Su una cosa tutti possono concordare: Danilo Toninelli è rimasto fedele al proprio io. Ed è rimasto orgogliosamente tale, dice, per “non avere ascoltato i consigli di chi mi si professava amico e mi diceva di non essere me stesso”. Sul fatto che ciò sia un bene o un male, le opinioni possono cominciare a divergere. E di molto. Ma nella propria autobiografia autoprodotta (sostanzialmente limitata all’epopea di un anno di governo finito male) l’ex ministro delle infrastrutture grillino – “senza filtri” – rivendica ogni parte del personaggio pubblico che gli italiani hanno avuto modo di scoprire, un personaggio, a detta dell’autore, alle prese con una costante “lotta per il bene della gente”.
L’opera, appena uscita, si intitola “Non mollare mai - La storia del ministro più attaccato di sempre”, ed è stata partorita “in un grazioso monolocale con vista sui tetti di Trastevere, dove il silenzio veniva rotto solo dai rintocchi delle campane della Basilica”: “La semplice notizia della sua pubblicazione – dice al riguardo Toninelli – ha già scatenato il Sistema contro di me”. Per combattere questo Sistema, non resta che correre sugli scaffali e-commerce allestiti dall’uomo più ricco del mondo e comprare il libro, acquistabile solo su Amazon. In questa battaglia però fortunatamente Danilo non è solo, perché il volume è rilanciato pure sul blog di Beppe Grillo. Comprando il libro ci si guadagna anche la dedica dell’autore e si entra a far parte dell’esercito che dà battaglia, ormai pare quasi superfluo specificarlo, “al Sistema che opprime gli onesti”.
Apprendiamo che Toninelli salutava tutti i dipendenti del Ministero con un semplice “ciao”, arrivava in “tuta ginnica” alle 8 dopo una seduta mattutina in palestra e si cambiava in ufficio, si muoveva su un'Alfa Giulia con a bordo cinque persone tra scorta e staff, di cui tre stipate dietro (lui compreso) a studiare dossier. Quando apprende dalla tv che sciaguratamente non sarà nella squadra del Conte-bis (“Guardavo la maratona di Mentana e Conte non ha citato il mio nome tra i ministri”), non manca di aiutare i collaboratori a fare gli scatoloni. Ed è un peccato, perché una volta destinato all’ufficio più ambito del Dicastero di Porta Pia il Nostro dovette “studiare tantissimo, in poco tempo, soprattutto in virtù delle uscite pubbliche da ministro”. Uscite che quindi, a rigor di logica, erano studiate.
Non può mancare l’arcinemico Salvini, incidentalmente compagno di governo (quel governo poi fatto cadere dallo stesso leader leghista, reo di aver estromesso dal palazzo, oltre a sé stesso, anche il povero e incolpevole Danilo). Su Salvini, al quale associa “una boria incontenibile, inumana”, Toninelli spara cannonate, tra cui “si arrese quasi subito a Benetton”. Tra le tante presunte divergenze, quelle sull'approccio propagandistico sui migranti, ma, nonostante a detta di Danilo privatamente lo tranquillizzi (“Al telefono Salvini si dichiarò d’accordo”), poi il leader della Lega fa come più gli aggrada (“le sue azioni andarono in tutt’altra direzione”). Lo stesso Toninelli comunque ammette che alcune ong in mare “tenevano comportamenti dubbi” e furono adottate come “simbolo generico e raffazzonato della sinistra”. Però gli onori sono tutti per Matteo: “Al supermercato le persone mi fermavano per chiedermi di salutare Salvini e di ringraziarlo per non avere concesso ai migranti di sbarcare, oppure mi pregavano di non litigare con la Lega, che ci stava salvando dall’invasione”. Invece le battaglie di Toninelli sembrano non essere apprezzate dall’opinione pubblica, che pare non riconoscere gli sforzi per esempio sulla questione delle concessioni autostradali “per fare tornare ai cittadini gli immensi utili derivanti dalla loro gestione” o il “grande traguardo” dello sblocco della strada provinciale calabrese di Joppolo, funestata addirittura dalla caduta di un masso: “La notizia di Joppolo venne completamente ignorata sui media nazionali, non importava che insieme ai miei validissimi collaboratori stavamo gestendo un problema dietro l’altro”. Evidentemente non c’è stato tempo di affrontare il problema del congiuntivo, ma non vorremmo contribuire alla “macchina del fango”, quindi glissiamo.
L’ex ministro delle infrastrutture occupa gran parte del libro a dipingersi come vittima di una qualche variante del famigerato metodo Boffo, preso di mira dai giornali un po’ perché incorruttibile, un po' per quella sua “sincerità che qualcuno ha definito ingenuità”. Si sente incompreso, come quando parla del tunnel del Brennero, del Tav, quando viene criticato perché professandosi ecologista compra un’auto diesel (“per risparmiare”) o quando si fa e pubblica un selfie in vacanza pochi giorni dopo il crollo del ponte Morandi: “Con un po’ di corretta informazione i miei intenti sarebbero risultati chiari e coerenti”. Altro che proverbiali gaffe. Però Toninelli, che qualcuno ha perfidamente e ingiustamente soprannominato “Toninulla”, aveva già mangiato la foglia e non aveva mancato di avvisare chi gli stava (letteralmente) vicino: “Li avvertii – scrive di aver detto agli amici di grigliata del condominio – che stavo affrontando dossier scottanti, che toccavano un sistema di potere e denaro molto forte e che non avrebbero dovuto credere a quanto si sarebbe detto su di me. Dissi che mi avrebbero dipinto come un incapace, un inetto, e che anche a loro sarebbero venuti dubbi su chi fossi realmente. Io sono stato massacrato dal sistema di potere mentre facevo il bene del Paese”.
Danilo da Soresina parla del proprio “grande cuore”: “A lungo andare se non hai un grande cuore la politica ti rende peggiore”. Toninelli è anche un padre e un marito premuroso che sta male ogni volta che deve tornare a Roma per prestare servizio al proprio Paese. Anche dentro i 5 Stelle, tuttavia, c’è qualcuno che lo ha deluso: “Alcuni sembrano più concentrati su come superare il limite interno dei due mandati che sulle giuste battaglie da combattere”.
Ciò che consola è che, se malauguratamente dovesse rivelarsi una meteora della politica, il Toninelli ministro non vivrà solo nei flebili ricordi dei più avvezzi alla cronaca: rimarrà sempre il suo libro, utile, all’occorrenza, a sbloccare mitologici ricordi digitati direttamente dalle mani del protagonista, il quale ha tenuto a precisarlo: “Il libro l’ho scritto io”. Dopo averlo letto, non sembra esserci particolare motivo di dubitarne.