Quanto i numeri influenzano la musica e le scelte artistiche nel business di settore? Discografia, live, festival, placement, moda. Tutto ormai ruota attorno ai numeri. La qualità è un optional non necessario. Per formazione professionale e percorso di studi sono un grande appassionato di statistica e sono convinto che oggi come mai, pur forse nella totale ignoranza scolastica, o quantomeno di conoscenza di teoremi che spieghino il funzionamento dei numeri o della statistica inferenziale, piattaforme Streaming, social, discografia, produzioni live, festival e perfino tv basano tutto il proprio business su un teorema che si presta ad interpretazioni differenti rispetto a quello che un utilizzatore può immaginare: il Teorema di Bernoulli, meglio nota come la legge dei grandi numeri. Mi immagino i curatori delle playlist Spotify, o i presidenti di etichette discografiche (o peggio ancora i “vice president”), gli A&R (Artists and Repertoire), i produttori di live, gli organizzatori di Festival o gli autori e produttori di programmi di intrattenimento tv intenti a studiare i teoremi di Bernoulli, Bayes o il Teorema della probabilità totale. O ancora di più a studiare approfonditamente Leonardo Fibonacci e la “percentuale”, quella contraddistinta dal simbolo %. E nel mentre, pianificare la creazione di successi che intercettino i gusti degli ascoltatori, del pubblico, dei fruitori facendosi aiutare da algoritmi creati solo con lo scopo di “intercettare e schedare” le abitudini e le preferenze di chi ignorantemente segue un gregge che ha la tendenza esponenziale proiettata alla crescita numerica più che intellettiva. Tutto e tutti si sono legati come cozze allo scoglio ad una teoria che nemmeno Leonardo Da Vinci, se fosse vivente, sarebbe stato capace di immaginare: la teoria dei like e degli streaming. Apparentemente due cose differenti ma in realtà molto più complementari di quanto possa sembrare.
Provo a spiegarvi come quella forma perfetta definita da Platone, il cerchio, rappresenta anche nella musica, così come ritenuta nel Medioevo, la perfezione assoluta di un sistema che vede tanti ricchi carnefici e tanti inconsapevoli “poveri illusi” e “sfruttati”. Partiamo dai social, punto iniziale da cui Giotto ha iniziato a disegnare il suo cerchio perfetto senza compasso. Da uno su tutti: Instagram. Oggi minato fortemente da TikTok ma ancora preso a riferimento per dare corpo al teorema di Bernoulli nel Music show business. Dai suoi “like e followers” paiono dipendere le sorti di importanti economie industriali: musica, moda, placement, live e perfino del Festival di Sanremo. Voi credete che i talent scout delle discografiche girino l’Italia in lungo e in largo frequentando club o piccoli festival alla ricerca di nuovi talenti? Forse qualche nostalgico lo fa ancora, ma la maggior parte di loro passano ore e ore della giornata a digitare e scrollare immagini Instagram alla ricerca del “talento” della Gen Z che acchiappa like e followers e una volta individuati corrono a catturare la preda. E qui scatta una domanda: quanto la preda è realmente produttiva di like e followers organici e quanto, avendo oramai sgamato il criterio selettivo dei discografici, ricorrono ad artifizi che generano like e followers, crescita e conseguente “acchiappo”? Vi riporto uno dei tanti annunci giusto per esemplificare: “La Nostra Tecnologia adattata all'algoritmo 2021. Impegnati ad aumentare il tuo Engagement. Engagement. Gestore lingua Italiana. Followers Reali”. Lo trovate nella foto qui sotto.
D’altronde i primi ad aver usato questi sistemi sono stati proprio quelli che da Instagram campano. E alla grande direi. Poi però in molti casi se si osserva approfonditamente e non si guarda solo l’incanto generato dai vestiti, trucchi, gioielli, borse, mutande, auto ecc ecc, spesso si noterà addirittura una discrasia tra i followers e i like. Spesso a milioni di followers corrispondono solo migliaia di like. Ma chi ci fa caso? A volte nemmeno gli stessi “Protagonisti” social si rendono conto dell’importanza dei propri numeri veri o costruiti che siano, perchè sono solo concentrati sulla lettura del valore numerico da vendere a chi offere di più per un disco, per un live, per una ospitata, per un contratto di placement, per essere invitati ad una sfilata o per essere addirittura messi sotto contratto da una piattaforma streaming tv. Per quale ragione per esempio Chiara Ferragni ha calcato il palco di Sanremo? Per le sue eccelse doti di conduttrice? Presentatrice? Attrice? Giornalista? Cantante? No. Esclusivamente per i suoi numeri social. Tanto che in diretta ha mostrato al conduttore la sua enorme abilità nella gestione di una piattaforma social. Poi, però, recentemente ha usato un termine molto diffuso in psicologia per indicare patologie ipocondriache, o legate all’ansia o alla depressione, per descrivere il suo stato proprio durante quel Sanremo: “Mi sono sentita sulle montagne russe” . Probabilmente per indicare uno stato di forte ansia provocata da essere innanzi a milioni di telespettatori. Ma la questione è molto strana. Avere circa 30 milioni di follower che quotidianamente ti seguono sul tuo profilo è più forte o meno forte di apparire per sole due serate a Sanremo innanzi a circa 16 milioni di spettatori, il picco nel momento della sua “apparizione”? E ancora: “Nessuno fa la fila per delle montagne russe piatte “ ha affermato nel podcast Muschio Selvaggio. Quindi conscia di cosa accade quando vai sulle montagne russe.
Comunque torniamo al teorema di Bernoulli.
Segue nel disegno del cerchio Spotify. Ho già affrontato, e lo farò finchè avrò respiro, il tema della scarsa trasparenza della piattaforma che in Italia detta le regole del mercato musicale e governa la discografia sia economicamente che per indirizzo di gusto. Qui i numeri addirittura impattano su attività che generano volumi di affari enormi, sia per il settore discografico che addirittura per quello del live. Gli streaming, ma ancora di più la localizzazione e la provenienza degli streaming stessi, impatta fortemente per esempio su eventi concertistici delle agenzia live e su attività promozionali delle discografiche. A prescindere dal fatto che se aprite uno Spotify artist e analizzate la provenienza degli streaming della maggior parte degli artisti (oso dire forse più del 90%) vedrete che le prime 4-5 città che generano il maggior numero degli streaming sono Milano, Roma, Torino, Napoli. Pare che il resto dell’Italia lavori di più e non abbia molto tempo per ascoltare la musica. Ma anche qui: quanto impattano bot, streaming acquistati e artifizi vari a falsificare i numeri reali? I controlli? Ne ho già accennato e parlato: sui big lasciano il tempo che trovano. E anche qui un esempio con “chart.masterofficial".
Pensate. Nel 2019 “Instagram rinuncia ai like: non saranno più visibili sotto i post”. Poi repentina retromarcia affermando di lasciare libero il titolare del profilo di mostrarlo o meno. Ma che caz*ata enorme è? Se proprio su quei numeri si fabbricano carriere e soldi, chi mai se li sarebbe oscurati? Magari Instagram e Spotify decidessero di non mostrare alcuni dati che influenzano oggettivamente molte carriere specie non meritevoli né di successo né di essere considerati artisti. Il cerchio perfetto, quello di Giotto per intenderci, parte dai social e transitando per i diversi settori del Music Show business arriva a chiudersi quando raggiunge Spotify. E nell’area del cerchio, pitagoricamente vivono tutti quelli che utilizzano quei numeri per generare affari. E sapete chi è fuori da quel cerchio e ha breve durata? Gli artisti, quelli veri.