Nel 2000 è andata in onda la prima puntata del Grande Fratello.
Ero piccola, guardavo poca televisione, ma di quel nuovo show che puzzava di avanguardia me ne parlarono tutti. Ricordo pure sommesse conversazioni tra l’insegnante di matematica e quella di educazione fisica mentre pontificavano su un giovanissimo e ruspante Taricone.
Nonostante siano passati ventitré anni, voglio confessare ufficialmente di non essere mai riuscita a guardare più di otto minuti di questo programma.
Ho visto riassunti, la Gialappa’s nei suoi favolosi “Mai dire Gf”, letto trafiletti sui giornali, ma non ho mai visto una puntata intera. Fino a lunedì sera.
Costretta da un’amica depressa per rottura con la fidanzata, ho deciso di assecondare il suo bisogno di tv trash (Gf Vip) e gelato fritto. È stata un’esperienza. Che potevo evitarmi probabilmente, ma è stata comunque un’esperienza. Che mi ha portata a fare una serie di riflessioni, tipo concordare con tutti quelli che urlano che è un programma vecchio e per vecchi. Ma vabbè, c’è anche da dire che questo prodotto non è stato confezionato per gente snob come me. Però un’idea me la sono fatta.
Dopo una visione approfondita di una singola puntata, ho la sensazione che sia un programma diviso in due: da una parte un branco di scalmanati con i quali non riesco a entrare in empatia nemmeno volendo, cacciatori di inquadrature, assatanati di polemiche, starnazzamenti, banalità (Onestin: “Io sono qui per vivere. Non come voi”), gente che vive di rapporti tossici e che purtroppo li sbatte in faccia al pubblico arrivando quasi a normalizzarli.
Dall’altra un minuscolo gruppo, stanco e provato, formato da signore eleganti le cui madri devono aver loro spiegato da piccole come relazionarsi con gli altri, anche nel dissenso. Parlo di Patrizia Rossetti e Wilma Goich, che per battibecchi nati da evidente stress e stanchezza (106 giorni rinchiuse in una casa deve essere provante) hanno discusso di fronte a tutta Italia con garbo e pacatezza. Un blocco quasi rilassante, scandito da una cosa: civiltà. Valore che evidentemente non contagia gli altri. E sarebbe appagante se le varie Nikita, Fiordelisi, Oriana e compagnia ululante, che cercano di vincere questo gioco col coltello tra i denti, aggressività degna di un sabato sera in corso Como e atteggiamenti diffamatori, prendessero spunto da queste signore di altri tempi.
La quota azzurra del programma mi toglie quasi fiducia e affetto nei confronti del genere maschile, più per la mancanza di personalità che altro. A tal proposito vorrei che Belen mi spiegasse (senza livore eh) cosa ci ha trovato in Antonino, dispensatore di egregio divertimento per adulte e triste mietitore di sentimenti altrui.
Fuori dalla casa il parterre degli opinionisti mi lascia perplessa: la Berti sembra, a tratti, quasi a disagio, Pretelli che per farsi riconoscere scrive il suo nome sui cartelli, Soleil mostra i canini avvelenati verso l’ex. La Bruganelli e i suoi tacchi della morte credo siano mancati.
In compenso la Salemi e il suo look da regina siriana mi hanno smosso qualcosa nel basso ventre. Non so bene cosa aggiungere, a parte che: questo show è un enorme inno al “girl power”, mettendo però in luce il lato più tossico possibile delle donne, visto poi che la quota “pudore” della casa è stata ahimè messa alla porta (ovvero sono uscite sia la Patty che la Wilma).