Houston abbiamo un problema. Elodie si è spogliata nel video di A fari spenti, il suo nuovo singolo. Avrei quasi voluto dire, avete un problema, circoscrivendo il discorso alle donne, le più inacidite nel commentare la cosa, anche forte dei tanti anni passati a parlare di femminile e di corpi e di desessualizzazione del pop italiano, ma avrei commesso un grave errore, perché star qui a parlare di corpi di donna in quel modo è un problema serio che riguarda tutti, noi uomini compresi. Andiamo con ordine, si fa per dire. Elodie ha postato una foto di se stessa nuda, i capelli lunghi a coprire a stento i seni, le mani a coppa a coprire il resto. Non lo ha fatto per cercare marito, alla Arisa, e Arisa non può che finire nelle prossime righe, state pronti, ma per lanciare il singolo e il video, di cui l’immagine in questione è un frame. Anzi, il frame, quello probabilmente più ricercato, parlo di quanti avranno fermato il video per concentrare lo sguardo su una immagine, anche se Elodie si muove parecchio in quelle (s)vesti, a volte anche immersa in un liquido vagamente latteo, altrimenti correndo in guisa altrettanto sexy per le vie di Milano, a occhio in zona Stazione Centrale, Martesana. Non che il corpo di Elodie ci fosse del tutto estraneo, nel video di Bagno a mezzanotte ci mostrava con una certa generosità le chiappe, a stento coperte da un tanga, non so se ancora oggi si chiami così quel tipo striminzito di mutanda, e più volte ha gioiosamente giocato con un corpo che in effetti si lascia ben guardare.
Solo che, di colpo, sembra che Elodie, colei che era stata usata proprio come manganello per colpire chi criticava Arisa, lì a mostrare il culo per cercare marito, Dio santo, siamo stati giorni a discutere, siete stati giorni a discutere se Arisa avesse fatto bene o meno, spesso cadendo in un pietismo agghiacciante (quell’aiutatelo è molto più osceno che mostrare il culo, sappiatelo, lo sarebbe stato anche più che se avesse mostrato un primo piano del buco del culo, tipo cover dei Type O Negative, sappiate anche questo): “Quando si spoglia Elodie è una donna che è padrona del suo corpo, emancipata e contemporanea, se invece lo fa Arisa è una che ha sbagliato a mostrarsi”, questo il succo del discorso. Discorso assolutamente condivisibile, per altro, perché se Arisa vuole mostrare il culo su Instagram, cosa che per altro Mark Zuckerberg prevede, farà anche un po’ quel che le pare, senza dover stare a chiedere il permesso a voi, o cercare la vostra approvazione. Solo che poi Elodie torna a mostrare il suo, di corpo, e lo fa andando un passettino oltre le volte precedenti, Lady Gaga nei suoi anni d’oro, quelli in cui posava per Araki o Terry Richardson, ci ha insegnato che passettino dopo passettino ci si può svelare anche quando ci si è già svelati, ecco che scoppia la bagarre, tutti a criticare, alzare il ditino savonaroliano, vergogna. Di più, qualcuno, probabilmente inconsapevole, la critica musicale è una faccenda seria, anche se si occupa spesso di argomenti poco seri, di quanto Elodie stia provando a costruire, anche lì passettino dopo passettino, un repertorio credibile, azzardando canzoni anche non semplici sul profilo compositivo, pensate al singolo fatto questa estate con Mengoni, per dire, o anche al brano sanremese, dotato di un gancio bomba con quel “per me le cose sono due, lacrime mie o lacrime tue”, ma sicuramente molto meno banale del brano che ha vinto, con un giro così scontato che potevi intuirlo anche prima di averlo ascoltato fino in fondo. Certo, A fari spenti, scritta per lei da Elisa, come Bagno a mezzanotte, non è esattamente Due, e neanche Vertigine o Proiettili, per citare episodi notevoli del suo album, ma neanche era uscito che già le lame affilate si sono gettate sulle sue carni, così generosamente esposte. Magari anche con intenti consolatori, “guarda tu cosa è costretta a fare una artista in Italia per poter vendere”.
