Com’è possibile che, a fronte di un’incidenza percentualmente esigua sulla popolazione, il tema “transgender” sia divenuto centrale (o comunque rilevante) nel dibattito pubblico, mediatico e legislativo? La Verità ha provato a darsi risposta, e l’ha fatto imboccando la classica strada del “follow the money”, ossia cercando i finanziatori della causa.
Stonewall
La prima organizzazione a compiere un massiccio investimento sulla promozione delle istanze trans sarebbe stata la britannica Stonewall, una delle più grandi in Europa, che avrebbe criticato pubblicamente la Commissione per l’uguaglianza e i diritti umani (Ehrc) d’oltremanica per il suo presunto scarso impegno sui diritti transgender. Stonewall ha un programma chiamato “Diversity champions”, campioni di diversità: “Attualmente – scrive Francesco Borgonovo sulla Verità – del programma «Diversity champions» fanno parte circa 850 aziende e istituzioni: Stonewall (dietro pagamento di una quota) offre loro consigli su come «gestire le diversità», poi emette una sorta di bollino arcobaleno. Iniziative come queste hanno contribuito a creare un patrimonio di circa 8 milioni di sterline. L’associazione britannica, che dalla nascita nel 1989 si è occupata per lo più di gay e lesbiche, ha iniziato a spingere sui temi trans dopo il 2013, cioè l’anno in cui nel Regno Unito sono state approvate le unioni omosessuali. Come ha scritto Jo Bartosch su Spiked, «quando Ruth Hunt è stata nominata Ceo di Stonewall nel 2014, si è trovata a capo di un ente di beneficenza ricco di personale e denaro ma improvvisamente privo di una causa. Hunt ha trovato la nuova causa – e i donatori – grazie alla «lotta» per i diritti dei trans”. Per Borgonovo ecco dunque una prima risposta al quesito iniziale: “La causa trans crea nuovi spazi per associazioni Lgbt molto influenti che rischiavano di esaurire, almeno in parte, la propria funzione. Queste associazioni, sostenute pure da soldi pubblici (come nel caso della britannica Mermaids che si occupa di ragazzini con varianza di genere), hanno conquistato negli anni un forte peso mediatico e politico, e lo sfruttano con furbizia e un pizzico di cinismo”.
Open Society Foundations di Soros
Secondo La Verità a spingere per la causa trans non ci sono soltanto associazioni Lgbt, ma ci sarebbero pure organizzazioni dotate di notevole potere economico: “Ad esempio la solita Open Society Foundations di George Soros. Kelly Riddell Sadler – giornalista, già consulente per la comunicazione di Donald Trump alla Casa Bianca – calcolò che tra il 2013 e il 2016 Soros avesse finanziato associazioni come la Gay Straight Alliance (100.000 dollari nel solo 2013) o la Gate (Global Action for Trans Equality, 244.000 dollari nello stesso periodo). Tutto alla luce del sole, ovviamente. Del resto basta farsi un giro sul sito di Open Society per trovare più di un articolo in cui si sostiene che è tempo di «dare all’attivismo trans il supporto di cui ha bisogno». Come farlo? Ad esempio sostenendo iniziative come l’International Trans Fund, che riunisce attivisti da tutto il mondo”.
Arcus di Stryker
Per Borgonovo fino al 2013/2014 le associazioni trans potevano contare su budget che in media si aggiravano intorno ai 10.000 dollari l’anno, ma da quel momento le cose hanno iniziato a cambiare grazie ad Arcus, “una Ong fondata e curata da Jon Stryker, ricco magnate dell’industria sanitaria. Come ha documentato la giornalista e attivista Jennifer Bilek, […] «tra il 2016 e l’aprile 2021 Arcus ha investito quasi 74 milioni di dollari in promozione della giustizia sociale. La maggior parte dei suoi beneficiari avevano a che vedere con l’ideologia dell’identità di genere». Arcus è stata una delle principali promotrici della causa trans a livello globale. Finanzia associazioni Lgbt storiche e potenti come Ilga (una sorta di sigla ombrello che riunisce tantissimi gruppi arcobaleno di tutto il mondo), la quale guarda caso ha da poco espulso dalla sezione europea le femministe di Arcilesbica, considerate «trans-escludenti». Arcus ha sovvenzionato anche la britannica Stonewall: ben 142.000 dollari versati «appena prima che ampliasse il suo mandato per coprire le questioni transgender». Nel 2013, Arcus ha scelto come direttore del programma internazionale per i diritti umani Adrian Coman, proveniente dalla… Open Society Foundations”.
Novo del figlio di Buffett e altri ricchi bianchi
La Verità riporta che “nel 2015 […] la Arcus ha raccolto 20 milioni di dollari per la New Global Trans Initiative in collaborazione con una fondazione chiamata Novo, che si occupa anche di sostenere Black Lives Matter e altri movimenti analoghi. Sapete chi l’ha fondata? Peter Buffett, figlio di Warren Buffett”. Per Borgonovo, che cita Bilek, dietro l’esplosione delle istanze trans ci sarebbero principalmente “«uomini, bianchi, estremamente ricchi e con un’enorme influenza culturale», tra cui il già citato Soros, Jennifer Pritzker (trans con un patrimonio da due miliardi di dollari circa), l’attivista, imprenditrice e transumanista orgogliosa Martine Rothblatt, l’imprenditore Tim Gill (il primo gay dichiarato nella lista dei 400 ricchissimi di Forbes). In effetti, tutti costoro risultano finanziare e spalleggiare a vario titolo i movimenti transgender”.
Le grandi Corporation
La causa trans gode poi del sostegno di alcune tra le più grandi aziende del mondo. “Nel settembre 2020, Stonewall – riporta La Verità – ha organizzato un grande evento a sostegno della causa trans intitolato «Trans rights are human rights» («I diritti trans sono diritti umani», ndr). Lo hanno sostenuto 136 grandi aziende tra cui Amazon, Aviva, Citi, Google, Deliveroo, Deloitte, Microsoft, JP Morgan, Disney, Visa, P&G, Zurich… All’inizio di maggio, un altro centinaio di corporation hanno firmato un documento di protesta contro gli Stati americani che avevano approvato leggi «anti Lgbtq», con particolare attenzione alle norme riguardanti «i giovani transgender». In sostanza queste aziende (così spiegano in una dichiarazione congiunta) si sono schierate politicamente per bloccare «le leggi che influenzerebbero l’accesso alle cure mediche per le persone transgender, i diritti dei genitori, i servizi sociali e familiari, gli sport studenteschi o l’accesso a strutture pubbliche come i bagni». Tra queste ci sono Apple, Airbnb, Dell, Facebook, Hilton, Ibm, Ikea, Nike, Pepsi, Pfizer, Uber, Unilever, Wells Fargo”. Senza scordarsi ovviamente Hollywood e le celebrità in generale: tra queste c’è chi ha fatto in prima persona il salto di genere, come l’attuale Elliot Page, già attrice di Juno, che ha mostrato con orgoglio sui social il proprio torso senza più seno e con addominali scolpiti e ha scritto “Trans is beautiful”.