Avevo 15 anni quando trascinavo mia mamma lungo King’s Road, una di quelle vie infinite di Londra, che sembrano ancora più infinite se guardi il cielo e ti accorgi che sta per piovere da un momento all’altro. Attraversando Chelsea poi, quel quartierino chic con le casette a schiera, mi chiedevo dove avessi sbagliato. SEX non poteva essere lì, quel quartiere era decisamente troppo raffinato, non poteva davvero essere la dimora della boutique più provocatoria del Regno Unito. Poi finalmente, con un sospiro di sollievo (e di sconcerto) di mia madre, mi ci sono ritrovata di fronte: un minuscolo negozietto con un orologio fermo e abnorme al posto dell’insegna, con su scritto “Worlds End”. Quello era solo l’ultimo di una serie di appellativi che si sono evoluti insieme allo stile della Westwood, ma nel mio cuore di adolescente ribelle, quel posto si sarebbe per sempre chiamato SEX. Ci ero arrivata, stavo per mettere piede nella boutique che aveva vestito e svestito le sottoculture più fameliche di Londra. Ero nel patio dell’anticonformismo. Ero nel cuore pulsante del punk.
Gli esordi: la ribellione
1962: Vivienne Isabel Swire si è da poco trasferita nella Swinging London direttamente dalla campagna inglese, studia per diventare un’insegnante e nel tempo libero realizza gioielli, che vende alle bancarelle del Portobello Road Market. Sposa Derek Westwood, non ha un soldo e decide di realizzare da sola il suo abito da sposa. Qualcosa in lei improvvisamente si accende: Vivienne comincia a creare abiti tutte le notti sul tavolo da cucina, sfogando una creatività dirompente ma sottovalutata da tutti coloro a cui si rivolge. Le frustrazioni continuano fino al 1965, l’anno del fatidico incontro con Malcolm McLaren, un tale che vendeva dischi rock nel retro di un negozio al 430 di King’s Road. McLaren è un pazzo, Vivienne è una pazza rivoluzionaria: sboccia l’amore. Con un divorzio alle spalle e un figlio (Ben Westwood), Vivienne diventa socia in affari di Malcolm e il 430 di King’s Road si trasforma nel primo negozio in cui la stilista espone le sue creazioni. Anche con Malcolm, il suo vero amore, fa un figlio: nel 1967 nasce Joseph Corrè, nientemeno che il futuro fondatore di Agent Provocateur.
“Vivienne Westwood è sempre stata una punk intellettuale” ci dice Antonio Mancinelli, Caporedattore di Marie Claire Italia, una delle voci - anzi, delle penne - più autorevoli, quando parliamo di moda, nel nostro paese. “Per lei essere punk significava decidere di farsi una cultura, andare da sola nei musei a documentarsi, e creare. Tra lei e McLaren era alchimia reciproca, un rapporto di stima che è perdurato negli anni, a livello professionale e soprattutto umano. Lui è stato un genio nell’aver creato un sistema, nel commercializzare una controcultura che era già esistente. Vivienne e Malcolm hanno saputo creare degli idoli dalla strada, dandogli un palcoscenico”.
Vivienne inizia così la sua carriera da stilista nel negozio di dischi Paradise Garage, che nel ‘71 prende il nome di Let It Rock e diventa sinonimo di maglioni mohair dai colori strampalati e scarpe brothel creeper, l’iconica calzatura rockabilly con la suola in gomma molto alta. La moda proposta da Vivienne Westwood si pone già sul nascere in maniera provocatoria, rivolgendosi ai biker e ai Teddy Boy e cercando di contrastare lo stile hippie, la corrente dominante durante quegli anni.