Il problema, che forse Jo Squillo, artista che qualche tempo fa l’ha citata proprio a riguardo al mostrarsi, non con toni accusatori, ma comunque dubitativi (avrebbe avuto lo stesso successo se fosse stata brutta, si è chiesta, che è un po’ come chiedersi se lo avrebbe avuto se fosse stata stonata, perché che sia bella e intonata è un dato di fatto, e fare ipotesi sul nulla è quantomeno ridicolo, oltre che inutile, Jo Squillo avrebbe avuto successo, anche nella moda, poi, se fosse stata brutta o stonata, lei che cantava Siamo donne con Sabrina Salerno?), il problema, dicevo, che forse Jo Squillo non ha ben inquadrato, non è che in Italia ti chiedano di mostrarti per vendere, a lungo si è chiesto esattamente il contrario, le felpe larghe di Amici di Maria De Filippi, i video anonimi di tante aspiranti popstar del decennio precedente stanno lì a futura memoria, la macchina del gioco sull’immagine ferma a Paola e Chiara epoca Kamasutra, proprio fino all’arrivo di Elodie, è che in Italia non ti prendono proprio in considerazione come artista, convinti come sono che il mercato sia in mano alle fan femmine, quindi veicolabile solo da artisti uomini (nel rock anche da fan uomini, le donne a fare le cantanti di canzoncine, comunque). Questo mentre agli ultimi Mtv VideoMusic Awards i premi, salvo quello vinto dai Maneskin, che hanno comunque in Victoria De Angelis e le sue tette sempre in mostra, un chiaro punto di forza, sono andati tutti a artiste donne, da Taylor Swift, ipervincitrice, a Nicki Minaj, Sza e via discorrendo. Il tutto mentre la Billboards Charts 100 è dominata da Olivia Rodrigo, seguita da Doja Cat, una che quanto a mostrarsi non scherza, con comunque Sza e Dua Lipa in top 10, la Rodrigo e la Swift a occupare altre due posizioni. Il tutto mentre il nuovo brano di Cardi B e Megan The Stallion, seguito di WAP, dedicato alla figa bagnata, Bongos, dedicato al culo, è terza nella classifica rap, dominata da Doja Cat e con Nicki Minaj al quarto posto, della serie che le donne non funzionano nel mercato. Da noi, ricordiamolo, il successo di Annalisa, la prima artista a rimanere per oltre un anno in Top 100 FIMI con un singolo, Bellissima, è stato bollato come segno del decadimento dei tempi da Gino Castaldo sulle pagine de L’Espresso, stesse pagine dove recentemente ha indicato il medesimo segno nel successo del tour di Taylor Swift, della serie che il problema è l’assenza di vestiti di Elodie. Il problema non è il corpo di Elodie, non lo potrà mai essere. Un corpo è un corpo, stigmatizzarlo significa dargli un peso che un corpo non dovrebbe avere, e lasciare più che altro agio a chi organizza gli stereotipi sul femminile, il mercato appunto, gestito da uomini, l’assenza di corpi ha portato a far passare per buoni solo certi tipi di corpi, più culi di Arisa per tutti. Il problema è lasciarsi andare a commenti sgradevoli, anche se mascherati magari da ironia, e poi magari starsela a prendere se ci si sente dire che si fa carriera perché si va a letto con qualcuno, o si fanno vedere le tet*e sui social.
Rivendicare il sacrosanto diritto a mostrarsi di chiunque, diritto, non dovere, Elodie è una donna pensante che non ha subito violenze psicologiche per mostrarsi, proprio l’uso del corpo che fa sui social lo attesta, e il ruolo di dominatrice che interpreta, assai diverso dalla ragazza anche dimessa che appare nelle interviste, lei che in quanto interprete ha deciso di interpretare non solo canzoni, ma anche una femmina alpha, di quelle che mettono quasi paura, rivendicare il sacrosanto diritto a mostrarsi di chiunque, togliere il peso specifico dai corpi, anche al fine di depotenziare gli stereotipi, che su corpi idealizzati sono costruiti, lasciare che la sessualità venga vissuta, l’erotismo che evidentemente le immagini di A fari spenti richiama ne fa indubbiamente parte, tutto questo dovrebbe essere un normale dato acquisito, non tema per dibattiti, men che meno per processi sommari sui social. Certo che Elodie ha successo anche perché è bella. E certo che il video sarà molto visto perché lei si mostra con generosità. Anche i video di Cardi B o di Lady Gaga hanno seguito la medesima sorte, come in passato quelli di Madonna e ora quelli di Miley Cyrus, ma l’emancipazione femminile è passata anche da lì, pensate a cosa ha fatto Beyoncè per le donne afroamericane con Lemonade, e cosa ha fatto Lady Gaga riguardo le imperfezioni coi suoi Little Monsters. Dire che Elodie ha successo solo o in buona parte per questo, però, è ingeneroso (sì, in passato l’ho fatto anche io, ma il suo passaggio sanremese, la consciousness passata non solo da Due ma anche dalla versione di American Woman fatta con Big Mama sta lì, non è un passaggio che si può ignorare). Liquidare dopo un ascolto il brano, pure, a questo punto la bellezza o meno del brano diventa quasi secondaria, perché c’è in ballo ben di più di una singola canzone e del suo successo nelle classifiche, c’è di mezzo, proprio ora che si è aperto un dibattito, l’abbattimento o meno di certi stereotipi, abbattimento che non può avvenire che per mano di una donna, di più donne consapevoli, consce (l’unica via per eliminare il mansplaining è approdare allo womansplaining, credo). Aspettarsi che nessuno, prima o poi, farà una battuta su come ci si sia ritrovati a scrivere su un giornale, a fare carriera in azienda, è parte integrante del discorso. Nell’era del postumano, Dio santo, stare ancora qui a parlare di tet*e e culi è davvero qualcosa che lascia senza parole. W il cul* di Arisa, w le tet*e di Elodie, abbasso gli stereotipi femminili lasciati in mano agli uomini e questo maschilismo strisciante anche in seno a certe donne.