In vista delle nomine dei sottosegretari dell’attuale governo Draghi, affiora papabile il nome di Lucia Borgonzoni alla Cultura. Un incarico, questo, che sancirebbe il ritorno della senatrice della Lega a un ruolo già ricoperto durante il precedente governo Conte e per il quale non è certo sembrata particolarmente appropriata. Nel corso del 2020, alcune sue dichiarazioni (se non gaffe) hanno destato un certo scalpore sottolineando la sua inadeguatezza ad una carica che richiama un ruolo notevole: tutelare e promuovere l’immenso patrimonio culturale del nostro paese.
“Whatever it takes/ad ogni costo”, recita una ormai citatissima frase dell’attuale Presidente del Consiglio Mario Draghi: sì, ma è davvero così necessario includere ancora una volta Borgonzoni?
Lo abbiamo chiesto a Sandro Veronesi, scrittore toscano acclamato e pluripremiato che sulla questione si è detto guardingo, ma più preoccupato da chi ricopre la carica di ministro dello Sviluppo Economico.
“Non leggo da tre anni” sono le parole di Lucia Borgonzoni che più echeggiano nella nostra mente. Certo è che, associarle a una figura che ha ricoperto un ruolo importante all’interno del ministero della cultura e che pare candidata a fare il bis, fa un poco strano.
L’eventuale nomina della Borgonzoni alla Cultura non si basa certo sui suoi pregi, anzi: che non ne sia particolarmente adatta è ormai ben chiaro. Tuttavia, attualmente, le questioni da giudicare di questo Governo di emergenza sono altre: ci sono fiumi di denaro, che non ci sono mai stati e che non ci saranno mai più, da destinare ai giusti comparti per favorire la ripartenza del paese. Cultura compresa, che tra teatri, musei, editoria e patrimonio archeologico sta accelerando il suo processo di morte. Il requisito fondamentale è dunque saper utilizzare questa somma: non vedo come la presenza di un qualsiasi sottosegretario alla cultura possa danneggiare il tutto. Soprattutto una figura come la Borgonzoni che, mi spiace per lei, a livello politico ha ben poco peso.
Non c’è molto da temere, dunque.
Il governo Draghi è l’ultima speranza prima di precipitare nell’abisso e certo non è scevro da difetti: ciò che è importante, adesso, è tranquillizzare l’Europa su come riusciremo degnamente ad investire il denaro a noi rivolto. Dobbiamo provare al mondo che non lo sprecheremo in benefici elettorali: se ci riusciamo, il nostro guadagno produrrà un risultato effettivo, applicabile dunque a tutti i settori volti alla ripresa, e della sana credibilità. Se il Presidente del Consiglio, il MISE e tutti i ministeri lavorano bene, la Borgonzoni in sé alla Cultura non può fare molto danno, così come non può farlo l’ultimo dei leghisti: non dimentichiamoci poi, che a capo del ministero in questione abbiamo un personaggio qualificato come Dario Franceschini.
Il problema del sottosegretariato alla cultura è quindi la presenza della Lega, più che della Borgognoni stessa?
Non credo si sia mai sentito un esponente della Lega parlare di cultura come una delle leve fondamentali del nostro paese: è per questo che forse non sarebbe il caso di far ricoprire questo ruolo ad un membro di tale partito. In condizioni normali sembrerebbe una provocazione, in questo caso è un “rospetto” da mandar giù.Per questo, se questa è la ragion politica da seguire adesso, direi che possiamo pazientare. Personalmente, preoccupa di più la presenza del ministro leghista Giancarlo Giorgetti al Mise, che al momento è cruciale.
È anche vero che tutto ciò che sta accadendo sottolinea ancora una volta come l’argomento “cultura” sia spesso considerato meno importante, al punto che ci si può persino permettere di sbagliare il sottosegretario.
In questo momento non si tratta di indirizzare la cultura verso determinati obbiettivi: si tratta di farla ripartire al 100%, quasi da zero. Con il Covid, questo settore è stato messo in ginocchio: a ciò si aggiunge il peso zero che l’industria culturale ha in Italia, mai completamente assecondata e supportata. Il che è alquanto assurdo, se si pensa che per abbondanza di materiale il nostro patrimonio artistico produrrebbe ricchezza, identità e posti di lavoro in larga quantità. Sulla rinascita culturale, fondamentale è la scelta strategica che verrà fatta in ambito politico: una scelta che, comunque, non farà il sottosegretario. Ecco perché non mi preoccupo più di tanto.
Molti però ne fanno una questione di rammarico, o di principio. La Borgognoni non ha certo dato molto sfoggio di cultura personale, soprattutto durante una clamorosa gaffe che la vide confinare l’Emilia Romagna al Trentino…
Attualmente, non farei una questione di principio su niente. Certo, associare Borgognoni e cultura è quasi un ossimoro. Il punto è che se vengono sbagliate le nomine degli uomini e delle, purtroppo, poche donne nei punti chiave del Governo è un bel guaio: un sottosegretario alla cultura sbagliato o nominato per compiacere una forza politica che al momento deve sostenere la maggioranza, è un male sopportabile. Ovviamente, sempre che in cambio ci sia dal Governo un’azione energetica e doverosa volta alla rinascita. Se qualcosa non funziona, non sarà per colpa della Borgonzoni qualora dovesse essere nominata: dall’altro lato, se il tutto funziona bene non sarà la sua presenza ad impedire una buona riuscita. Sia chiaro che, quando ci sarà un gruppo di parlamentari eletto dal popolo tramite elezioni sarò il primo a esporre rimostranze se qualcuno di non idoneo dovesse ricoprire un incarico culturale; durante un Governo di emergenza, tuttavia, quando intorno a noi c’è una simile crisi parlare di principi non mi pare il caso. Sottolineerebbe semplicemente di non aver compreso la nostra attuale disperata situazione.
Può darsi quindi che la Borgonzoni sia stata troppo stigmatizzata?
Diciamo che attualmente non mi metterei a far questioni. Almeno non adesso, e lo dico nei riguardi di un settore che chiaramente mi interessa molto. Non è certo gradevole che la Borgonzoni si fregi di una nomina per lei abbastanza inadeguata e di fatto spero, nel caso questa accada, che si impegni ben poco. Non mi metterei comunque a commentare prima che non abbia effettivamente iniziato ad agire in modo da creare una qualche magagna. Se così fosse, sarà giusto intervenire con un qualsiasi tipo di stigmatizzazione. Ma finché non lo fa…
Per cui non è preoccupato?
Non particolarmente. È una questione di credibilità internazionale: se non fa danno, non lasciamo che ci siano polemiche ad enfatizzarlo. Al momento, basta che si pensi ad utilizzare bene il denaro rivolto alla ripresa economica e dunque anche alla cultura. Per il resto, non è che si può subito esser perfetti: diciamo che se la macchina governativa funzionerà bene, la Borgonzoni è un rospo che per ora (e dico solo per ora) si può ingoiare. C’è un baratro sotto i nostri piedi: il fatto che la Borgonzoni possa godere di un titolo che forse non merita, è un conto che possiamo regolare un’altra volta.