“Ciao, sono Davide e vorrei aprire una pizzeria a Ibiza”. “Questo è un genio, voglio diventare suo socio”. È andato più o meno così il primo incontro all’Università delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo tra Davide Sarti e Pasquale Polito, fondatori di Forno Brisa a Bologna: un panificio dove si serve anche il caffè, con la forma di un’azienda a misura di persona e il pallino della sostenibilità. Definizione però ancora riduttiva, per un progetto dedicato a quella che si potrebbe definire ‘panificazione etica’. Qui fare il pane è un messaggio politico, passa da precise policy per il benessere di lavoratrici e lavoratori e mira alla tutela di persone e ambiente. Nato nel 2015, Forno Brisa adesso conta cinque punti vendita, due laboratori e uno spazio per la tostatura del caffè che arriva da piccole piantagioni di tutto il mondo. Un fatturato a sei zeri da un paio di anni a questa parte, una cinquantina di dipendenti con un’età media di 30 anni e campi di proprietà da dove arrivano farine non raffinate. Il tutto all’interno di una società benefit. Un’impresa, cioè, che “persegue finalità di beneficio comune operando in modo responsabile, sostenibile e trasparente”, dice lo statuto. Tra Davide e Pasquale è stato un vero colpo di fulmine lavorativo, per due che in quel momento si stringevano la mano da web designer e laureato in geografia. Sopra la testa di entrambi, però, un cielo di pagnotte.
Ma aprire un forno oggi conviene?
Una passione non conviene mai -risponde Pasquale- di fatto significa innamorarsi. In più, imparare un mestiere ti dà un’identità. In questo senso, quindi, conviene eccome: non è comodo, ma è bello. Inseguiamo quel sogno folle di fare quello che ci piace.
C’è stato un momento in cui avete capito che la direzione era quella giusta?
Non c’è stato un click preciso, ma un flusso che non si è mai fermato dal giorno dell’apertura.
E una fase scoraggiante?
Sicuramente tante difficoltà, ma nessuna ci ha fermato. Dalla nostra parte avevamo tante persone che ci hanno creduto e tanti maestri che ci hanno aiutato. Certo, i primi giorni del covid ci hanno messo un po’ di paura. Come a tutti, credo.
Il pane fa bene ai territori e alle persone. In che modo?
Non è solo il pane. È anche la tazzina di caffè, il bicchiere di vino, il pezzo di cioccolato. Tutti elementi della vita quotidiana che influiscono sulle persone in modo diretto come nutrimento del corpo e indiretto come nutrimento dello spirito. E così ha effetto anche il lavoro di chi produce questi alimenti. Noi stringiamo alleanze con tutti gli attori della filiera, pagando giusti prezzi per la materia prima e dicendo no ai diserbanti. Sposiamo una filosofia, una politica pratica di cura dell’ecosistema. Ci affidiamo alla conoscenza e facciamo in modo che le persone che comprano da noi abbiano accesso a tutte le informazioni. A partire dalla nostra regola base: nove metri quadri di terreno = una pagnotta da due kili.
Il pane diventa un ‘totem’ che simboleggia scelte nette, come un’organizzazione orizzontale, poche differenze retributive tra il personale, riunioni plenarie ogni tre mesi, una collaborazione sistemica.
Stabiliti questi principi tra tre anni potremmo anche ritrovarci a produrre seggiole.
E se Forno Brisa fosse un partito, quale sarebbe il primo punto del programma?
Lo stesso del manifesto: la nostra missione è nutrire persone e pianeta.
Anche con il sonno. Un’altra scelta infatti è non panificare durante le ore più importanti di riposo, ossia tra le 23.00 e le 03.00. Veniamo poi a due valori oggi tanto diffusi quanto abusati o sconosciuti: biodiversità e sostenibilità. Come spiegarli in modo semplice, soprattutto a chi è diffidente?
Il primo per noi è la valorizzazione delle diversità e delle singolarità, che insieme creano potenza e resilienza. Questo vale sia per i grani che per le persone. Sul secondo rubo le parole di Carlo Petrini, che sottolinea come i francesi abbiano tradotto il termine ‘sostenibile’ in modo più efficace: ‘durable’. È qualcosa che ti permette di andare avanti per molto tempo.
E in tutto questo come si inserisce il profitto?
Bisogna fare utili per rendersi utili, non c’è una lotta tra profit e non profit. Qualcuno dice che fare impresa per fare soldi è come vivere per respirare. A quello che fai serve un ‘perché’ e di sicuro non sono i soldi.
Che ruolo hanno avuto Bologna e la sua mentalità in questo progetto?
Brisa esiste perché c’è Bologna. Sincera, calda, colta, divertente, piena: il senso dei luoghi è l’unicità, e questa città è unica così. Quindi Brisa è così perché è qui, anche il Barolo sull’Etna sarebbe un’altra roba.
Specializzazione e formazione, due concetti chiave che a volte forse vengono usati come alibi per escludere.
La specializzazione è sacrosanta, ma va accompagnata ad una visione d’insieme. Puoi saper tirare bene le punizioni, ma devi conoscere le qualità dei tuoi compagni di squadra. La formazione è fondamentale, come tutto quello che ci metti in più nelle cose. Che poi, alla fine, i danni peggiori li fa l’ignoranza.
Come va in Italia nel vostro campo?
Nell’enogastronomia c’è un’evoluzione sanissima. All’inizio quello che facevamo risultava incomprensibile, adesso è condiviso. Ora aprono attività simili alle nostre e siamo contenti perché vuol dire che si corre insieme. Meglio prendere un solo caffè invece di cinque, ma pagandolo il giusto e non avvelenando o sfruttando nessuno.
Ai colloqui qual è la scintilla che fa scattare l’assunzione?
La filosofia è senza dubbio importante per stare in un’organizzazione come la nostra.
E il vostro team building com’è?
Non è un team building. Li chiamiamo tempi e spazi di comunicazione, per alimentare visione e scopi comuni. Andiamo a raccogliere la frutta e la mandiamo a degli amici che la trasformano in marmellata, campeggiamo in Abruzzo tra distese di grano e invitiamo persone che vengono a ispirarci con le loro esperienze. L’azienda felice secondo noi non si fa col ping pong in ufficio.
Cosa dite a chi vuole avviare un progetto simile?
Di scriverlo nero su bianco e condividerne visione e filosofia con quante più persone possibili. Poi tutto il resto deve risultare coerente.
E il vostro motto qual è?
Tutti titolari.