Saviano fuori dalla Rai. Dopo Facci tocca a lui. Lo scrittore non sarà dei nostri (se per nostri si intende della televisione pubblica, pagata forzatamente con i soldi degli individui). I motivi sono identici a quelli di Facci, un registro linguistico fuori dai normali canoni permessi nella tv educata.
Quasi identici. Roberto Saviano non può ricevere lo stesso trattamento di Facci? Perché? Perché di sinistra. Lui è pulito, tanto da essere invitato persino da Maria De Filippi a parlare ad Amici agli amici di Canale 5, una delle TV ben poco apprezzate – sulla carta – dallo scrittore tutto d’un pezzo.
Un pezzo d’alabastro pare, visto che cede facilmente agli eventi atmosferici e politici, tra cui la possibilità di finire nella Rai del governo di maggioranza, lo stesso capitanato, a suo dire, da due “bastardi”, Giorgia Meloni e Matteo Salvini.
Il motivo della sospensione del programma (peraltro già registrato) è l’ennesima frase contro il leader della Lega, definito “ministro della MalaVita”. Saviano finirà in Vigilanza Rai. Per uno che dice di amare la Costituzione, si arrischia sovente a vilipendere le cariche pubbliche.
Primo, è chiaro che, incoerenza a parte, Saviano meriti di ricevere lo stesso trattamento di un personaggio a destra che ironizza in modo sbadato e volgare su un caso di stupro. Perché in entrambi i casi a essere condannata è la violenza delle espressioni usate.
Secondo, è chiaro che le reazioni previste da sinistra saranno infantili. Si può cacciare il nemico spigoloso e inanellato che scrive su Libero, ma non vorrai mica mandar via l’amico della Murgia, presente al non-matrimonio vestito come tutti da santone?
La sinistra non sopporta i maschi etero e bianchi (tranne i propri), ma neanche la par condicio se la passa tanto bene. A parlare è Roberto Sergio, l’amministratore delegato della Rai: “La scelta è aziendale, non politica”. In altre parole: proviamo a trattare tutti allo stesso modo. Perché Saviano dovrebbe avere un trattamento di favore?
Ora la sinistra e la destra sono pari, quindi parimenti criticabili. Il problema è sempre lo stesso, infatti. Mentre il sistema televisivo italiano si sta trasformando (inevitabile dopo la morte di Silvio Berlusconi) la Rai resta in mano allo Stato, quindi ai governi di turno, che finanziano programmi e pagano stipendi anche grazie alla tassa prelevata in modo forzoso agli individui. Destra o sinistra non fa alcuna differenza. Non importa con quale mano ti rubino i soldi dalla tasca.
È legittimo avere un’opinione. Pensiamo che Saviano abbia ragione a insultare Salvini ma che Facci abbia torto a fare una battuta sulla vittima di uno stupro. In condizioni normali vorremmo vedere programmi con Saviano e senza Facci. In condizioni normali un canale che ingaggiasse Facci e non Saviano lo liquideremmo, preferendo altri palinsesti. La Rai non è, purtroppo, una condizione normale.
È la malattia dello statalismo. Una televisione pubblica fa scelte che legittimamente possiamo non apprezzare ma che siamo costretti a sostenere con 90 euro annuali. Provate a comprare un’auto che non vi piace e a non sentirvi stupidi. Chi si lamenta del benservito a Facci e chi si lamenterà per Saviano mancano di criticare il vero atto immorale, quello che li costringe a pagare qualcosa che – fosse per loro – non pagherebbero.
E mentre la televisione sta diventando sempre più moderata (persino Mediaset si germanizzerà, anche se in modo graduale), anche il pubblico diventerà sempre più omogeneo e standard, davvero schiavo della totale assenza di estremi che bilancino il dibattito. Ma la colpa sarà soltanto loro. Loro e di chi hanno votato (ora e in passato).