Viene dalla periferia romana, Marco Giallini. Il padre lavorava in una fornace e ci arrivava in moto. Una MV Agusta, poi una Benelli Leoncino, altri modelli storici. È la passione di chi vive libero, ma anche la necessità di chi non può permettersi l’automobile nell’Italia degli anni Sessanta.
“A 12 anni già impennavo tutto quello che aveva due ruote” Ha raccontato a suo tempo a Riders l’attore romano. Inizio classico, con un Caballero 50 della Fantic Motor, per poi cambiarne sei o sette fino ad arrivare alle tre moto che ha oggi in garage. Una Bobber su base Triumph Scrambler, una Triumph Speed Triple del 2003 ed una Buell, la perfetta sintesi in metallo su ruote della generosa cafonaggine romanesca.
Ama i piloti, Giallini, e da bambino sognava di diventare come loro. Joey Dunlop, Barry Sheene, Marco Lucchinelli: miti sregolati del motociclismo, con la sigaretta in bocca e la mano pesante quando era il momento di dare il gas. Una passione che, come spesso accade, tanto gli ha dato e altrettanto ha voluto indietro: "È novembre e sto guidando la mia moto - ha raccontato in un’intervista a Vanity Fair - La macchina che mi precede sfiora il paraurti di un camion e si ribalta. Provo a evitarla e mentre stringo le dita sul freno, due secondi prima dell’impatto, capisco che sto morendo. Per cui quando sei più di là che di qua rivedi tutta la tua vita passare in un istante. Una volta riaperti gli occhi con il casco sulla testa il palato, il bacino, il coccige in mille pezzi e più di cinquanta fratture in tutto il corpo. Fosse tutto simile a un sogno, come succede solo al cinema. Recuperando in tre mesi quando secondo i medici avrei dovuto metterci almeno un anno. Sul set di Romanzo Criminale ero pieno di antidolorifici e mi reggevo in piedi a stento. Avevo un corpo martoriato e ogni tanto, tra gambe, polso e braccia, mi si addormenta ancora tutto. La chiamano parestesia, ma ci vivo bene. Così bene che non ne potrei quasi fare a meno. Avete presente quando si è troppo felici e si ha paura che quella felicità finisca? Quello che mi è successo in fondo mi riporta alla mia natura: stare sempre all’erta. Se ti distrai, è finita. Se fossi stato un miracolato l’incidente non l’avrei fatto, avrei scartato di lato e sarei caduto come il bufalo cantato dal mio amico De Gregori. Questa storia per prima cosa mi ha insegnato che poteva succedere anche a me. Che non ero immortale e non ero neanche Dio. Io sono intelligente. Se sei intelligente non puoi pensare di morire. Per terra, la notte dell’incidente mi dissi: “Cazzo, qui si mette male”, e poi, una volta superato il pericolo che il cuore, con tutte quelle emorragie interne, non reggesse, mi dissi un’altra cosa... Che, anche se sfortunatamente non ero io, Dio doveva esistere per forza...".
Sembrerà retorica, ma pazienza: quell’incidente in moto gli ha aperto le porte delle Serie TV prima e del grande schermo poi, perché citando Jerry Maguire “È così che si diventa grandi, amico, con le palle appese ad un filo”. Dopo l’incidente è arrivato il successo, quello dei cinema e dei premi ai festival, alimentato anche da lungometraggi come “ACAB - All Cops Are Bastards”, “Io Loro e Lara” e “Perfetti Sconosciuti”. Ma anche, tra gli altri, i film “Posti in piedi in paradiso”di Carlo Verdone e “Tutta colpa di Freud” di Paolo Genovese.
Ecco perché, anche per chi non è un grande amante della televisione, è un buon momento per rispolverare il telecomando. In prima serata su Rai3, Marco Giallini e Giorgio Panariello conducono “Lui è peggio di me”, in onda dall’11 febbraio alle 21.20 per quattro settimane. Nella puntata di stasera saranno ospiti Serena Dandini, Luca e Paolo, Marracash, Kasia Smutniak, Antonello Venditti, Francesco De Gregori, Paola Turci, Piero Dorfles, Marco Travaglio, Filippo La Mantia ed Edoardo Leo.
E a raccontarli c'è un motociclista.