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"Lesbica di m***a"
e le danneggiano l'auto.
La video-denuncia social di Camilla

  • di Gianmarco Aimi Gianmarco Aimi

28 ottobre 2020

"Lesbica di m***a" e le danneggiano l'auto. La video-denuncia social di Camilla
Camilla ha 23 anni, è una infermiera di Genova e da qualche tempo i vicini di casa la insultano, la minacciano e la intimidiscono, come attraverso il danneggiamento dell’auto. Tutto a causa dei suoi gusti sessuali, come ha segnalato l’avvocato Cathy La Torre pubblicando il suo video di sfogo

di Gianmarco Aimi Gianmarco Aimi

È un incubo quello che sta vivendo Camilla e solo perché ama un’altra donna. Questo, a quanto pare, il motivo che spinge i suoi vicini di casa a insultarla, minacciarla e, da ultimo, a danneggiarle l’auto. Ora però la giovane di 23 anni, infermiera a Genova, ha deciso di denunciare non solo alle forze dell’ordine – che per ora non sembra abbiano fatto granché – ma anche via social attraverso la pagina Instagram dell’avvocato Cathy La Torre che da anni si batte nella difesa dei diritti Lgbt ed è fondatrice di Odiare ti costa, nota iniziativa contro l’odio in rete.

Visualizza questo post su Instagram

La ragazza che vedete qui si chiama Camilla Cannoni. Ha 23 anni, vive a Genova, è un'infermiera ma da qualche mese, ormai, la sua vita è diventata un incubo. E lo è diventata a causa dei suoi vicini di casa. Prima gli insulti, via via sempre più pesanti, poi le minacce e le intimidazioni, fino ad arrivare a gesti sempre più eclatanti, come il danneggiamento della sua macchina. Le hanno portato via gli specchietti e le hanno forato tutte le gomme. La colpa di Camilla? Quella di essere lesbica e di convivere con la sua compagna. "Lesbica di merda", così l'hanno chiamata, per poi etichettarla con il classico marchio di infamia che buona parte della comunità #lgbtqia ha ricevuto almeno una volta nella propria vita: "Pervertita". Perché il paradosso è davvero tutto qui: nell'amore considerato deviante e nell'odio, nella discriminazione, nella prevaricazione ritenuti "normali". Anzi, persino da ostentare. Camilla quelle parole, seguite da minacce di morte, le ha persino registrate. La risposta dei Carabinieri? "Sono cose che si dicono durante un litigio tra persone...". Una situazione, questa, che l'ha portata a parcheggiare stabilmente a 10 minuti di distanza dalla propria abitazione, nel timore di nuovi danni. Come se il punto non fosse esattamente questo: sono "cose che si dicono", ma che non dovrebbero essere dette. Perché le parole d'odio feriscono, talvolta uccidono. E in più, se da "cose che si dicono" diventassero cose che si fanno, come del resto già avviene? Perché la storia di Camilla non è l'eccezione. È la norma. Ed è per questo che una legge contro l' #omolesbobitransfobia è necessaria. Non da oggi, ma almeno dal giorno in cui Nichi Vendola presentò la prima proposta normativa a riguardo. Pensate, son passati 24 anni da allora. 24 anni in cui ci hanno sempre raccontato che "non era mai il momento". E così, anno dopo anno, il tempo di una legge non è arrivato davvero mai. E quelle parole, appunto, sono diventate non solo "parole che si dicono", ma che si fanno. Ecco, adesso basta. L'odio non può più essere un costo per chi lo subisce. Deve esserlo solamente per chi lo pratica. @camillacannoni #camillacannoni #omofobia #ddlzan

Un post condiviso da Cathy La Torre (@avvocathy) in data: 28 Ott 2020 alle ore 4:24 PDT

Il post dell'avvocato Cathy La Torre

La ragazza che vedete qui si chiama Camilla Cannoni.

Ha 23 anni, vive a Genova, è un'infermiera ma da qualche mese, ormai, la sua vita è diventata un incubo. E lo è diventata a causa dei suoi vicini di casa.

Prima gli insulti, via via sempre più pesanti, poi le minacce e le intimidazioni, fino ad arrivare a gesti sempre più eclatanti, come il danneggiamento della sua macchina. Le hanno portato via gli specchietti e le hanno forato tutte le gomme.

La colpa di Camilla? Quella di essere lesbica e di convivere con la sua compagna.

"Lesbica di merda", così l'hanno chiamata, per poi etichettarla con il classico marchio di infamia che buona parte della comunità #lgbtqia ha ricevuto almeno una volta nella propria vita: "Pervertita".

Perché il paradosso è davvero tutto qui: nell'amore considerato deviante e nell'odio, nella discriminazione, nella prevaricazione ritenuti "normali". Anzi, persino da ostentare.

Camilla quelle parole, seguite da minacce di morte, le ha persino registrate. La risposta dei Carabinieri? "Sono cose che si dicono durante un litigio tra persone...". Una situazione, questa, che l'ha portata a parcheggiare stabilmente a 10 minuti di distanza dalla propria abitazione, nel timore di nuovi danni.

Come se il punto non fosse esattamente questo: sono "cose che si dicono", ma che non dovrebbero essere dette. Perché le parole d'odio feriscono, talvolta uccidono.

E in più, se da "cose che si dicono" diventassero cose che si fanno, come del resto già avviene?

Perché la storia di Camilla non è l'eccezione. È la norma.

Ed è per questo che una legge contro l' #omolesbobitransfobia è necessaria. Non da oggi, ma almeno dal giorno in cui Nichi Vendola presentò la prima proposta normativa a riguardo. Pensate, son passati 24 anni da allora.

24 anni in cui ci hanno sempre raccontato che "non era mai il momento". E così, anno dopo anno, il tempo di una legge non è arrivato davvero mai. E quelle parole, appunto, sono diventate non solo "parole che si dicono", ma che si fanno.

Ecco, adesso basta.

L'odio non può più essere un costo per chi lo subisce.

Deve esserlo solamente per chi lo pratica.

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