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A 13 anni bestemmia:
condannato a 10 anni di carcere.
In Nigeria si può (anche senza legge)

  • di Marco Ciotola Marco Ciotola

17 settembre 2020

A 13 anni bestemmia: condannato a 10 anni di carcere. In Nigeria si può (anche senza legge)
Fa discutere quanto accaduto in Nigeria: un 13enne è stato condannato a 10 anni di carcere – con obbligo di lavori forzati – per blasfemia, ma non è riconosciuta dalla legge nigeriana e non se ne trova accenno nella stessa Costituzione del Paese

di Marco Ciotola Marco Ciotola

Omar Farouq ha 13 anni ed è un bambino. Come tutti i bambini, può capitare che faccia cose talvolta discutibili, immature, anche sbagliate. E, come tutti i bambini, dovrebbe ricevere i dovuti rimproveri e le corrette indicazioni circa cosa è opportuno e cosa no.

Omar è stato invece condannato a 10 anni di carcere per blasfemia da un tribunale della Sharia nello Stato di Kano, nel nord-ovest della Nigeria. L’accusa per lui è “utilizzo di un linguaggio volgare nei confronti di Allah in una discussione con un amico”.

La sentenza è arrivata a fine agosto, dalla stessa corte che ha di recente condannato a morte un'assistente di studio commerciale, Yahaya Sharif-Aminu, per aver “bestemmiato il profeta Maometto”.

Intanto l’avvocato di Farouq, Kola Alapinni, ha riferito alla CNN di aver presentato appello il 7 settembre, che mira a evidenziare come questa e simili sentenze rappresentino una violazione della Carta africana dei diritti e del benessere dei bambini, oltre che della costituzione nigeriana.

Ma per il momento a lui e al suo team di avvocati a lavoro sul caso non è stato concesso nessun permesso per incontrare Farouq dalle autorità dello Stato di Kano.

Alapinni ha scoperto per caso la vicenda del giovane, mentre lavorava al processo di Sharif-Aminu, condannato a morte – anche lui per blasfemia – dal tribunale dell'Alta Sharia di Kano:

“Abbiamo scoperto che erano stati condannati lo stesso giorno, dallo stesso giudice, nello stesso tribunale, entrambi per blasfemia. A quel punto però ci siamo resi conto che del caso di Omar nessuno parlava, quindi abbiamo dovuto muoverci rapidamente per presentare un appello per lui”, ha spiegato l’avvocato alla CNN.

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La blasfemia non è riconosciuta dalla legge nigeriana e non se ne trova accenno nella stessa Costituzione del Paese. Paese che però recepisce vicende che implicano la blasfemia come veri e propri affronti al vivere religioso quotidiano; tanto che la madre di Farouq è stata costretta a fuggire dalla sua casa per timori di rappresaglia, dopo che più volte una folla con intenzioni tutt’altro che pacifiche si era riunita nei pressi della sua abitazione.

L’UNICEF ha espresso pieno dissenso nei confronti della circostanza, e in una nota ufficiale ha sottolineato la “profonda preoccupazione per la condanna”. Peter Hawkins, rappresentante UNICEF in Nigeria, ha cercato di far luce sui tratti inconcepibili di quanto accaduto:

“La condanna di questo bambino a 10 anni di carcere con obbligo di lavori forzati è assurda e profondamente sbagliata, Nega anche tutti i principi fondamentali alla base dei diritti dei bambini e della giustizia dei minori a cui la Nigeria - e di conseguenza, lo Stato di Kano - ha aderito”.

Lo stato di Kano, come la maggior parte degli stati a prevalenza musulmana in Nigeria, affianca la sharia a una legislazione di fatto laica.

L'UNICEF ha chiesto al governo nigeriano e al governo dello Stato di Kano di riesaminare con urgenza il caso e annullare la sentenza. Ha inoltre evidenziato come il tutto non faccia che sollecitare la necessità di accelerare l'emanazione del disegno di legge sulla protezione dell'infanzia dello Stato di Kano, così da garantire che tutti i bambini sotto i 18 anni, incluso Omar Farouq, siano protetti e trattati in conformità con gli standard dei diritti dell'infanzia.

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  • Unicef
  • Condanna
  • blasfemia
  • Nigeria

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