Chi è abituato a leggere quel che scrivo, si tratti di musica o d’altro, avrà forse notato che tendo a non partire mai dall’argomento del giorno, amando prenderla lunga, portare il lettore a spasso e poi, solo poi, toccando il cuore del discorso, spesso dopo aver messo già in campo tutta la gamma di sfumature che il cuore stesso, dal mio punto di vista, richiede. Oggi andrà diversamente, per motivi che non mancherò di spiegare strada facendo, e la parola strada, attenzione, è l’unica concessione a questa mia abitudine di disseminare briciole di pane in terra per arrivare poi alla casa di Marzapane. Sfera Ebbasta è tornato. Sfera Ebbasta è tornato con un nuovo album dal titolo X2VR, chiaro richiamo al suo esordio XDVR, che stava a dire Per DaVveRo. In questo caso il gioco di parole va serenamente a puttane, non che XDVR fosse qualcosa di cui andare particolarmente fieri, parlo di semantica, ma è un po’ come i tizi che si tatuano qualche frase a effetto, solitamente parte dell’immaginario fascista, e lo fanno usando un mix di lettere del nostro alfabeto e di quelle prese apparentemente dall’alfabeto greco, col risultato di scrivere parole che non significano nulla, come spesso in effetti i motti fascisti fanno, comunque, X2VR è il titolo del nuovo album di Sfera Ebbasta, titolo autocitazionista, la certezza di finire dritto in vetta alla classifica di vendita Fimi, e di rimanerci a lungo benzina assai più efficace che il voler assurgere al ruolo di artista destinato a segnare la storia della musica.
Del resto Sfera Ebbasta è, ci dicono proprio i tizi della Fimi, l’artista italiano che ha ricevuto più certificazioni da che le certificazioni passano per mano loro, della Fimi, molte di più, per capirsi, dei vari Vasco Rossi, Zucchero, Jovanotti, Ligabue, Laura Pausini, Eros Ramazzotti e chi più ne ha più ne metta. L’artista italiano più certificato che, si vendessero ancora dischi, sarebbe di conseguenza anche quello più venduto, dando alla parola venduto non un giudizio morale, la morale non è argomento che riguarda l’arte, e stavolta parlo per me che sono un critico musicale, forse anche di Sfera Ebbasta, quanto piuttosto di un giudizio tecnico, per aver ricevuto più certificazione Gionata Boschetti deve aver venduto più di tutti gli altri artisti italiani, e in assenza di qualcosa di fisico da vendere deve aver streammato di più, e il fatto che si dica vendere per gli stream, al pari del fatto che si parli di discografia parlando di streaming, non fa che rendere il discorso sempre più surreale, assai più di decidere di corredare una cartolina dipinta a mano con un francobollo oggetto unico in pelle, come facevano alcuni mail artist. Sfera Ebbasta è tornato e, come si dice in questi casi, non ce n’è per nessuno. Nel senso che nessuno dei suoi ipotetici competitor, stiamo pur sempre parlando di mercato e quindi di prodotti e di chi i prodotti li sforna, nel senso che nessuno dei suoi ipotetici competitor potrà uscirne con le ossa intatte, e nel senso che seppur Sfera passi tutto il tempo a raccontare la strada, sia dal suo punto di vista, quello di uno che se ne è tirato fuori, sia da quello che ancora ci sta impantanato in mezzo, quello che passa, che arriva, è che è di lui e di lui soltanto che sta parlando, di lui che si è smarcato, ha vinto. E ha vinto meritatamente, perché, sorpresa, X2VR, è un lavoro perfetto, se si pensa che la trap sia un genere che merita di essere recensito, dove le produzioni sono tutte di livello internazionale, assolutamente contemporanee, cupe e metropolitane, ma di quella parte della metropoli da dove Sfera arriva, la periferia che in realtà sarebbe provincia, comunque l’hinterland, non del centro, che suppongo è la Milano che ora Sfera frequenta, almeno stando a quel che canta di sé. Cantare. Anche quello è a suo modo perfetto, il suo modo monocorde di rappare, con l’autotune, certo, mai una sbavatura sul flow, mai un sincopato, l’autotune incaricato di far muovere la voce su una linea altrimenti retta, riconoscibile dopo un secondo, certo, parole incomprensibili a orecchio umano non abituato, come certi ultrasuoni udibili solo dai cani, un modo per riprendersi una piazza che del resto è sempre stata sua. La piazza, attenzione, non la strada, piazza che forse il solo Lazza realmente ha provato, in parte riuscendoci, almeno momentaneamente, a sfilargli da sotto i piedi, non a caso uno dei feat in questo lavoro, spolierato per altro dallo stesso autore di Panico, il passaggio a Sanremo assai più potente, sul fronte mainstream, dell’essere stato toccata e fuga giudice a X Factor. Per la cronaca, il brano G63, che vede anche la presenza di Shiva, prima dell’arresto, è uno dei più potenti tra le tracce di X3VR, parlo qui più di musica che di parole. In realtà le tracce sono potenti quasi tutte. Penso a Ciao Bella, titolo infelice, in compagnia di una Anna in gran forma, più che altrove, canzone che appunto di andarsene e emanciparsi, con quella poetica lì, parla. Poi penso a Anche stasera, con Elodie, la frase “non dimenticarti che quando scopiamo ti amo per davvero” massima espressione di una poesia che contrasta col “classico” iniziale “scopiamo tutta la notte, spero il vicino non senta”, citazione della citazione, una idea di amore che passa evidentemente solo dal corpo, ci sta, ma che fatica a trovare immagini che non siano sempre e solo quelle, come se la strada impedisse un approfondimento del lessico, parlo di chi ascolta ma anche di chi dice.
