“La Divina Commedia” è un progetto che Tedua aveva annunciato già nel 2020, per poi vedere luce solo lo scorso anno con l’uscita della prima parte dell’opera dedicata all’Inferno. A quasi un anno di distanza, venerdì 24 maggio, è stato riedito l’album nella versione Deluxe, secondo una prassi pressoché condivisa da tutti i rapper di aggiungere nuovi brani inediti a un disco già pubblicato, in questo caso sette canzoni incentrate sul Paradiso. L’aspettativa enorme, per non dire ingombrante, che Tedua aveva generato nella fanbase già solo dichiarando la sua intenzione di celebrare il poema dantesco, in quello che avrebbe dovuto essere il suo disco più maturo, ne ha in qualche modo compromesso la fruizione. Tra gli appassionati più incalliti del rap e quindi anche di Tedua, c’è l’abitudine comune di ritrovarsi sulle piazze virtuali per commentare e scambiarsi i pareri su ogni novità discografica afferente al genere. Oltre a Instagram, le community più accanite si trovano su Facebook, dove su gruppi spesso privati con accesso su richiesta, si possono trovare mimetizzati tra gli estimatori più puristi gli stessi rapper, che talvolta intervengono da dietro i loro profili fintamente fake.
L’accusa principale all’alba della nuova uscita è quella di essere diventato troppo commerciale e pop, perdendo lo smalto di artista di strada, fattosi largo a forza di rime poetiche e flow rallentati. C’è poi chi lo rimprovera di non essere stato capace di onorare un concept letterario con le adeguate citazioni dai canti di Dante. Fra una critica e l’altra qualcuno prova a mettere in discussione i propri gusti e a comprendere le esigenze di sperimentazione di un artista in divenire come Tedua, che comunque resta molto attento a mantenere salda la propria identità. Uscire dalla zona di comfort è sempre rischioso e anche nel Paradiso alcuni tentativi sono più riusciti di altri ma in ogni caso c’è l’ambizione di ampliare la palette di mezzi musicali e linguistici a disposizione per le creazioni future. Mario, questo il suo vero nome, non ha mai nascosto la volontà di elevare la sua posizione culturale e artistica senza negare il suo punto di partenza, “non sono un classicista, ho fatto l’alberghiero”. Per questo il richiamo alla Divina Commedia non è tanto una rilettura moderna dell’opera quanto un’investitura aulica di un talento che è cresciuto dal basso. Come Dante, anche Tedua ha compiuto un percorso iniziatico che dalla perdizione l’ha portato alla conoscenza arrivando in Paradiso, (“È un viaggio verso la consapevolezza Che è il metro di misura della coscienza”, canta nell’Intro).
Qui trovano spazio le donne, dalle collaborazioni con Annalisa e Angelina Mango, ai racconti sulla sua Beatrice, che resta irraggiungibile e sulla mamma e la nonna, presenze femminili costanti della sua vita. L’immagine del Paradiso che viene fuori non è quella di un luogo idilliaco di perfezione e felicità, quanto l’idea di una pace concreta, intesa come tregua dall’inquietudine. In questo Eden ritroviamo anche gli amici di sempre, Disme, Bresh, Izi e Vaz Tè, che lo hanno accompagnato dagli inizi, crescendo insieme nel lavoro e nella vita e creando una vera e propria corrente artistica oltre che un circolo di sodali. Con l’ascensione al Paradiso Tedua ha segnato un punto di svolta nella propria carriera, adesso è definitivamente entrato nel mercato mainstream proprio come aveva previsto con questo album, aprendosi a un pubblico che non è più intento a cercare rimandi e citazioni a una cultura come codici d’accesso per la nicchia dell’Hip-Hop.