Daniel Lee, alla direzione creativa di Bottega Veneta, non ne ha mai fatto mistero: il mondo digitale non attira la sua attenzione, nemmeno ora che è l’unica realtà parallela nella quale i fashion brand continuano a sopravvivere. La sua sfiducia si è estesa fino alle sfilate virtuali, le cosiddette “phygital runways”, che sono state e continuano ad essere un mezzo di comunicazione artistica indispensabile durante l’esplosione pandemica. “Salon 01 London”, la collezione SS21, è stato un evento a porte chiuse che Lee ha tenuto segreto per mesi, per poi svelarlo al pubblico solamente lo scorso dicembre. E circondato dallo stesso alone di mistero, il direttore della casa di moda Kering, dopo essere stato contattato da MFF (Magazine For Fashion) ha deciso di non rilasciare alcuna spiegazione sulle dinamiche del black out sui social media, avvenuto qualche giorno fa.
Probabilmente Bottega Veneta si trova davanti a una svolta, un cambio di direzione permanente, e ce l’ha comunicato cancellando ogni traccia di sé sui social, come fanno i cantanti prima di buttare fuori un nuovo singolo. Meno probabile è l’ipotesi di un errore o un attacco di un hacker, sebbene ultimamente non sia un evento così insolito nel mondo social. Ciò che è certo è che l’identità di un brand, soprattutto di moda, oggi si manifesta attraverso i suoi profili online: per questo motivo il colpo di spugna di Bottega Veneta, che sia per scelta o per errore, vuole comunicarci che qualcosa sta cambiando.
L’assenza esercita più fascino della presenza, e genera una miriade di interrogativi irrisolti che non fanno altro che accrescere l’attenzione e i pettegolezzi nei confronti di chi ha messo in atto una manovra così contro tendenza. L’approccio low key potrebbe essere la novità del nuovo decennio per far parlare di sé, a discapito di chi in qualsiasi momento bombarda di contenuti la realtà virtuale. In fin dei conti, Bottega Veneta negli ultimi due anni è riuscito a guadagnarsi una sfilza di influencer e celebrities affezionate, che si occupano di questo ogni giorno. Tra di loro ad esempio Kylie Jenner, che a Natale sfoggiava le sue curve nel lungo abito rosso di paillettes dell’autunno inverno 2020. O Rihanna, che ha aperto la sfilata di gennaio in un vestito in jersey drappeggiato ricoperto di cristalli dorati, e che per tutto il funesto anno è stata paparazzata con le iconiche borse intrecciate. Daniel Lee si è accaparrato una cerchia di trendsetter dall’aura così imponente che anche senza social, i credits non gli mancano mai.
La verità è che Bottega Veneta vuole farci credere di non avere bisogno dei social media. Ma dal 2018, anno in cui il giovane designer di Bradford ha preso le redini della casa di moda, la rivoluzione artistica del brand è stata minuziosamente studiata per creare un social appeal senza precedenti, ritratto di uno stile effortlessly chic, raffinato e artigianale, lungimirante ma senza tempo. Daniel Lee propone l’“Old Celine” di Phoebe Philo, la storica designer (fatalità senza social) per cui lui stesso ha lavorato, e lo fa rivisitando i capi di Bottega Veneta e dando loro un barlume di vita moderna. La rinascita della casa di moda vicentina viene documentata su una marea di account Instagram che ne elogiano la nuova estetica, primo su tutti @newbottega, che oggi vanta di 356mila follower.
Inoltre, la scelta di un fotografo come Tyrone Lebon, classe 92, per la realizzazione delle campagne dei brand, non è altro che la volontà di avvicinarsi a un pubblico giovane e affamato di immagini vere e crude, non prive di difetti, che accendono una scintilla di emotività e brama nei confronti di un brand da sempre considerato troppo “adulto”. Bottega Veneta ha riportato in auge i valori di un’estetica minimalista, che riesce a trasudare intimità anche dalle forme più rigorose, e l’ha fatto servendosi del mezzo di proliferazione di immagini più efficace di questo decennio. Il fatto che ora gli abbia voltato le spalle non è che il passaggio finale della scalata verso il lusso più desiderabile: il segreto.