“Il cielo stellato fa le fusa”, quarto romanzo scritto da Chiara Francini - già affermata attrice - e pubblicato da Rizzoli, è un Decameron moderno che racchiude in sé novelle e personaggi unici nel loro genere. Ci racconta la vita, la poesia sfuggente dell'attimo, la magia dello straordinario, ma soprattutto lo fa con grande generosità e ironia, cifra stilistica dell'autrice. A fare da cicerone, un gatto, Rollone il Vichingo, che come un traghettatore di anime ci guiderà attraverso la narrazione.
“Il cielo stellato fa le fusa” si discosta nettamente dai canoni tradizionali del romanzo. Come mai questa scelta?
Si discosta perché è una struttura che mi dava l’opportunità di sfogare questa grande curiosità e questo amore che ho per gli esseri umani e soprattutto mi dava l’opportunità di inserire tutta una serie di storie che fanno riferimento a dei fatti storici realmente accaduti che molti lettori non conoscevano e che mi avevano toccata e mi avevano interessata nel profondo, quindi questa struttura era meravigliosamente perfetta affinché queste storie si prendessero per mano e andassero verso un traguardo che era quello di rappresentare questa imperfetta, scricchiolante e comunque bellissima commedia umana che è la vita.
Raccontami perché la voce narrante del libro è un gatto, il tuo fra l’altro.
Adoravo l’idea che la voce narrante fosse quella di un gatto perché io scrivo esattamente come sono, cioè in maniera profondamente naturale. Mi è sembrato normalissimo il fatto che questo sguardo meraviglioso, ironico, da filosofo stoico fosse quello di un felino che è l’animale con il quale condivido la vita. Rollone Il Vichingo è esattamente uno dei gatti che ho in casa con il quale parlo e condivido tutta una serie di riflessioni e poi, come diceva Hemingway, i felini hanno un’onestà emotiva assoluta e non riescono mai a celare i loro sentimenti a differenza degli esseri umani. Ho ritenuto che il lettore avesse capito che fosse giustissimo questo gatto colto, così incredibilmente innamorato della vita, carnale, ironico, quasi un Perozzi, un conte Mascetti di Amici Miei di Monicelli perché effettivamente è quello che succede: lui accompagna questi esseri umani, li guarda, non li giudica e trovo appunto irresistibile il suo punto di vista e l’amore con il quale li prende per mano fino ad arrivare a questa riflessione finale sulla malattia, sulla sanità e sulla straordinarietà che insita nella salute e non nella malattia e sono felicissima che i lettori lo abbiano capito e acquisito in maniera così naturale esattamente come io ho pensato dovesse assolutamente essere.
Quanto questo periodo ha influito sulla necessità di raccontare storie belle e magiche?
Sì, questo è un periodo che ha bisogno di storie belle, magiche e vere che accolgano, che facciano riflettere e che ti pongano di fronte la meravigliosa disarmonia prestabilita, la meravigliosa imperfezione che significa vivere e soprattutto storie come quelle de Il cielo stellato fa le fusa che facciano comprendere come la vita e l’individuo sia così strettamente legati a quella della comunità e quindi soltanto se si respira tutti insieme si può vivere.
A questo proposito, come stai affrontando questo periodo buio?
Cercando di far filtrare la luce, la scrittura, il dialogo con i lettori, il toccare con mano quelle che sono le emozioni, i pensieri che derivano dalla lettura di questo romanzo e il dialogo per me è vita che significa rivoluzione e quindi squarcio il buio, facendo quello che amo fare e che mi mette in connessione con gli altri esseri umani.
Da dove arrivano queste storie così particolari, uniche nel loro genere?
