Miles Davis quando faceva le conferenze stampa per la pubblicazione dei suoi dischi organizzava grandi spaghettate per i giornalisti, si accattivava la stampa essendo, oltre che un grande musicista anche un grande cuoco, e se ne andava al piano di sopra a dormire. La cantante jazz britannica, Sarah Jane Morris è al secondo disco con il quartetto d’archi partenopeo, il Solis String Quartet, e per mantenere la tradizione inaugurata dal grande genio e trombettista afro-americano, i Solis hanno pensato di organizzare presso lo spazio Washington di Milano una bella calamarata con pesce di Sorrento e mozzarelle direttamente da Portici per l’ascolto del disco e per la conferenza stampa prima di esibirsi al Teatro Menotti. Una manovra a tenaglia nei confronti della stampa dalla quale i giornalisti affamati difficilmente si sono potuti divincolare. Ad ogni modo il Solis String Quartet non è soltanto un quartetto di grandi chef, ma di grandi arrangiatori ed esecutori. Vincenzo Di Donna e Luigi De Maio al violino, Antonio di Francia al violoncello e Gerardo Morrone alla viola suonano insieme dai tempi del conservatorio a Napoli e portano in loro tutta la sapienza ritmica del Mediterraneo. È forse proprio il grande groove che è riuscito a sedurre prima Sarah Jane Morris e il pubblico europeo poi, declinando in chiave pop-jazz melodie e armonie provenienti dalla musica classica. Il nuovo disco “Forever Young”, registrato in presa diretta negli studi di Irma Records è un omaggio al club dei ventisette e a quegli artisti che Dio solo sa quanti altri classici avrebbero potuto produrre se non fossero morti così giovani. Uno di questi artisti è Otis Redding, che per Sarah Jane Morris ha avuto un’importanza così grande da portarla a dare il nome del grande artista a suo figlio. E poi Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Amy Winehouse, tutte leggende della musica morti così giovani.
E la cosa interessante di questo disco è proprio il ritmo, il vero protagonista che restituisce vita nuova ai pezzi dei poeti maledetti. Sarah Jane Morris, Southampton nel 1959, cresciuta in una famiglia numerosa e rumorosa, ha iniziato a cantare nei club londinesi negli anni ottanta, alternando il soul e il teatro di strada, la protesta politica e i cori gospel ed è stata proprio lei a scegliere la lista dei brani per creare il disco perfetto per il suo stile. Prima con i Republic e poi con i Communards ha trovato la sua voce profonda, roca, capace di unire rabbia e sensualità in un unico respiro. Da lì, una carriera solista che l’ha portata ovunque, dal jazz al blues, dal teatro alla world music, fino alle collaborazioni con Mario Biondi e, appunto, con i Solis String Quartet, che lei chiama affettuosamente “i miei fratelli italiani”. Il legame con Napoli nasce da un’affinità istintiva. Il Solis String Quartet, fondato nel 1991, è uno di quei gruppi che non si limitano a suonare, ma sanno raccontare pizzicando le corde del proprio strumento. Hanno attraversato tutti i generi, dalla classica al jazz, dalla canzone d’autore alla musica mediterranea, con una naturalezza che ricorda le improvvisazioni di una chiacchierata tra amici. Hanno collaborato con Noa, Baglioni, Elisa, Dulce Pontes, e in ogni progetto si portano dietro una scrittura che unisce la precisione accademica alla libertà del sud Italia. Con Sarah Jane Morris, il sodalizio si è consolidato negli anni, fino a diventare un dialogo di corpi e di suoni, una conversazione che continua a reinventarsi ad ogni disco. “Forever Young”, che uscirà venerdì 17 ottobre per Irma Records, è solo l’ultimo capitolo di questa storia. Un tributo al club dei 27 che non si limita alla nostalgia, ma tenta di restituire vita, ritmo e dignità ai grandi brani della storia del rock e del r&b. E Sarah, che in ogni concerto racconta Otis Redding come fosse un parente, confessa che tra i prossimi progetti potrebbe esserci un omaggio ai Led Zeppelin, rivisitati in chiave orchestrale.
