Roberto Mercadini, ex ingegnere, da qualche anno si è reinventato in eclettico divulgatore culturale, scrittore, poeta, con oltre 150 date all’anno portate in giro live per l’Italia dei suoi spettacoli di narrazione e di monologhi poetici. Un caso più unico che raro, visto che questa sua attività ha una diffusione social enorme, nonostante spesso e volentieri tratti temi ostici come l’ebraico antico, la Bibbia, Dante Alighieri, Carmelo Bene e qualsiasi altra curiosità culturale che quando esce dalla sua creatività acquista un particolarissimo sapore di attualità. È in libreria con il libro Bomba Atomica (Rizzoli), tanto per non farsi mancare nulla sulla poliedricità delle storie raccontate e per questo abbiamo deciso di conoscerlo meglio, intervistandolo, perché è di certo uno dei personaggi (anche se sarebbe più corretto definirlo un intellettuale) più interessanti in circolazione.
Chi è Roberto Mercadini e perché ha lasciato la professione di ingegnere?
Io sono un narratore, uno che racconta storie e le racconta in diverse forme, come per esempio in teatro facendo il narratore teatrale, le racconta scrivendo libri e le racconta anche su YouTube, quindi anche in forma digitale, e ho lasciato il lavoro perché questa attività artistica aveva preso il largo ed era diventata un mestiere vero e proprio sia come tempo richiesto che come riscontri economici, quindi non era più fisicamente possibile e non era più economicamente necessario che facessi due mestieri. Così, ho scelto quello dove vedevo proiettato il mio futuro, la mia vocazione e la mia possibilità di crescita.
Perché ti definisci “poeta parlante”?
In realtà, questa è una definizione che ho inventato io perché vedevo una grandissima differenza fra il mio modo di intendere e di comunicare la poesia e quella che avevano quasi tutti gli altri poeti che conoscevo. All’inizio scrivevo e recitavo poesie perché per me la poesia è sempre stata una cosa da declamare dinanzi a un pubblico, mentre mi interessava meno l’idea di avere un libro pubblicato, anche se è gratificante ovviamente, ma volevo recitare le mie poesie e tentare di farle capire, e quando andavo alle letture pubbliche di poesie di altri, vedevo proprio un disinteresse verso la comunicazione già nel modo di rivolgersi al pubblico o il fatto di leggere in modo inespressivo. Anche la scrittura era spesso ermetica e io mi sentivo una mosca bianca, così ho inventato questa definizione di poeta parlante un po’ ironica, un po’ polemica, che adesso ha preso piede anche in Italia con il cosiddetto poetry slam, un diverso modo di fruire della poesia in cui il poeta recita a voce alta davanti a un pubblico dei versi e adesso ci sono tanti poeti che scrivono poesie e le recitano in questo modo, quindi questa definizione di “poeta parlante” non è più così attuale perché non segnala più un problema, un’anomalia che era solo mia.
Qual è il modo giusto allora per comprendere una poesia?
Io sono ossessionato dall’idea che la gente debba capire anche le poesie, quindi prima la introducevo, adesso la recito meglio che posso. Io mi sono innamorato del teatro ascoltando Carmelo Bene, quindi per me recitare poesie è una vertigine musicale che non sta nella bella voce, nella dizione perfetta, ma in un flusso che ti prende e che devi restituire al pubblico e siccome spiegavo ciò che leggevo, questo forse è stato il tramite tra la poesia e la narrazione e, ad un certo punto, ho iniziato a scrivere dei monologhi di sola narrazione. Quelle che per me prima erano le introduzioni si sono trasformate in quello che faccio adesso che si chiama teatro di narrazione.
Preferisci recitare o scrivere, oppure scrivere e recitare insieme?
Scrivere e recitare insieme. Mi piace scrivere, ma soprattutto mi piace recitare ciò che scrivo io per raccontare le mie storie, anche se non sono un attore e non m’interessa essere un personaggio.
Tu utilizzi molto i social e pubblichi i tuoi video su Youtube. Spiegami un po’ come hai imparato a gestirli.
Youtube è nato come uno strumento per fare pubblicità al teatro perché io avevo questo problema qui che in una parte piccola della Romagna, che è quella di Rimini, Cesena, Forlì, ero conosciuto, seguito, con grande affetto e partecipazione, ma quando uscivo fuori dalla mia zona di appartenenza, ero uno sconosciuto, quindi io passavo dal riempire un teatro da 200 posti o una piazza con 300 persone a 10 persone in sala. Per cui, mi dicevo che avrei dovuto trovare un modo per farmi conoscere anche fuori e Youtube ha segnato la svolta. Grazie a questa piattaforma, adesso riempio le sale di tutta Italia. Fa piacere un like o una faccina sorridente, ma sentire le risate vere è un’altra cosa. Youtube è il mezzo, il teatro è il fine.