Dalla vita e, scrivendo questo romanzo, ho avuto la grande opportunità di raccogliere storie che mi hanno toccata, accarezzata e punto nel corso del tempo. Ad esempio, facendo riferimento alla novella delle ragazze uccise nei primi anni del ‘900, ecco io avevo letto questa storia e mi era rimasta appiccicata, soprattutto l’ultima frase che chiude la novella “i loro corpi ancora brillavano”, ecco io mi sono detta che non potevo non scrivere un giorno di questa storia e così è successo per tutto il resto, anche con quelle che sono di straordinaria normalità, quelle che racconta La Lauretta, per capirci, o anche storie, novelle come quelle di Patrizia Vicinelli e Vittorio Reta, questi due poeti che hanno fatto della loro vita un’opera d’arte, quindi scrivere per me è stata anche una questione di giustizia nel senso che trovo bellissimo condividere con i lettori la conoscenza di questi personaggi che così profondamente mi hanno colpita ed è bello pensare che dopo la lettura di questa novella ci siano delle persone che vadano a googolare, a ricercare, ad interessarsi, che vadano ad amare questi poeti che così tanto sono stati dimenticati.
Perché i lettori dovrebbero appassionarsi a questo libro?
Spero che i lettori si appassionino a questo libro perché è un libro che parla di noi, di questa meravigliosa frittatona che è la vita fatta da questi ingredienti misteriosi e bellissimi. In questo romanzo c’è la normalità, ma anche la straordinarietà, ci sono storie che affondano nel passato, ma che ci parlano dell’oggi, quindi credo che per sentirsi meno soli, accolti e riscaldati non ci sia niente di più bello della consapevolezza di condividere tutto questo con gli altri.
Secondo te, esiste una discriminazione oggettiva nel mondo dell'editoria fra scrittori e scrittrici?
La discriminazione c’è sempre in qualsiasi campo e sicuramente la maggior parte delle lettrici sono donne, ma le scrittrici sono molto meno rispetto agli scrittori. Io sono profondamente felice di essere un’autrice amata e credo che non ci sia niente di più bello di essere una donna e di essere una scrittrice. Lo so è sicuramente più difficile, più periglioso farcela, ma se potessi decidere vorrei rinascere donna e, soprattutto, scrittrice.
Ti è mai capitato da scrittrice o anche da attrice di essere messa da parte a causa di preconcetti?
Bè, essere una donna è una battaglia costante come diceva Oriana Fallaci e questo fa sì che essere donna implichi il fatto che tu debba essere più veloce, più empatica, maggiormente capace di capire le caratteristiche e le peculiarità dell’interlocutore che hai davanti. È come essere allenata fin da piccola a dover fare 25 per avere 12 e questo implica un’attenzione, uno studio, un’abnegazione, un volli sempre volli fortissimamente volli, però ti dà l’opportunità di essere ancora più incisiva in quelle che sono le tue passioni e per quel che mi riguarda in questa concezione ortodossa della giustizia che ho, ogni giorno per una donna è una battaglia che una donna sa vincere senza le armi.
Cosa dovrebbero fare le donne per ottenere una parità piena?
Continuare a credere in loro stesse e comprendere l’incredibile paniere di delizie che sono, quelli che sono i propri talenti e i propri limiti perché lì nel mezzo c’è la felicità e il successo di una donna. Io trovo che le donne siano delle creature incredibili e siano composte da una tavolozza di colori infiniti e quello che auguro alle donne è di essere sempre ambiziose perché essere ambiziose significa essere vive.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Continuare a promuovere il mio romanzo che, tra l’altro, in tre settimane, ha venduto più di diecimila copie e ne sono felicissima. Ho girato due film. Uno si intitola “Altri padri” per la regia di Mario Sesti con Paolo Briguglia ed è un film che ha al suo centro il concetto di amore all’interno della famiglia, soprattutto la fine dell’amore, e poi ho girato “Addio al nubilato” per la regia di Francesco Apolloni che andrà in onda il giorno di San Valentino su Amazon con Laura Chiatti, Antonia Liskova e Jun Ichikawa ed è un film che racconta di un’amicizia tra donne. Dovrei riprendere i miei spettacoli teatrali, tra cui Coppia aperta, quasi spalancata di Dario Fo e Franca Rame con Alessandro Federico che l’anno scorso ha registrato il tutto esaurito nei teatri d’Italia e l’altro spettacolo L’amore segreto di Ofelia per la regia di Luigi De Angelis e la drammaturgia di Chiara Lagani con Andrea Argentieri e, in mezzo a tutto questo, continuare a scrivere per la stampa. In sintesi, scrivere, recitare e soprattutto vivere.