C’era una volta l’assioma Italians do it better. Motto stampato pure sulla maglia di Madonna nel video Papa don’t preach. Correva l’anno 1986 e il nostro Paese era considerato a livello globale la culla della cultura, certo, pure della buona cucina. Ma, soprattutto, dell’eros. Ebbene, forse nel corso del tempo ci siamo appoggiati su questa diceria, lasciando vanitosamente che ci definisse nonostante i fatti raccontassero una storia ben diversa. Oggi, il crollo: secondo un recente sondaggio, il 70 % degli italiani (uomini e donne) considera il sesso fondamentale ma confessa di non essere pienamente soddisfatto dalle proprie esperienze personali. In questo scenario costellato di stenti e privazioni, il 13 maggio è approdato su Discovery + Sex Tape Italia, un programma che, per quanto questa non sia la sua tesi di partenza, dimostra una dura (beh, non sempre) verità: siamo diventati degli analfabeti sessuali.
Dopo aver visto la prima delle quattro puntate previste dello show, per ora disponibile solo in streaming, ma anche più semplicemente dando un’occhiata in giro, è difficile dubitarne: sarà stata la pandemia, il costante spettro del precariato, lo smart working che ci ha dato la croce e delizia di vivere h 24 col partner (o soli come un cane), ma la realtà è che oramai della parola sesso sembriamo non essere più in grado di fare nemmeno lo spelling. Figuriamoci tutte le altre cose che finiscono in -ing. Ok, ma di cosa parla Sex Tape?
Sex Tape è un programma sul sesso e già questa ci pare una buona notizia, visto il tabù che ancora oggi il tema rappresenta per la tv nostrana. È quasi matematico: quando Netflix annuncia una nuova stagione di Sex Education, noi, prontissimi, rispondiamo con 4 Don Mattei, di recente sottoforma di Raoul Bova. Ma non è che questi ribalti il banco. Anzi. Tornando a Sex Tape, in ogni puntata da 60 minuti, vediamo tre coppie che si sono rivolte allo show, guidato dalla sessuologa e scrittrice Valeria Randone, perché sotto le lenzuola (o in cucina, o sulla lavatrice) le cose tra loro non funzionano più. L’idea, folle e coraggiosa, del format è quella di piazzare telecamere nascoste nelle case di questi annoiati piccioncini, per filmare i loro incontri amorosi. Incontri amorosi che, nel corso della puntata, vengono mostrati (anche alle altre due coppie) su uno schermo per analizzare insieme tutto ciò che non va. Tra commenti e sghignazzate dei presenti addivanati, intenti a sorseggiare calici di vino come fosse una normale serata tra amici.
Posto che viene da augurarsi che i partecipanti siano comparse scartate dai casting di Forum, le situazioni che questi primi sei sciagurati hanno presentato vanno dall’imbarazzo leggero all’horror purissimo. Andiamo a spiegarci: lei pin up, lui tamarro da discoteca, anzi, con ogni probabilità ex gabber delle giostre di Fiano Romano, si accoppiano senza posa, certo, ma in modo così acrobatico e brutale da far sembrare l’amplesso una sorta di pesante esercizio ginnico. Lui si approccia a lei, che lamenta l’assenza totale di preliminari, dicendole “Viè qua che te infilo la sarsiccia” e, nel corso dell’atto, nemmeno la bacia. Mai. Meraviglioso vederlo domandare alla sessuologa Randone, perché la sua partner non si infoi più di troppo. Abbiamo già detto analfabeti sessuali? Bene, perché il peggio deve ancora venire.
La prima coppia, se non altro, si vuole del bene vicendevole nonostante i reciproci difetti. Le altre due, signore e signori, si detestano. Si veda il caso delle fidanzate omosex: hanno cominciato la loro relazione a distanza, poi scelto di vivere insieme ma solo per fare dietrofront e tornarsene ognuna nella propria regione di appartenenza perché “È meglio vedersi solo nei weekend”. Il risultato è che, a quanto raccontano, una smolla “per sempre” l’altra ogni domenica, salvo poi tornare da lei il venerdì sera successivo. Se già così tira una brutta aria, figuriamoci nell’intimità. Anche se, c’è da dirlo, queste due sono quelle che sfoderano gli amplessi più potenti (pure a livello di volume, manco i delfini). Per quanto l’ “ex gabber” resti lì a domandarsi ad alta voce quando inizi “il sesso vero” tra le due. E ci piace pensare che sia ancora lì a chiederselo, mentre la fidanzata si iscrive di nascosto a Tinder.
Scendiamo ora negli inferi insieme alla terza coppia: lei 29 anni, alla prima relazione stabile dopo una vita decisamente e orgogliosamente libertina. Lui, cinquantaquattrenne attualmente senza lavoro causa postumi pandemia, fa il casalingo e strimpella la chitarra nella casa in cui convivono. La situazione filmata dalle telecamere, sesso orale compreso, è disperante: la ventinovenne lo azzanna alla giugulare per qualsiasi ragione, dalla pasta scotta (che ha comunque cucinato lui) al granello di polvero sulla mensola del salotto. Durante il sesso, la situazione precipita con lei che lo umilia attaccandolo per la durata, i modi, il fatto che non sia più giovanissimo e mandandolo al diavolo senza concludere nulla, anzi, intimandogli di digievolversi in una coppia aperta: “Ma solo io, tanto a te chi vuoi che ti si pigli?”. Lui abbozza, non le risponde mai, perfino in puntata di fronte alla sessuologa si permette di dire soltanto: “Eh, ha un carattere un po’ così. Però la amo”. Mentre tutti i presenti, Randone esclusa, non sanno bene se restare basiti o ridersela di gusto. Quindi, alternano le reazioni. Che qualcuno chiami l’ENPA, per cortesia.
Il quadro che emerge da questa prima puntata è raggelante: affinché il sesso sia “appagante”, tocca trovarsi un minus habens, con rispetto parlando, una sex machine che vede l’eros come mera catena di montaggio. Praticamente, Gardaland. Ma con tutte le giostre da fare in venti minuti. E poi ripartire da capo. Nonostante il fisiologico senso di nausea. L’alternativa, parrebbe essere quella di legarsi a una persona fredda che vede nel distacco la massima espressione di una relazione. Tranne le volte in cui, nei weekend, le sale sulla collottola la voglia mannara di farsi una sgambettata feroce. Sempre meglio della terza casistica, quella in cui ci si ritrova zavorrati da un partner che ci disprezza profondamente ma a cui non riusciamo a rinunciare perché “è fatto così, non lo pensa davvero”.
Umiliazioni continue, privazioni costanti e meno peggio come soggetto sottinteso. Il tutto trasmesso in tv, in pubblica piazza, rari e incasinatissimi amplessi compresi. Italians do it better è solo la leggenda di un tempo lontano. Madonna, don’t preach.