“Il problema di Milano è la svolta a sinistra”. Partiamo da qui. Da una frase che potrebbe dar adito ai tanti che in queste ore stanno cagando il cazzo a MOW di continuare a cagare il cazzo, l’accusa di clickbating praticata da chi si limita a leggere il titolo e forse la prima riga di un testo. Siamo su un pullman della Zani Viaggi, io per altro sono seduto di fianco al collega Simone Zani, come in un loop, e siamo diretti in quelli che Marc Augé, inventore del concetto, non potrebbe definire “non luoghi”, e non solo perché nel mentre è morto. Il pullman in questione, infatti, è diretto verso Pavia, con precisione verso le due discoteche, le famose due discoteche e centosei farmacie, dove un giovane Max Pezzali ha incontrato la musica dance, in qualche modo finendone influenzato. La zona, ci spiegherà una volta arrivati in loco, è quella di Ponte Vecchio, che come una ottima guida turistica ci spiegherà non essere poi così vecchio, ricostruito dopo che era stato buttato giù dai bombardamenti nella seconda guerra mondiale, proprio di fronte a Strada Nuova, vado a memoria, prova provata che a Pavia hanno scarsa fantasia nella toponomastica. Ma ci arriveremo solo dopo un primo viaggio Milano-Pavia, la partenza è infatti da Piazza Repubblica, dove ha sede la Warner, sua casa discografica. In realtà, piccola deviazione sul percorso, percorso che tecnicamente non è ancora iniziato, non siamo mica partiti, avevo capito che oggi ci sarebbe stata una conferenza stampa, il messaggio di convocazione questo lasciava pensare. Certo, incontrarsi alle dieci per una conferenza, nel mondo della musica, è inconsueto, come è inconsueto fare una conferenza senza sapere di cosa si andrà a parlare, ma una sorpresa è una sorpresa, mai star lì a sottilizzare. Che non si trattasse di una conferenza, ma di una gita l’ho scoperto mentre andavo a piedi verso il punto dell’appuntamento, incontrando un collega che, a mia precisa affermazione, “sto andando in Warner per Max”, ha risposto, “ah, fai la gita in pullman con lui”, aprendomi a un interrogativo che ha trovato risposta solo una volta arrivato lì. Max, infatti, già presente e parlante, mi ha subito lasciato intendere che saremmo andati verso Pavia, col suo dire che la gita ci avrebbe portato in posti per lui evocativi. Chiunque conosca anche sommariamente la sua discografia sa come il baricentro della sua poetica si muova lì. Stavolta, questo ha cominciato a raccontarci mentre il pullman partiva, affrontando il traffico milanese, oggetto del suo racconto sarebbero state le Discoteche abbandonate, titolo del suo nuovo singolo. In piedi sul corridoio, il pullman è pieno di giornalisti, Max ha iniziato a raccontare come a ispirarlo sia stato un libro, DiscoMute, che raccoglie fotografie di discoteche, appunto, ormai in disuso. La cosa l’ha colpito, facendo lui parte di quella generazione che in discoteca non solo ci è andato, quando lo lasciavano entrare, ma in qualche modo ha scoperto mondi non solo musicali. Di qui l’idea di celebrarle, celebrando così anche le figure dei dj, il brano è dedicato a Claudio Coccoluto, andando a scrivere un pezzo con suoni dance anni Novanta, certo, seppur decisamente più rallentati.