Studi ancora l’ebraico biblico?
L’ho studiato con costanza per un po’ di anni e poi l’ho un po’ abbandonato perché ho scritto monologhi, libri, poesie. Ma durante il lockdown l’ho recuperato, infatti ho fatto un video sulla parola, didattico fra l’altro, che ha ottenuto più di centomila visualizzazioni che è una cosa sconcertante perché io parlavo di grammatica ebraica...
Quindi ha senso, ancora oggi, leggere la Bibbia?
Le persone sono molto affascinate dalla Bibbia. Il tema crea curiosità ed è ancora attuale. La Bibbia e l’ebraico antico, che sono due cose indubbiamente legate, non sono passate mai di moda e in questo periodo in particolare sta suscitando interesse. Qualcuno mi ha addirittura scritto di fare tutta una serie sull’ebraico o sulla Bibbia e mi ha fatto piacere leggere questi commenti che davano un senso al mio lavoro.
Spesso prendi come spunto per scrivere i tuoi monologhi molti personaggi reali o inventati che hanno reso grande la letteratura mondiale: Shakespeare, Moby Dick, Orlando Furioso quindi, quanto i classici possono essere applicati alla nostra contemporaneità?
La letteratura e i classici, per l’appunto, sono attuali perché affrontano tematiche universali: l’uomo, la vita...questo è il motivo per cui non parlo quasi mai di attualità. Tu leggi Shakespeare, per certi versi è anacronistico, eppure se lo leggi non in maniera superficiale, ma cogliendone il senso profondo, capisci che è estremamente vicino a noi e a me piace parlare di questo. Egli diceva che ogni uomo è un attore e tutto il mondo è un palcoscenico, questo è vero. Ognuno di noi ricopre un ruolo ed è portato a fare ciò che il ruolo gli impone, quindi c’è un conflitto fra quello che siamo e il ruolo che interpretiamo che è un elemento dell’esistenza umana che a volte ha dei risvolti comici, altri tragici, ciò esisteva al tempo di Shakespeare, ma esiste ancora oggi. Gli aspetti più profondi della realtà non mutano, mutano le mode.
Stai preparando lo spettacolo su Dante in occasione dell’anniversario dei suoi 700 anni. Parlamene un po’.
Mi occuperò di Dante dal punto di vista del linguaggio perché quello che ha fatto Dante non si può fare se uno non sei ossessionato dalla lingua. Lui ha esplorato i diversi volgari d’Italia, ha scritto un trattato il De vulgari eloquentia che, come lui stesso dice, è il primo trattato di linguistica e nella Divina Commedia parla molto del linguaggio, usa delle metafore, delle immagini evocative, che sono le più spettacolari della letteratura, e descrive questo comunicare tramite la parola nel modo più coinvolgente che io conosca. Ci sono delle riflessioni sul parlato che sono straordinarie e quindi il focus del monologo sarà questo.
Nell’ultimo libro, come mai hai scelto di parlare della bomba atomica?
La storia della bomba atomica è un mondo intero che unisce dei temi apparentemente lontanissimi. È una storia di guerra, ma è prima di tutto una storia di scienza, è una storia di grandi eventi (guerre mondiali, scoperte da premio Nobel), ma è anche una storia in cui giocano un ruolo fondamentale sentimenti intimi, relazioni personali, amicizie, amori, tradimenti, elementi che non finiscono nei libri di storia, ma che invece meritano di essere citati. È una storia inoltre dove c’è tantissima intelligenza e follia, il caos che scompagina tutti i piani. Ha dentro tutto e io sono affascinato da questo tipo di storie.
E dal punto di vista climatico, visto che te ne occupi, pensi che la Terra sia in pericolo?
Quello del clima è un tema che è stato un po’ messo da parte perché la pandemia ha preso il sopravvento sulla scena ed è il tema del futuro, secondo me. Dopo aver preparato il monologo su Dante, penso che scriverò un monologo sul clima. Quello che l’uomo deve capire è che quello che noi possiamo distruggere sono le condizioni climatiche che rendono possibile la nostra vita sul pianeta Terra, ma ho fiducia nell’uomo, non credo sia così cieco. Tutto sta al fatto di muoversi con la velocità necessaria. Abbiamo cominciato, quindi c’è speranza.