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La trama del nuovo fumetto autobiografico di Zerocalcare? “Ho fatto una cosa terribile, così brutta che ho preferito passare per spia invece di…”

  • di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

  • Foto di: ANSA

15 settembre 2025

La trama del nuovo fumetto autobiografico di Zerocalcare? “Ho fatto una cosa terribile, così brutta che ho preferito passare per spia invece di…”
Zerocalcare ha un progetto segreto: una storia vera mai raccontata, troppo dura anche per lui. L’ha accennata a De Core Podcast, e potrebbe diventare un fumetto o una serie. Come sempre, con la sua voce unica. E noi siamo già Team Michele Rech

Foto di: ANSA

di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

Di solito quando si dice “ho un progetto nel cassetto” è un modo figo per dire “non so bene che farci, ma mi piace l’idea di tenerlo lì”. Se lo dice Zerocalcare, invece, è tutta un’altra storia. Anche perché il suo cassetto, lo ha raccontato ospite a De Core Podcast, è chiuso da trent’anni. E dentro non c’è un’idea, c’è una colpa. Il fumettista romano, che nei suoi lavori mette a nudo traumi e paradossi personali con una leggerezza chirurgica, stavolta ha ammesso che c’è qualcosa che ancora non è riuscito a disegnare. Né a dire. Una storia talmente grossa da essere diventata fantasma. «C’è una storia segreta, nel senso che dentro il secondo libro che ho fatto, che si chiama Un polpo alla gola, e questo “polpo alla gola” che è la rappresentazione del senso di colpa. Nel libro si vedono i bambini: i protagonisti hanno otto anni, e il senso di colpa del mio personaggio è di aver fatto la spia su una cosa che ha fatto l’amichetta Sara. È vero che io mi sono portato questo senso di colpa da una vicenda vera, ma non è di aver fatto la spia: è una cosa molto più terribile, che io non ho mai avuto il coraggio di raccontare. Talmente terribile che preferisco passare per spia piuttosto che raccontare quella cosa.» Ecco, questo è il punto. Zerocalcare non ha bisogno di effetti speciali per arrivare alla gola. Non si inventa nulla. Non si costruisce addosso il personaggio, non recita l'autenticità. La vive. E la trasforma in una narrazione che è insieme confessione e presa bene collettiva. La mette a disposizione, ma solo quando è pronto. Sia chiaro.

Zerocalcare
Michele Rech, Zerocalcare

«Quella è una cosa di cui, prima o poi, vorrei avere il coraggio di parlare apertamente e raccontarla.» Lo dice con quella sincerità che non chiede sconti. Senza cercare pietà o hype. Senza farci sopra nemmeno un post. Solo mettendo lì la frase, come se stesse parlando con un amico. Che è poi il suo modo di stare al mondo. Alla domanda se potrà diventare un nuovo fumetto, o magari una serie, lui resta vago. Ma apre uno spiraglio: «Boh, in un fumetto, in un film, in una serie… Diciamo che con l’animazione in realtà ci puoi fare tutto: ci puoi fare delle pilloline, ci puoi fare delle puntate, ci puoi fare dei film. Non ho un’idea precisa, però quella è una cosa che mi rimane proprio qua da sempre, da quando ho otto anni.» Il punto, forse, è tutto qui: Zerocalcare non ha bisogno di travestirsi da genio tormentato o da artista visionario. Non ha nemmeno bisogno di dire tutto. Basta il modo in cui lo fa. Quello stile che, chi scrive, ama da sempre, e non per moda. Perché è impossibile non riconoscersi almeno un po’ in quel modo tutto suo di tenere insieme rabbia, risate e ferite. Il suo prossimo lavoro, che sia libro, film o fumetto, non vediamo l’ora di leggerlo. O di guardarlo. Ma soprattutto di capirlo. Perché se c’è una cosa che fa Zerocalcare, sempre, è questa: raccontare una storia personale che alla fine è anche un po’ nostra.

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