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Roberto Vecchioni compie 80 anni: il figlio malato, il Dio con cui parla, la lettera ai giovani poeti

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

25 giugno 2023

Roberto Vecchioni compie 80 anni: il figlio malato, il Dio con cui parla, la lettera ai giovani poeti
Roberto Vecchioni ha attraversato diverse stagioni musicali e ora, a ottant’anni, guardandosi indietro, cosa resta? Una lettera d’amore verso i giovani e verso la vita, con tutte le sue storture, la sconfitta, gli amori finiti (ma l’amore infinito) e un colloquio con (un) Dio per mantenerci tanto umani

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Roberto Vecchioni compie 80 anni. Lui è stata la cassetta in bianco e nero di Al bandolero stanco che avevamo nella vecchia Opel. La tratta verso il mare con le gocce secche che lasciano i loro contorni sui finestrini. Con le parole di un uomo, alla guida, con «quella ruga di ridente nostalgia». È stato convincere il mio liceo a invitarlo soltanto per poterlo vedere dal vivo e fargli autografare il cd di Ipertensione, ovviamente per mio padre. La vera differenza con Fabrizio De André e Francesco Guccini, per esempio, è quel senso della sconfitta che fa parte delle cose, della vita di ogni uomo. «Lasciami, questo sogno disperato d'esser uomo / lasciami, questo orgoglio smisurato / di esser solo un uomo». La discografia di Vecchioni è segnata da questo rivolgersi alle cose in controluce: l’uomo che resta da solo, il figlio più fragile, la vita più dura, il padre, la morte di chi ama, non la morte in generale. Vecchioni, in Le rose blu, chiede a Dio (che esiste, non esiste?) di guarire un figlio in cambio di tutto, delle cose che in un modo o nell’altro gli avrebbe insegnato perché fanno parte di lui, ma non contano più nulla di fronte alla notizia di un male che scava il tuo bambino, la sclerosi multipla: 

 

Io ti darò

tutti i giorni che ho alzato

i pugni al cielo

e ti ho pregato, Signore,

bestemmiandoti perché non ti vedevo,

e ti darò

la dolcezza infinita di mia madre,

di mia madre finita al volo

nel silenzio di un passero che cade,

e ti darò la gioia delle notti

passate con il cuore in gola,

quando riuscivo finalmente

a far ridere e piangere una parola...

Roberto Vecchioni
Roberto Vecchioni

Che in fondo è il mondo in cui la letteratura ci insegna a vivere. Dando tutto a modo nostro. Chi, come Rimbaud, «nelle fumerie di Soho», ribaltando «le parole, invertire il senso fino allo sputo / cercando un’altra poesia» e chi «fingendo fogli» come Fernando Pessoa. O coma la sua amica, poetessa liquidata dall’accademia e dall’intellighenzia poetica di oggi, Alda Merini; vivendo «come le cose che dici». Coerenza assoluta nel segno di una fragilità che l’età non addolcisce. Vecchioni ci insegna tutto questo. Ci dice che anche i re non si divertono e si nascondono sotto a un tavolo. E la moglie vuol convincerlo a uscire senza parlare di corone e sfarzi, ma di quanto ci sia più vero nella vita: «Vieni facciamo l'amore come una volta». 

La carriera di Roberto Vecchioni è una lunga «lettera a un giovane poeta», scritta da un giovane poeta di fronte a Dio, a un tumore battuto (Ho conosciuto il dolore), a una donna che se ne va: «E non si è soli quando un altro ti ha lasciato, / si è soli se qualcuno non è mai venuto». Ci insegna come si ama di un «piccolo amore», e di quanto possa valere quando le cose finiranno: 

E allora penserò

che niente ha avuto senso

a parte questo averti amata

amata in così poco tempo

e che il mondo non vale un tuo sorriso

e nessuna canzone è più grande di un tuo giorno

e che si tenga il resto, me compreso

la viola d'inverno.

Roberto Vecchioni
Roberto Vecchioni

Certo, può ferirti. In Due giornate fiorentine parla del tradimento della sua ex moglie, che lo aveva lasciato da solo per andare dall’amante. La reazione è verso l’esterno solo per un attimo: «Pomeriggio da solo in un po' troppa Toscana, / ho pensato “Ma brava”, va beh ho pensato “Puttana!”». Per poi tornare a guardarsi dentro, al senso del dolore: «…poi che io non c'entravo e che eri stata felice». Più di altri Roberto Vecchioni, accanto alla storia, non ha evitato il confronto con la cosiddetta morale della favola. Che ci sia un Dio con il quale incazzarsi per quella «inspiegabile curva della moto di un figlio / che a vent'anni te lo devi già scordare»; o che ci sia di fronte a te una battaglia che sai già di perdere, tentala e trova un senso alla sconfitta. Gli antieroi sono gli esseri umani, e per natura non dovremmo mai tirarci indietro.

Oh certo che può sembrare inutile

una stazione a chi non parte mai

ma i treni che davvero portan via

non han fiori sui sedili

ma da fuori non lo sai

devi entrarci per sapere dove vai.

Roberto Vecchioni
Roberto Vecchioni

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