Sex e Seditionaries: la controcultura
Nel 1975 McLaren è a New York, manager non ufficiale di una band glam rock, i New York Dolls. Insieme a Vivienne decide di fornire gli abiti di scena al gruppo, direttamente dal suo negozio londinese, rinominato quell’anno Too Fast To Live Too Young To Die. Ma, forse, i due osano un po’ troppo: da ammiccanti drag queen, i New York Dolls si travestono da comunisti perversi in abiti di pelle. La loro immagine è decisamente troppo spinta per il pubblico statunitense e la band si scioglie dopo poco tempo. Alla coppia, però, l’idea del sadomaso piace. Di ritorno a Londra il negozio viene ribattezzato SEX e si ricopre interamente di graffiti pornografici, accessori fetish, borchie, pelle e spille. Tutto era uno scandalo e ancora tremendamente di nicchia, ma a sua insaputa la stilista stava dando inizio agli anni più prolifici della sua carriera.
"Vivienne Westwood e Malcolm McLaren sono due figure tipicamente inglesi" continua Mancinelli "si reinventano, creano, hanno uno spirito meno conservatore di noi italiani. Vivono in una realtà di contraddizioni che vive grazie a un regime, a tradizioni che non cambiano mai, ma si sviluppa grazie alle sottoculture e alle ribellioni giovanili. Si crea così una sorta di contrasto armonico.”
La seconda metà degli anni Settanta è il decennio della provocazione per i visionari Westwood e McLaren, ora manager dei The Strand, i futuri Sex Pistols, e più avido che mai di fama e notorietà. Un cantante con i denti marci che non sa cantare, un bassista fighetto che non sa suonare, e altri due scappati di casa: un quartetto disastroso, ma con un look disastrosamente degno di nota, realizzato interamente dalla Westwood. I Sex Pistols diventano in men che non si dica le icone del punk inglese e Vivienne osa sempre di più: dal 1976 il negozio prende il nome di Seditionaries, vicino all’ingresso c’è una gabbia con un ratto che ti accoglie, i vestiti esposti sono completamente stracciati, incatenati e spruzzati con le bombolette. Tra simboli anarchici e frasi dissacranti, ecco arrivare il primo attacco alla Regina, durante il giorno del Giubileo, nel 1977: la band si esibisce sul Tamigi con la celebre God Save The Queen. Il risultato? Lo scalpore di tutta l’Inghilterra, un singolo vietato in radio, le stampe di una Queen Elizabeth sfigurata su tutte le t-shirt. L’intento di Malcolm e di Vivienne è quello di schierarsi contro il regime a favore del popolo inglese in difficoltà, e l’impeto politico comincia a riversarsi anche nelle creazioni della stilista, che da allora in avanti punterà alla vera e propria moda.
Il debutto nell'alta moda
Gli anni Ottanta sono un periodo di svolta ancora più radicale per Vivienne Westwood, che abbandona le influenze della strada per orientarsi verso uno stile più elevato, quasi romantico, in primis su consiglio del compagno. Il punk rimane l’attitudine con cui la stilista si affaccia alla creazione dei propri abiti, ma al posto di tradursi nelle solite catene e borchie, prende forme ancora più strampalate e inattese. Il debutto di Vivienne Westwood in passerella avviene nel 1981 con la collezione Pirate, una serie di abiti unisex che si ispirano ai banditi e ai bucanieri: in pratica, ai primi veri ribelli della storia. Ed ecco negli anni successivi una rassegna della storia della moda, soffermandosi sui capi più significativi di ogni epoca, rivisitati ovviamente in chiave audace e provocatoria. Sauvage nell’82, ispirata ai nativi americani, seguita da Witches nell’83-’84 e poi la celebre Mini Crini nell’85, che porta in passerella i corsetti e i faux-cul su filati in lana inglese e motivi tartan. Gli abiti di Vivienne Westwood sono sempre più strutturati e intellettuali e vestono con gorgiere e crinoline i musicisti e gli artisti più in voga della scena New Romantic internazionale, come gli Spandau Ballet e i Duran Duran. “Nel dubbio, meglio esagerare” è il motto della stilista, che dall’85 si separa da McLaren ed esplora i nuovi orizzonti della moda.
