«Gracias por sua amistad, señor Comandante». Era il 2005 quando Diego Armando Maradona andò a salutare il Leader Maximo Fidel Castro, una delle tante volte in cui sono stati visti insieme. Così diversi ma così simili, se il primo è stato l’icona del pallone e dell’esagerazione, il secondo ha incarnato i valori del comunismo. Entrambi hanno però condiviso la passione per il calcio e per gli orologi e il destino beffardo se li è portati via lo stesso giorno a quattro anni di distanza.
La foto di Fidel con i due Rolex al polso è diventata un’icona, tanto che anche Nikolas Sarkozy ne aveva una copia appesa nello studio della presidenza, ma anche Maradona, forse ispirato dal proprio amico cubano, non si è fatto mancare nulla, tanto da essere spesso ripreso con… un orologio per braccio.
A cosa sarebbe mai servito portare due orologi contemporaneamente, se non come vezzo di uno che aveva avuto e dato tanto, troppo, nella sua vita? La ragione è poi saltata fuori ed era banale, ovvero avere due fusi orari a disposizione mentre era in viaggio, un po’ come se gli orologi GMT non fossero mai esistiti, ma tant’è.
Maradona ha vissuto di eccessi, incarnando perfettamente lo spirito latino: passionale, esagerato nell’esprimere le proprie emozioni, come quando stava letteralmente godendo guardando Salt Bae mentre gli tagliava la costata avvolta in una foglia d’oro. Ovviamente non portava due Swatch, lo abbiamo visto portare al polso i marchi più blasonati, a partire da due bellissimi Rolex Daytona con quadrante bianco, fino ad arrivare due anni fa ad essere Brand Ambassador di Hublot insieme a José Mourinho e al velocissimo Usain Bolt.
Le foto che lo ritraggono con al polso orologi di lusso sono praticamente infinite, comprese quelle di quando la Guardia di Finanza nel 2006 gli pignorò i due Rolex Submariner che aveva al polso, al termine di una partita di calcio benefica a Giugliano. I due Rolex sequestrati, poi finiti all’asta, servivano a ripianare l’esagerato debito che aveva contratto nei confronti del fisco italiano.
Esagerato, eccentrico e geniale all’interno degli stadi in cui era acclamato come un gladiatore, ma anche fuori, con una fama che, forse, è stata troppo difficile da gestire per lui.
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