Prima di partire, questo non è esattamente un reportage, anche i più distratti lo avranno notato, Max mi racconta di come, anche amando per certi versi Milano, non riuscirebbe mai a viverci. Tema che poi affronteremo anche nel viaggio di ritorno, prima di partire con un gigantesco karaoke (karaoke che mi vedrà nelle vesti di spettatore, parafrasando il buon Norman Mailer, i duri non cantano, nel mio caso, coerentemente con lo scrittore americano, neanche ballano). Il fatto è che questa gentrificazione che sta portando i prezzi a gonfiarsi a dismisura, il tutto a partire non a un aumento di servizi, semmai a una bolla edilizia che semmai crea disservizi, perché la gente si sposta verso fuori, finendo poi per intasare il traffico quando c’è da arrivare in città, lo trova, e mi trova, perplesso. Anche perché lui, Max, è sempre vissuto a Pavia, quasi sempre, città che di Milano è in qualche modo vicina stretta, anzi, che proprio quella vicinanza con Milano ha a lungo sofferto, una provincia che è rimasta provincia nel bene, certo, ma anche nel male. Tornando alle discoteche abbandonate, e a Discoteche abbandonate, Max, in viaggio, ci racconta, stavolta non sta parlando solo con me e con Max Brigante, uno dei suoi due nuovi manager, l’altro è Jacopo Pesce, di cui eviterò per amicizia con Max di pronunciare pubblicamente il soprannome, bella Jacopo, sta parlando con tutto il pullman, tornando alle discoteche abbandonate e a Discoteche abbandonate, Max sottolinea come quei luoghi, a lungo avversati dall’opinione pubblica, al punto da essere finiti un po’ in malora, in alcuni casi sostituiti, a livello di massa, proprio dai megaconcerti, più sicuri e più corali delle discoteche, Max sottolinea come quei luoghi siano stati davvero luoghi di sperimentazione e scoperta, nelle due discoteche di Pavia, quelle appunto contrapposte alle centosei farmacie in Con un deca, Max ha scoperto non solo la dance, e un mondo altro rispetto a quello ristretto che conosceva e frequentava, ma anche influenze che arrivavano da fuori, siamo negli anni Ottanta, nei primissimi Novanta, per dire il mondo degli spettacoli delle Drag Queen. Al ritorno, in pullman, stavolta parlando con me, citerà il sociologo Florida, il quale, parlando di Miami, vedi tu il caso, ha sottolineato come l’incusività e l’apertura a comunità solitamente emarginate, come quella LGBTQ+ è provato che porti a un innalzamento del benessere di una zona, perché porta cultura, intrattenimento, inclusione, convivenza. Da qui a parlare del culo di Nadia Cassini sarà un attimo, partendo dal sacchetto che la Warner di ha messo a disposizione, siamo in gita e la merenda è dentro un sacchetto di carta, Buondì Motta, BigbBabol, succo di frutta e Goleador, le BigBabol a portarci a parlare di Daniela Goggi, sorella di Loretta, idolo teen dell’epoca, decisamente più sexy della più nota sorella, io a citare Nadia Cassini, aprendo un vero e proprio discorso a parte, discorso che ovviamente ruotava intorno al suo culo spaziale, per quello era divenuta molto famosa, e che si è chiuso con una reciproca domanda, irrisolta, su che fine avesse fatto. Del resto, prima di partire, sempre parlando a due, ci eravamo soffermati a parlare della Gen Z, poi ne parlerà a tutti anche in pullman, dicendo come sia una generazione che, forse a causa del Covid, in parte a causa dei social, ha una certa difficoltà alla socialità in fisico, preferendo a volte quella virtuale. Io parlavo dei miei quattro figli, lui del suo, nel mio caso tre su quattro ancora adolescenti, nel suo un figlio quasi sedicienne, proprio in quella fase lì. Abbiamo parlato della difficoltà, a volte di approcciare chi sta loro vicino, magari interagendo maggiormente con chi vive lontano, un passaggio a Foligno, vai poi a sapere perché, l’ombelico del mondo, a rendere in maniera plastica il tutto. Abbiamo, non poteva che essere così, conto molto sul fatto che i nostri figli non leggano quel che scrivo, un riferimento all’approccio all’altro sesso, che Max abbia incarnato per molti il ruolo di quello che veniva in gioventù rimbalzato è noto, nel mio caso fidatevi sulla parola, l’avessero già scritta a quattordici anni avrei cantato a squarciagola Fossi figo degli Elio e le storie tese (per altro nello stesso album Max cantava con Rocco Tanica Shpalman). Il discorso, confesso di aver guidato io le danze, ha poi toccato en passant le figure di Clara, prima, e della comune amica Paola Iezzi poi, entrambe miracolosamente, ma se ce le avete presente fisicamente neanche troppo, di risvegliare i giovani della Gen Z, i giovani delle nostre rispettive famiglie, da un certo torpore. Viva Clara e viva Paola, allora. La Gen Z, dicevo, Max avrà modo di specificare, interrogato non ricordo da chi, a parte il mio vicino di sedile, Simone Zani, ricordo solo un incredibilmente non in prima fila Paolo Giordano, immagino che ora sia in terapia per riprendersi dallo shock, Max avrà modo di specificare, dicevo, come dalla Gen Z sia assolutamente incuriosito, proprio per provare a capire cosa andrà a vivere come padre di un quasi sedicenne, ma andrà anche a parlare di coloro che di quella generazione sono in qualche modo i cantori, e della sua esperienza gli eredi, anche se lui tenderà generosamente e modestamente a sminuire la cosa, i Pinguini Tattici Nucleari. La stessa capacità di raccontare storie normali di gente normale, e la stessa voglia di essere leggeri e di far divertire ai concerti, leggi alla voce 883 e Max Pezzali, appunto.