Penso a Momenti no, con Tedua, la reiterazione di andare a trecento all’ora, di fare il cash, una citazione malinconica del padre, che non ha mai visto suo figlio né lui diventare una star, citazione, parlare di ferite con un filtro che toglie le emozioni dalla voce, parlare di una casa che in realtà era una stanza senza tradire frustrazioni, anche a questo serve l’autotune, “qui nessuno perdona chi lo abbandona” frase chiave del brano che vede un Tedua particolarmente in forma a fare il verboso cronista di nera, sempre i medesimi quartieri, le medesime storie a fare da sfondo, a fare la storia, anche lui a raccontare di suo padre, conosciuto a ventinove anni, questo sì tra i migliori di tutto l’album. Non penso invece a Complicato con Paky, che di Momenti no è la versione meno riuscita, ma stiamo sempre parlando di una traccia a suo modo perfetta, sentire Paky che si vanta di scopare sette giorni su sette, di girare con la Bugatti, ti fa venire in voglia di suggerire a tuo figlio di andare a fare un concorso pubblico parlando di posto fisso, come succedeva ai miei tempi, se la realizzazione dei propri sogni debba necessariamente portare a tanta desolazione. Calcolatrici, invece, che vede Sfera in compagnia di Geolier, Simba la Rue e Baby Gang, freschi di pesanti condanne per i fatti di Corso Como, è un brano piuttosto sintomatico di tutto il lavoro. Si parla ovviamente di strada, di emarginazione, di delinquenza, quindi, di periferia, ovviamente, con grande stile, tutti e quattro hanno una poetica molto precisa che è adeguatamente seguita dalla base camaleontica, la totale assenza di giudizio, sempre che non sia un giudizio quello impresso nel brano dalla base, cupissima, mossa, a ognuno il suo, ecco, Calcolatrici è un brano che oggettivamente spacca, ma che veicola tutta una serie di messaggi talmente negativi da lasciare quantomeno spaesati, lungi da me fare il moralista, analizzo dal settimo piano di casa mia, come se non ci sia mai modo di emanciparsi davvero da quel tipo di imprinting, vieni dal “ghetto” e il ghetto da te non lo lavi via neanche con successo e la ricchezza, che diventa a suo modo la sola via per provare a fare pace con una vita difficile, messaggio che probabilmente non ambisce a essere un messaggio, intendiamoci, ma un racconto, ma che finisce per veicolare l’idea che quello a cui si debba guardare è solo questo. Di fronte a tanta scarsa capacità di reale emancipazione, so che è facile dirlo non essendo partito da lì, come se tutto fosse riconoscibile solo attraverso un conto in banca, mi sento come Thasup in 3uphon, con la sua vocina elaborata di fronte alla grevità di Tony Effe, qualcosa di talmente surreale da funzionare. In 15 piani, brano che vede Sfera duettare con Marracash, sì, è vero, X2VR sembra sia una succursale del Marragheddon, pieno di ospiti fighi, Sfera prova a raccontare il suo punto di vista sulla percezione che gli altri, me compreso, hanno di lui: “Ti amano finché sei povero, fai due soldi più di loro non approvano, popolare però non sei più del popolo, solo perché ce l’hai fatta un po’ ti odiano, giuro sono ancora io” per poi aggiungere “ti tengono a terra non voglion vederti volare, elicottero basso sulle vecchie case dell’Aler, quando parli di me ti fai male”, Marracash poi ha innalzare il tiro con la sua vera poesia di strada, un elenco dolente di situazioni marginali che partono dal quindici del titolo, la conclusiva, quasi, barra “quindici in quindici metri quadrati, ma siamo riusciti a salvarci”, con coro di voci bianche, alla Mr Rain a rendere il tutto a suo modo religioso, il “giuro che non tornerò povero come prima”, reiterato in Milano bene a riassumere il tutto, quasi esistesse anche lontanamente questa possibilità per il Re di Cinisello. Cinisello, sì, Cinisello da una parte, la Milano sbagliata, quella che oggi è perfettamente inquadrabile in una generica Milano di Sala, il sindaco cool che fa da endorsment ai Club Dogo, dall’altra. Non vi è dubbio che la Milano del centro sarà anche più figa, ma è decisamente meno interessante della provincia che si fa periferia da cui Sfera è arrivato, forse provare a raccontarla senza continuare a imbastire parallelismi improbabili potrebbe venirgli in soccorso, specie se poi fa brani come Gol, con un feat del solito Guè, dove si parla di money, rolex e ragazze pon pon, di chili, di coca, di collanoni, di ville, insomma, il cliché che neanche scandalizza più.
