini soli, con Vannacci divenuto Capo di Stato Maggiore dell’esercito ottenere una commessa dal Ministero delle Difesa è un attimo. Magari non otterrò significativi risultati al Festival, ma svolterò economicamente.