Arrivati a Pavia, perché a un certo punto arriveremo a Pavia, ecco Max a farci da guida, lì, di fianco al Ponte Vecchio, la statua alla lavandaia, là, oltre il ponte, la prima zona pedonale in Italia, intuizione negli anni settanta del sindaco Veltri. Dopo aver stazionato circa mezzora alla fine del ponte, dove i semafori per i pedoni sono sempre rossi, salvo scattare tutti sul verde contemporaneamente, eccoci guidati prima verso il Dockin’, prima discoteca, più ricettacolo di paninari, qui si poteva entrare solo con la giacca, dirà, sai quante volte mi hanno rimbalzato, e per altro rimbalzato dei buttafuori che erano solo delle persone grosse, magari gente che di giorno lavorava in Comune e la sera qui. Idem era per le cubiste, e di lì a poco saremo infatti davanti all’altra discoteca, la celebrata Celebrità, quella della La regina del Celebrità, non una professionista, quanto piuttosto una bella donna, più grande di Max e dei suoi coetanei, lì a ballare sui tavoli per il gusto di attirare attenzione. Premessa la faccenda curiosa che entrambe le discoteche in questione, ormai chiuse da tempo, stavano nei sottoscala di due palazzi con appartamenti, per altro in pieno centro, a due passi si trova la cattedrale di Pavia, l’università, e anche la basilica di San Michele, che poi Max ci farà vedere, specificando, da vero pavese orgoglioso, come sia uno dei più eccellenti esempi di romanico del nostro paese, purtroppo cadente perché costruito in arenile, ecco premesso ciò, va specificato come, nel vicolo in pavè che un tempo ospitava il Celebrità, oggi un garage utile in queste vie così strette e con pochi posti auto del centro, incontreremo, questo ho ipotizzato con Max, proprio la regina del Celebrità da lui stesso cantata. Infatti a un certo punto arriverà, a bordo di una utilitaria, una anziana signora con i capelli cotonati stile Wilma De Angelis. Una immagine che indurrà entrambi all’impotenza a vita, immagino. Fatta la tara con la malinconia del rivedere luoghi nei quali si è in qualche modo conosciuta una vita altra rispetto alla nostra, io personalmente non ho mai messo piede in discoteca, non per spocchia, ma perché detesto ballare, mi fa cagare la musica dance e soprattutto non c’erano discoteche che da giovane avei potuto raggiungere con la Vespa 125 primavera, unico mezzo di locomozione a mia disposizione fino ai venti anni, quel che rimane di questa gita è un Max Pezzali vulcanico, lì a spiegarci come il prossimo tour negli stadi sarà assai diverso dal precedente, come struttura della scaletta, e anche come arrangiamenti. Discoteche abbandonate, per la cronaca, è prodotta da Michele Canova, nata da una session di scrittura, lui e Max hanno già lavorato insieme ai tempi di Time Out, e essendo entrambi nerd sono sempre rimasti in contatto per parlare di robe tecnologiche, e non è l’anticipazione di un album, perché Max, che di canzoni ne ha scritte parecchie, ritiene che oggi per lui abbia senso pubblicare qualcosa solo se offre un punto di vista che solo lui può avere, quelle discoteche, per dire, è frutto del suo essere stato giovane in quegli anni lì. A un certo punto, e non poteva che essere così, dopo essere risaliti sul pullman, dopo che Max ha fatto foto con praticamente chiunque glielo abbia chiesto, di noi sul pullman, certo, ma anche di gente per strada, parte il karaoke, già l’ho detto. Simone Zani, al mio fianco, scatenato come non mai. Quindi ecco La dura legge del gol, Nessun rimorso, Gli anni, Canzone d’amore, vado a memoria. A proposti di Nessun rimorso, per dire, Max ci racconterà come quella strana batteria l’ha ai tempi campionata da una audiocassetta che aveva vinto in discoteca, dove il dj Moreno Rossi, geometra nella vita di tutti i giorni, l’aveva prevista per chi avesse indovinato un quiz fatto in discoteca. In quella cassetta c’erano diversi brani, compreso quello con quella batteria, brano che lui aveva campionato da lì, senza mai andarla a sostituire con una batteria vera. Roba che se lo avesse scoperto il titolare del brano, immagino, avrebbe chiesto diritti o il ritiro del brano, ma parliamo ormai di una vita fa. Su Canzone d’amore, invece, Max ci racconterà come un giorno è stata eseguita all’ippodromo da una band metal scandinava, fatto che gli è stato segnalato da qualche fan. Un concerto metal dove un cantante, tale Tommy Johansen o qualcosa del genere, di colpo lo evoca e parte con una cover. Cover che poi ci ha fatto sentire, mentre il pullman stava arrivando a Piazza Repubblica, puro metal scandinavo con acuti altissimi, synth sinfonici e assolti alla Malmsteen di chitarra.
