Se la famiglia Benetton è stata estromessa dall’affaire Autostrade con una lauta buonuscita (2,4 miliardi di euro), siamo proprio sicuri che non esistano altri “ras” della viabilità in Italia in grado di speculare sulle concessioni, la manutenzione e il costo dei biglietti? Non dovremmo esserlo perché, come segnala il quotidiano La Verità, esistono diversi altri soggetti che continuano a controllare tratti importanti di strade italiane e a fare il bello e il cattivo tempo alla faccia dello Stato.
ASTM (Gruppo Gavio)
Il gruppo Astm della famiglia Gavio pensa a nuovi ricorsi in sede europea contro la decisione del ministero di aggiudicare la concessione della A21 Torino-Piacenza e del pacchetto A4-A5 (Torino-Ivrea-Quincinetto, la bretella Ivrea-Santhià e la tangenziale torinese) al consorzio Sis, formato dalla famiglia Dogliani e la spagnola Sacyr. Era stato previsto nel 2019, quando l’ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, avviò la gara per il rinnovo delle concessioni, scadute tra il 2016 e il 2017. Gavio si era aggiudicato la concessione, ma poi era stato estromesso perché la capogruppo Salt non ha i requisiti richiesti, in possesso invece delle altre società. Non sono bastati i ricorsi presentati, prima al Tar e poi al Consiglio di Stato contro la bocciatura: al ministero hanno deciso di perfezionare il provvedimento di aggiudicazione a Sis, anche se la disputa legale potrebbe andare avanti ancora a lungo. Secondo Astm, l’esclusione sarebbe contraria alle regole europee sui bandi e causerebbe allo Stato una perdita economica di 1,3 miliardi di euro. Nella peggiore delle ipotesi, i Gavio si ritroverebbero in tasca un assegno da circa 700 milioni di euro, visti i generosi indennizzi di subentro previsti per le società concessionarie che lasciano una tratta. Negli ultimi anni, lo Stato ha affidato nelle mani della Astm 12 reti autostradali, a controllo diretto o congiunto. Il 20% della rete è in mano ai signori di Tortona, il cui volume di affari nel 2020 ha superato nuovamente i 2 miliardi di euro. Dal pedaggio, la Astm ha ricavato 949 milioni di euro netti, cioè 2,6 milioni di euro al giorno. Una bella cifra, se si considera la riduzione dei transiti imposta in questi mesi per arginare la diffusione da Covid. Eppure, sull’Autostrada dei Fiori i Gavio starebbero pensando a un nuovo aumento dei pedaggi, previsto per la fine dell’anno.
Lazio e Abruzzo
Il «cuore verde» della Toto Holding spa è di quelli pesanti, da oltre 200 milioni di fatturato e 9 milioni di utili nell’ultimo anno: solo con i pedaggi la società Strada dei Parchi, concessionaria delle autostrade A24-A25 che collegano Lazio e Abruzzo, ricava 162 milioni di euro. «Con le tariffe che paghiamo, i ponti e i viadotti su cui viaggiamo ogni giorno dovrebbero essere smaltati d’oro», ha detto a La Verità Augusto De Sanctis, consulente ambientale che da anni studia i piani della società di cui Carlo Toto è azionista di maggioranza. «Può sembrare una provocazione, ma noi crediamo che il gestore di una casa abbia il dovere di intervenire quando i balconi sono così ammalorati che persino i ferri portanti risultano scoperti». Sui 281 chilometri dell’Autoparchi, i balconi sono i ponti e i viadotti su cui hanno acceso un faro alcune Procure. «Le armature delle pile sono completamente corrose, il ferro si frantuma con la sola forza delle dita», si legge in un’informativa dei carabinieri alla Procura dell’Aquila, che indaga sullo stato delle infrastrutture sul territorio provinciale. Secondo il procuratore Michele Renzo, che ha chiesto il rinvio a giudizio per Toto e altri tre manager della società tra cui l’attuale presidente Cesare Ramadori, il «gruppo aziendale deputato alla gestione delle autostrade» avrebbe deciso di «omettere del tutto gli interventi di manutenzione ordinaria» su almeno 25 tra viadotti, rampe e attraversamenti. I rapporti trimestrali e annuali di vigilanza prodotti da Gianfranco Rapposelli , amministratore delegato di Infraengineering, la società di progettazione del gruppo Toto, «tendevano a minimizzare la reale condizione di deterioramento delle opere, negando la necessità di interventi manutentivi»
In Sicilia
«Quando passi dal casello, in Sicilia, paghi per rischiare la vita». Lo ha scritto il deputato dell’Assemblea regionale Antonio De Luca (Movimento 5 stelle) e fa capire lo stato in cui versano alcune delle arterie autostradali dell’isola, in concessione fino al 2030 al Consorzio per le autostrade siciliane. «Un carrozzone poco incisivo, se non addirittura nocivo», come è stato definito in alcune interrogazioni parlamentari rivolte all’ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli.
Modena-Brennero
Le rendite di posizione che corrono lungo i 314 chilometri della tratta A22 Modena-Brennero fanno gola a tutti, soci pubblici e privati. «Quasi tutti ritengono più vantaggioso andare avanti così, lasciando irrisolta uno situazione di stallo che dura dal 2014», racconta a La Verità Alex Marini, consigliere del Movimento 5 stelle nella Provincia di Trento. Più di sette anni di proroghe, per una delle concessioni più redditizie dell’intero sistema autostradale italiano: nell’ultimo bilancio depositato, Autobrennero spa ha iscritto 327,4 milioni di introiti derivanti da pedaggio, con un incasso medio giornaliero di 897.100 euro. L’ultimo prolungamento è spuntato fuori in sede di conversione del decreto Sostegni: spostamento del termine della concessione di appena 3 mesi. Scadenza prevista il 31 luglio prossimo. «Credo sia difficilmente comprensibile una proroga di qualche mese appena. Dopo sette anni di interlocuzioni a ogni livello, di pareri e di decreti non si è ancora arrivati a un punto di sintesi sull’idea di gestione da perseguire», ha aggiunto Marini. Per lasciare il cda, la richiesta è alta: circa 160 milioni di euro, cioè il doppio rispetto alla soglia fissata dalla Corte dei conti per evitare il danno erariale.