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"Deve tornare in carcere".
Alla notizia Fabrizio Corona
si ferisce in diretta Instagram.
Ecco la sua lettera

  • di Redazione MOW Redazione MOW

11 marzo 2021

"Deve tornare in carcere". Alla notizia Fabrizio Corona si ferisce in diretta Instagram. Ecco la sua lettera
Il Tribunale di sorveglianza gli ha revocato il differimento della pena e la reazione è incontrollata sui social dove si presenta con il volto coperto di sangue e minacciando i magistrati: "Sacrificherò la mia vita per togliervi da quelle sedie". In anteprima pubblichiamo la sua lettera integrale che scrisse per evitare il carcere

di Redazione MOW Redazione MOW

Non c’è pace per Fabrizio Corona. In queste ore, infatti, per l’ex re dei paparazzi potrebbero tornare a spalancarsi le porte del carcere. La Procura Generale aveva chiesto di revocargli i domiciliari, in particolare dopo una serie di violazioni delle regole previste dal regime speciale e pare che l’istanza sia stata accolta. Lo si capisce dalle storie Instagram che ha pubblicato, nelle quali si presenta con il volto insanguinato e mentre si scaglia duramente proprio contro i giudici del Tribunale di Sorveglianza, nello specifico il giudice Marina Corti, che segue proprio la fase di esecuzione della sua pena: "Sacrificherò la mia vita per togliervi da quelle sedie".

Pare che, una volta appresa la notizia, Corona si sia inflitto volontariamente dei tagli ai polsi. Una reazione di autolesionismo che lui stesso mette in evidenza sui video social, in cui si vede l’ingresso dell’abitazione pieno di sangue. Lo ricordiamo, Fabrizio Corona deve scontare un residuo di pena per complessivi due anni e sei mesi, pertanto potrebbe tornare in libertà nel 2023. Nel calcolo sono già inclusi i nove mesi già scontati in regime di affidamento terapeutico.

Fabrizio Corona, come ultimo tentativo di evitare il carcere, aveva scritto una lettera rivolta proprio ai giudici del Tribunale di Sorveglianza che siamo in grado di pubblicare integralmente.

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Volanti della polizia e l'ambulanza davanti a casa di Corona

La lettera integrale di Fabrizio Corona

Lunedì 8 marzo 2021

Negli ultimi 25 anni della mia vita non avevo mai pianto neanche per la morte di mio padre. Ho pianto il 15 settembre, dopo che mio figlio Carlos Maria, dopo 9 mesi in cui avevo dato tutto me stesso per farlo stare meglio e c’ero riuscito, è tornato a casa sconvolto e con una grande psicosi in atto. E’ stato il dolore più grande che ho provato fino ad oggi. Ogni tanto, per sbaglio, per la confusione e le mille problematiche della mia vita, mi dimentico di prendere la terapia che mi è stata prescritta, e mi addormento. Durante la notte ho i flashback, come i reduci del Vietnam e vedo i mostri, rivivo i lunghi anni di galera più brutti, i pensieri da cui non riesco ad allontanarmi e che non potrò mai dimenticare e mai cancellare dalla mente. Chi non lo ha vissuto non potrà mai capirlo veramente . La mia condanna totale è di 10 anni e 10 mesi e 24 giorni. I “reati” li ho commessi tutti nel 2006/2007/2008. Per 15 anni non ho commesso più un reato a parte una condanna di 6 mesi per un semplice reato di un art. 11. Ho fatto 5 anni e 1 mese di branda/carcere. 4 mesi di detenzione domiciliare in comunità. 1 anno e 5 mesi di arresti domiciliari. Ho fatto 2 anni e sette mesi di affidamento, me ne hanno revocati 2 anni e 4 mesi anche se non ho commesso nessun reato. Eccetto fare il mio lavoro ed essere me stesso. A quest’ora la mia pena sarebbe già estinta, finita. Ho messo testa e cuore in questi 15 mesi, ero e sono convinto tutt’ora di essermi comportato in maniera impeccabile, tenendo conto che sono chiuso senza ora d’aria e sono in cura farmacologica e quindi qualche reazione ad eventi assurdi, impensabili e privati la posso anche avere. Sono un essere umano. Non sono un criminale. Quando esco 1 volta alla settimana per andare a fare le visite psichiatriche, dopo 30 minuti che sono fuori, mi gira la testa, mi viene da vomitare e voglio tornare a casa tra quelle 4 mura che contengono i pochi affetti e la mia difesa dalla vita che è diventata sempre più difficile. Se fossi libero non avrei nè la voglia nè la forza di uscire. Non sono e non sarò mai quello di prima. Ora sono vecchio. Mi dispiace se ho sbagliato, come dite voi, se ho commesso gravi violazioni come dite voi chedevono essere punite come ultima ratio e unica possibilità con il mio ritorno all’inferno. Di me non mi importa nulla. Ma se mi ributtate dentro uccidete 2 persone mio figlio che è dipendente da me , e solamente me, e mia madre che è una brava e anziana donna che ha già sofferto abbastanza.

Chiedo perdono per ciò che ho fatto. Vi chiedo pietas.

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