Ecco, non ho mai dato particolare importanza ai soldi, non perché ne avessi in abbondanza, figuriamoci, sono cresciuto in un quartiere di gente decisamente più ricca di me, la mia famiglia spostata dal quartiere popolare dove viveva nella casa che l’allora prefetto di Macerata aveva lasciato libera e dato al Comune di Ancona per quanti avessero perso la propria dopo il terremoto del 1972, ma semplicemente perché, proprio per non averne mai avuto come gli altri con cui andavo a scuola, coi quali giocavo, mi ero fatto l’idea che fosse altro quello che poteva emanciparmi, farmi uscire dal pantano, e a quello ho sempre continuato a guardare, non ho mai dato particolare importanza ai soldi, ma non sono certo tra quanti “rosicano” se qualcuno ne fa, men che meno se ne fa meritatamente, con la propria arte o il proprio mestiere. Credo però, e lo credo fermamente, che seppur l’arte non possa e non debba essere giudicata col metro della morale, chi se ne frega della morale guardando l’arte, essere monotoni anche nel raccontare storie, prima raccontando di quanto lo si ha lungo e quanto si sia stati bravi a farcela, poi raccontando quanto sia stato duro farcela e sia ancora duro per chi non ce l’ha fatto, svilisce in qualche modo il grande potenziale che un talento, e Sfera Ebbasta di talento ne ha, eccome, potrebbe permettersi. Nel senso, vedere le case dell’Aler dall’elicottero qualcosa dovrebbe indicarci, no? Partisse davvero da lì sopra, come lo Springsteen che fatti i soldi ha iniziato a guardare alla sua villa invece che alle strade polverose del New Jersey, certo inanellando i suoi lavori peggiori, Tunnel of Love, Human Touch e Lucky Town, ma andando poi a riprendere smalto. Detto che le produzioni di Charlie Charles e di Drillionaire sono spettacolari, ripeto, di livello assolutamente internazionale, come lo sono in sé le barre di Sfera e dei suoi ospiti, e che quindi X2VR è un lavoro che sicuramente farà numeri pazzeschi, elevando ulteriormente Sfera Ebbasta al ruolo di campione massimo della discografia italiana, con molto più cash, collanone e elicotteri su cui planare sopra le vecchie case dell’Aler, ascoltando con attenzione tutte le tracce, e pensatemi che di notte ascolto con attenzione tutte le tracce, dopo essermi sorbito quella immane rottura di coglioni di X Factor, resta un’impressione di fondo che non riesco ancora a decifrare, poco gradevole. Cinico Tv, che immagino con il suo bianco e nero e quella povertà e bruttezza ostentata avrebbe fatto orrore allo Sfera Ebbasta che guarda al conto in banca di oggi, quell’empatia provata e raccontata per chi è caduto o ancora non si è riuscito a alzarsi non sempre abbastanza sottolineata per essere del tutto credibile, se l’oro dei suoi denti e delle sue collanone non gli impedisse comunque di vederli, in un ipotetica televisione sintonizzata su una vecchia puntata di Blob, Cinico Tv reiteravano lo slogan “pessimismo e fastidio”. Ecco, temo che la pasoliniana vita di periferia che Sfera prova ancora a raccontare, quella da cui è riuscito a scappare, ma che invece continua a indicare con romanticismo, sia inquadrabile in quello slogan, pessimismo e fastidio. Pessimismo e fastidio che in qualche modo sono in effetti lo zeitgeist di chi in quelle condizioni vive, certo, ma che mal si addice a chi poi si vanta di schiacciare le tipe col tanga, i chili e le auto da trecento all’ora da qualche parte, o roba del genere. Pessimismo e fastidio, pensatemi mentre lo dico con la voce di Thasup e il gioco è fatto. Pers@#m? & fas§°i0.