“La stessa donna che fa nascere il punk è quella che si ritrova, anni dopo, a fare i corsetti e le crinoline" prosegue Mancinelli "Ma la sua filosofia estetica, anche in questo caso, è andare controcorrente e opporsi al sistema. Quando il punk è diventato un patrimonio comune e tutta la moda lo ripropone (Versace compreso) perdendo la sua carica aggressiva, lei si è messa a studiare e ricostruire la storia della moda, che era ciò di cui la moda stessa aveva bisogno. Ha fatto un’inversione di rotta, strutturando in modo punk ma intellettuale le sue creazioni”.
Ci vogliono cinque anni perché diventi celebre in tutta Europa, sfilando a Londra, a Milano e a Parigi, ma nel 1990 viene nominata British Designer Of The Year. “Questo è il suo periodo che preferisco in assoluto” sostiene Angelo Flaccavento, curatore di moda ed editorialista di The Business Of Fashion e Vogue Italia, “la fine della sua collaborazione con McLaren e tutti i Pagan Years, in particolare la collezione del 1989, Voyage To Cythera. In quegli anni la sua inventiva e la sua sartorialità hanno raggiunto l’apice della raffinatezza”. Non a caso nel 1992 la Regina stessa le ha conferito il titolo di Dama, col prestigioso Order of the British Empire per i suoi meriti artistici…Tutto raffinatissimo, se non fosse per il fatto che a fine cerimonia si è alzata la gonna davanti ai fotografi, sfoggiando il suo nude look.
"Ma il vero impeto di Vivienne Westwood si vede proprio in quegli anni” continua Flaccavento “è riuscita a elogiare e a rendere interessante anche qualcosa di frivolo e giocoso. E l’ha fatto grazie al suo inconfondibile talento, come stilista ma anche modellista”.
"Compra meno, scegli meglio e fallo durare"
Il 1992 è un anno di soddisfazioni e cambiamenti per Vivienne, che si innamora perdutamente di Andreas Kronthaler, un suo studente della Scuola di Moda di Vienna, di 25 anni più giovane. Da allora diventa il braccio destro di Vivienne, fino ed ereditare la direzione artistica del brand nel 2016. I due sono sposati da 28 anni e condividono un forte legame sentimentale, artistico e attivista. Sì, attivista: Vivienne Westwood oltre ad essere una stilista affermata, è ancora politicamente molto schierata, proprio come negli anni ’Settanta, e mantiene vivo il suo spirito riottoso abbracciando l’impegno contro ciò che mette a repentaglio la salute del nostro Pianeta. Ce lo dice con la sua battaglia, “Climate Revolution”, e anche con gli slogan ambientalisti a caratteri cubitali sulle magliette. Le sue campagne di protesta mirano a sensibilizzare l’industria della moda sull’importanza della salvaguardia ambientale, una tematica che coinvolge tutti ma che si coniuga al mondo fashion ancora difficoltosamente.
“Le battaglie attiviste la schierano politicamente, ma non ci danno la garanzia di un brand del tutto ecologico. Inoltre, con Andreas si è chiusa in un piccolo mondo esclusivo, senza creare qualcosa di veramente degno di nota o che segni una svolta stilistica nella sua carriera”, afferma Flaccavento, “mi piace ricordarla sulla copertina della rivista Tatler dell’89, vestita e pettinata come Margaret Thatcher, il primo ministro del Regno Unito, con la scritta 'This woman was once a punk'. Ora ha 80 anni, ed effettivamente (com’è logico che sia) ha perso un po’ di impeto rivoluzionario”.
Vivienne Westwood ha lasciato lo scettro artistico al suo compagno, dedicandosi a una vita green, etica e (finalmente) tranquilla. Ma la moda per lei non è mai stata fine a sé stessa: è un mezzo fondamentale per creare la rivoluzione, di qualsiasi colore essa si tinga. E all’alba degli 80, la Westwood ha una missione: salvare il mondo. Chi altro potrebbe farlo, se non lei?