Avrei potuto raccontare tante altre cose, come quando io e lui ci siamo messi a parlare degli anni Settanta, entrambi bambini in una provincia che però era ugualmente in balìa della paranoia da terrorismo, entrambi ricordiamo quando le nostre mamme ci sono venute a prendere il giorno in cui hanno rapito Aldo Moro. Avrei quindi potuto dire di quando abbiamo parlato ancora di Milano, di come la svolta green che sta vivendo sia in realtà impraticabile, provate voi a cambiare tutte le auto con auto elettriche, poi vediamo dove le ricaricate, e ancora di gentrificazione, mie stoccate agli Ortica Noodles che coi loro murales stanno contribuendo a far cacciare i legittimi proprietari dalle loro abitazioni, i quartieri bonificati troppo cari per le loro tasche, molto apprezzate dai due Max, Pezzali e Brigante, così come certe considerazioni su come i maranza abbiano reso certi luoghi assai centrali poco frequentabili, queste esternazioni più di Max, Pezzali, che mie, vivendoci a Milano, i maranza fanno parte del panorama. O di quando ci siamo intrattenuti a parlare di come sia sempre stato impossibile mangiare il Buondì senza bere, Max sostiene che a Pavia c’era una sorta di challenge in voga quando le challenge non si chiamavano challenge e si facevano in presenza, se riuscivi a mangiare un Buondì mentre facevi dieci passi eri una sorta di eroe, al punto che mentre faceva karaoke, abbiamo ipotizzato che se qualcuno, mangiato un Buondì, sarebbe riuscito a cantare una canzone avrebbe avuto il compito di aprire tutte le date del suo tour, a Max piace vincere facile. Avrei potuto raccontare tutto questo, ma il fatto che io abbia tirato fuori dal sacchetto della merenda da viaggio le BigBabol e che ora sia letteralmente stordito da quel caratteristico profumo di frutta fresca me lo ha impedito, scusatemi, se potete. Nei fatti resta che Max ha tirato fuori una altra grande canzone, Discoteche abbandonate, roba che se la sente Simon Reynolds se ne innamora, canzone che uscirà solo in radio o su Youtube, con un video che riporta frasi di alcuni dei più grandi dj italiani, l’idea di non essere inizialmente sulle piattaforme di streaming non ha nulla di ideologico, ahinoi, quanto piuttosto un gusto vintage di quando le canzoni partivano appunto dalle rotazioni radiofoniche. Discoteche abbandonate, per altro, sarà anche un comic book, il secondo della serie che vede Max affiancato da Roberto Recchioni (il primo numero è andato sold out al momento del lancio al Lucca Comics dell’anno scorso). Resta che nonostante mi sia molto divertito a passare i viaggi di andata e ritorno di fianco a Max, e Max, da una parte, e Simone Zani, dall’altra, so bene che è stato solo un momento, una di quelle porte temporali che si aprono per qualche istante e ti proiettano in un altro mondo, perché dalla prossima volta, che suppongo capiterà tra qualche mese, lungi da me frequentare troppo a lungo conferenze stampa o altro, in prima fila ci tornerà uno di quelli che ne ha diritto per blasone, come il Paolo Giordano che al momento starà ricostruendo la propria identità martoriata dal sedere tra la plebe grazie alle cure di qualche specialista. E resta che nessuno di noi sa che fine abbia fatto Nadia Cassini, con quel culo che illuminava tutto come una palla stroboscopica in discoteca, roba degna della Regina del Celebrità.
P.S. Il problema di Milano riguardo la svolta a sinistra nulla ha a che vedere con la politica, ovviamente, si parlava proprio di rotatorie, mica per caso Max mi ha citato la battuta di Woody Allen, che diceva che Los Angeles ha dato come unico contributo alla civilizzazione la costante possibilità di girare a sinistra nelle rotatorie e nelle strade. Salutiamo quanti ci accuseranno comunque di clickbaiting, siete delle sagome, e soprattutto avete capito proprio tutto di come funziona la comunicazione oggi. Daje.