Il vivace botta e risposta fra Paolo Meneguzzi e J-Ax ha fatto emergere alcuni concetti degni di ulteriore investigazione. Al di là di qualche colpo basso che può anche starci (altrimenti, che polemica sarebbe?), i due hanno comunque mostrato (attraverso dichiarazioni nette, ma anche velate allusioni) di conoscere il luogo che abitano, ossia l’immenso e stratificato ambiente della pop music. Quella di ieri, oggi e – lo auguriamo a entrambi – domani. Uno dei tanti guardiani del faro di questo immenso “pop habitat” che attraversa i decenni e le mappe geografiche è stato senza dubbio Claudio Cecchetto. DJ, presentatore televisivo, speaker radiofonico, produttore discografico e straordinario talent scout, Cecchetto ha segnato almeno 20 anni della nostra recente storia pop (gli apici negli anni ’80 e ’90). Fondando, nel 1982, una certa Radio Deejay e assestando, negli anni a seguire, una serie di colpi letali. Su tutti: Jovanotti, 883, Paola & Chiara. Ma ricordiamo anche la meteora Sandy Marton – e ci stiamo limitando all’arena musicale, perché sul fronte radio/tv le sue intuizioni portano i nomi di Linus, Gerry Scotti, Fiorello, Fabio Volo.
Claudio, cosa ne pensi della querelle – peraltro esplosa proprio qui su MOW – fra Paolo Meneguzzi e J-Ax?
Devi snocciolarmi i passaggi chiave perché ho letto qualcosa, ma distrattamente.
In sostanza: Meneguzzi attacca J-Ax dicendo che “Disco paradise” più che una canzone pop è una marchetta. Ax risponde “battezzando” Meneguzzi come un Tiziano Ferro acquistato su Wish. A quel punto Paolo rilancia con un lungo post in cui spiega che, a suo parere, la pop music è una cosa seria, con caratteristiche precise e contenuti, mica uno scherzetto estivo…
Alla fine sono opinioni, dai. Mi spiace se sono scappate parole forti, ma in fondo si tratta solo opinioni diverse. Penso che Paolo Meneguzzi non abbia voluto esplicitamente colpire J-Ax o Fedez. Credo abbia citato “Disco paradise” come simbolo per un tutto. Poi il brano, all’interno della polemica, si è trasformato nel pretesto per un’analisi musicale più ampia, ma non credo ci fosse la chiara volontà di attaccare Ax, che forse ha preso la cosa troppo sul personale. Meneguzzi non è affatto un rissoso.
Qual è la tua idea di pop music? Una pop music longeva, intendiamo.
La pop music che dura, che ti fa sognare, non nasce quasi mai a tavolino. Su questo so che ci sono preconcetti forti in giro, ma è così. Non scrivi una canzone pop perché “vuoi che funzioni”. Scrivi una canzone pop perché credi in quel pezzo, nel sentimento che la genera e poi, in un secondo tempo, ti accorgi che può funzionare. Ma se un brano non piace nemmeno a te che lo stai scrivendo, lascia perdere subito. Non val la pena provare a “scrivere un classico”, non ce la farai mai. Le hit nascono se ci credi, non perché ti sei messo in testa di scriverne una sull’onda, magari, di qualcosa che sta già avendo successo in quel momento. Chiaro, a volte ascolto brani che mi sembrano scritti a tavolino. O che hanno una data di scadenza precisa, fatti per durare fra giugno e settembre. Una volta (e non parlo della mia epoca, vado ancora più indietro) uscivano pezzi memorabili (che paragono ai classici dell’arte), oggi escono più che altro pezzi orecchiabili. Come l’arte moderna, questi tendono a creare una breccia nel mercato per poi, poco dopo, sparire senza lasciare grandi tracce.
Qual è il brano di questa estate che potrà essere ricordato anche tra una decina d’anni?
“Italodisco” dei Kolors ha le carte in regola per superare tranquillamente il 2023. Tra una decina d’anni, quando ancora lo ascolteremo, sarà in grado di stamparci un sorriso di piacere in faccia. È un pezzo fresco, intelligente. E avete notato una cosa? Non è andato al numero uno di botto, ma ha scalato le classifiche settimana dopo settimana. Quando un brano cresce gradualmente fino a conquistare la vetta significa che lassù ci è arrivato guadagnandosi ogni singolo ascoltatore.
Musica pop e musica commerciale sono sinonimi?
Sì, in linea di massima sì. Ma il punto vero resta sempre il solito: se produci musica pop devi produrre musica che ti piace. Personalmente non ho mai prodotto qualcuno che non mi piacesse, che io per primo non avrei voluto ascoltare. Non c’è mai stato sforzo, da parte mia, solo entusiasmo. E ai miei collaboratori che mi dicevano “questo piacerà” ho sempre chiesto: “Ma a te piace?”. Certo, i successi mi hanno fatto poi comprendere che il mio gusto era anche quello di tanti italiani, e questa è stata una benedizione.
Nel suo messaggio J-Ax lancia una provocazione forte e mirata: “Comunque meglio oggi con i dodicenni che fanno binge-streaming che prima con i produttori papponi che decidevano tutto”. La troviamo una provocazione intrigante perché Ax ha attraversato più modelli di business musicale, non ha conosciuto certamente solo quello odierno…
Ax è bravo e molto simpatico. Ed è forte per questo, perché va a scavare, ipotizza… Come in questo caso: ipotizza cose non vere, ma senza dubbio verosimili. Ma va bene così, lui lancia delle punzecchiature che possono essere utili per fare qualche ragionamento.
Quindi, come produttore, non riconosci questo potere di condizionare e manipolare il pubblico?
Quando un produttore ha successo, certamente ha anche potere. Ma attenzione a credere che questo potere possa addirittura dirigere e condizionare il gusto delle persone. Un produttore e le sue canzoni durano finché non arrivano nuove canzoni, di altri produttori e altri artisti, in grado di intercettare il gusto del pubblico. Che è mutevole. Nessuno ha la ricetta eterna. Quando Ax, però, cita il binge-streaming fa bene. Inutile demonizzarlo: cos’è lo streaming compulsivo se non noi che una volta consumavamo i solchi di un vinile o ascoltavamo un nastro mille volte? Gli esseri umani cambiano meno della tecnologia.