Di Silvio ce n’era solo uno, ma di Pier Silvio dovrebbe essercene di più. Il figlio di cotanto padre amministra Mediaset dal 2015, senza aver mai sgomitato troppo e con profilo inopinatamente basso per un Berlusconi. Ma già l’anno scorso aveva fatto capire che la piega futura del Biscione si sarebbe differenziata dallo stile paterno: durante il Grande Fratello Vip, aveva affermato che “alcuni limiti sono stati superati”. Ora, i limiti li ha dettati con una bella mano di fresco sui palinsesti della stagione 2023/2024, rifilando una doppia mossa: ha messo alla porta Barbara D’Urso, che ci è rimasta malissimo, e ha incluso nella schiera dei giornalisti del gruppo Bianca Berlinguer, che già solo dal cognome rappresenta uno scarto rispetto ad altri colleghi, di sinistra o presunti tali, che in passato hanno calcato gli studi di Cologno Monzese (ogni riferimento a Maurizio Costanzo ed Enrico Mentana è puramente voluto, anche se si dovrebbe rammentare anche il passaggio di un certo Michele Santoro, nell’ormai pleistocenico 1996 con il talk “Moby dick”).
Ora, un altro carico da quindici: pare che l’Erede abbia preso per la collottola gli autori, genìa di cui non si fida più, e li abbia istruiti sulla nuova linea per i reality, a partire dal sempiterno GF in mano ad Alfonso Signorini per finire con La Pupa e il Secchione (il quale, caduta in disgrazia la D’Urso, sarà condotto da Enrico Papi, veterano del programma a cui la Dottoressa Giò aveva divelto ogni ironia). Secondo il Fatto Quotidiano, la lista dei gieffini (fra cui, sic, Antonio Razzi) sarebbe stata liquidata senza tanti giri di parole da Piersilvio, che non intende più tollerare crolli verticali di decenza minima e per questo ha vietato l’ingresso alla casa di influencer di dubbio gusto e “star” smutandate provenienti da OnlyFans. La parola d’ordine per l’avvenire è una sola, categorica e impegnativa per tutti: basta volgarità. “Se ci siamo distratti”, avrebbe detto il patron di Canale 5 Rete 4 e Italia 1, “è solo colpa nostra”. Lodevole l’assunzione di responsabilità. Furbacchiona la premessa: nessuno, in realtà, si è distratto. Semplicemente, fino ad ora la rotta perseguita dalle sue tv (e non solo, bisogna dire, dalle sue tv) è stata la scorciatoia più comune per razzolare ascolti facili: puntare sull’osceno, il demenziale, sul turpiloquio e sull’improbabile. In sintesi, sul trash.
Il genere che più lascivamente si presta alla spazzatura è il reality show: nato, proprio con il Grande Fratello, come format per mostrare al telespettatore medio cosa succede quando altri come lui vengono esposti in bacheca sotto l’occhio della telecamera, la realtà contenuta nel video non è mai stata realtà nel senso autentico del termine. Perché lo schermo la ridefinisce, la modifica e la filtra deformandola per esigenze di share, fino a trasformarla, di rilancio in rilancio, scendendo di livello, allargando ai cosiddetti vip (spesso, conosciuti solo ai maniaci del gossip), moltiplicando le locations e il tipo di gioco (su un’isola, ai fornelli, cantando, ballando, facendosi umiliare nei modi più vari ed eventuali), in una poltiglia che oramai si ripete uguale stagione dopo stagione, in una disperata raschiatura del barile che non si sa quanto strettamente necessaria per tenere in piedi il baraccone. Evidentemente, necessaria dev’esserlo, visto che il moralizzatore Pier Silvio ha deciso di tagliar via la punta forse più sporgente dell’iceberg (la D’Urso, sostituita da una più rassicurante Myrta Merlino), ma non Signorini, giusto per stare al Grande Fratello. È il rilievo mosso dal critico principe del giornalismo televisivo italiano, Aldo Grasso del Corriere della Sera, che non solo stigmatizza la sostanziale continuità data l’imperante presenza di Signorini, ma addirittura accusa la “nuova” Mediaset di essere vecchia, proprio per aver inserito in programmazione una Berlinguer che secondo lui è legnosa, un po’ trash anche lei (i siparietti con Mauro Corona) e finanche pericolosa, nelle idee e negli ospiti (Orsini su tutti).
Grasso ha ragione e torto insieme. È vero che “pettinare” meglio, dandogli una bella ripulita, un prodotto come il GF non evita la stortura originaria, chiamiamola così, di un reality il cui intrattenimento è fondato letteralmente sul far niente da mane a sera, scambiandosi chiacchiere e dandoci giù di copione per inscenare scazzi, amoretti, amorazzi e retroscena da rivendere nella grancassa del pettegolezzo. Ma stiamo parlando pur sempre di tv privata. Non di tv pubblica. Quest’ultima dovrebbe ancora, sulla carta, mantenere una vocazione, se non proprio pedagogica, quanto meno non sbracatamente orientata sui solo numeri. Un’emittente di tipo privato ha nei numeri, e cioè nella sola raccolta pubblicitaria, la sua ragione sociale d’esistenza. E difatti il riequilibrio voluto, fortissimamente voluto da Pier Silvio per garantire un minimo rispetto del decoro, mal si concilia con l’imperativo assoluto dello share.
Ma se Nuova Via deve essere, che allora sia percorsa sino in fondo: questo, sommessamente, diciamo noi. Se la D’Urso e il suo zuccheroso, dolorante, caciarone Pomeriggio 5 non son più degni, allora foera di ball anche Mario Giordano con le quelle sue trasmissioni urlate in cui la sua voce stridula ci perfora i timpani e le sue scenette in studio ci fanno rimpiangere Drive In. Se gli ospiti pescati da quella vetrina per guardoni che è OnlyFans fa storcere il naso, allora si decreti l’ostracismo perpetuo per quello showman specializzato in attacchi di rabbia convulsa che è Vittorio Sgarbi, che attira, e non può che attirare, il voyeur da stracci in diretta che alberga in ciascuno di noi. Così come, se l’Isola dei Famosi salterà un giro, non si può poi, caro Pier Silvio, tenersi stretta una Temptation Island versione invernale, perché è come voler smettere di sbronzarsi col whisky per inciuccarsi di gin. Ciò detto, nell’impero del Biscione sia lode al Figlio il quale, rispetto al Padre, per lo meno qualche problema di coscienza se lo fa venire. Non sarà proprio Spirito Santo, ma è già qualcosa.