Su MOW è uscito un articolo molto interessante che parla del Webinar di Walter Nudo (chi?) “per cambiare la vita”. Nel pezzo, giustamente, ci si interrogava sul perché oramai personaggi della tv, personal trainer e in generale chiunque ormai paia improvvisarsi, come nel caso di Walter Nudo, “life e spiritual coach”. Ma qui la domanda da farsi è un’altra, ovvero perché la gente si iscrive a queste puttanate? Prima di tutto perché c’è una fortissima insicurezza, un senso di precarietà, oggi più che mai nella nostra società e sentiamo quindi il bisogno di sentirci dire da qualcuno quali possano essere le chiavi della felicità. Ma, anche qui, la risposta è presto detta, perché queste chiavi non esistono, come non esiste la panacea di tutti i mali, come non esistono i draghi le fate e i mostri. Esiste invece chi prova ad aumentare, riuscendoci, il proprio consenso sulla pelle e sulle insicurezze degli altri. E pensare che c’è un qualcosa che nel nostro Paese viene molto ma molto maltrattato e che si chiama scienza. Che, pensate un po’, è più umile del Walter Nudo di turno, perché non si arroga il diritto di darci verità certe ma parla di fatti veri solo “fino a prova contraria”.
E con ciò, quindi, che intendiamo dire? Che la scienza, con quelle apparentemente banali quattro parole, si mette continuamente in discussione, non è dogmatica, anzi, è contro tutte le forme di verità precostituite e preconfezionate servite all’utente come dato di fatto. E la scienza, come l’epistemologia, il cui fondatore è stato quel genio di Karl Popper, dovrebbero essere la voce da cui attingiamo, quel pensiero non unico ma multiplo che ci consente di ragionare, che dà spazio al dibattito e non a una visione monolitica della vita. Una delle frasi più celebri di Popper è “Non il possesso della conoscenza, della verità irrefutabile, fa l'uomo di scienza, ma la ricerca critica, persistente e inquieta, della verità”. E qui tutti i vari santoni del web dovrebbero fermarsi un attimo e chiedersi se forse non debbano ripassare qualcosina, o meglio, prendere (forse per la prima volta?) un libro in mano. Può risultare pesante, soprattutto se si è restii alla cultura nel senso più ampio di questo termine, ma se vuoi insegnare alla gente come si campa e tu per primo non hai le basi della dialettica, della gnoseologia e del suo significato, il consiglio è di chiudere baracca e far sì che i burattini trovino un corso magari più utile e ben strutturato.
Ma poi che cos’è la felicità? Che cazzo vuol dire essere un “life coach”? Per riprendere un altro grande della filosofia, Nietzsche, potremmo dire che “Chi soffre è una preda di tutti: di fronte ad un sofferente tutti si sentono saggi”, che non a caso ha usato la parola “preda”, perché ognuno di noi, che lo voglia o meno, lo è. Ma sapete quale è l’antidoto migliore per evitare queste cazzate che popolano il fantastico mondo dei social? Studiare, leggere, perché poi, se alla fine del corso vi sentite fregati, in parte vi sta bene, è giusto così, perché dare credibilità a questi personaggi mistici vuol dire svilire anni e anni di studi di chi il cervello lo conosce veramente. E dispiace anche dover dire a questi coach che ancora non si è capito che cosa insegnino che non dicono mai che noi siamo il frutto di un’attività elettrochimica costante, siamo il frutto di neuroni che si parlano tra di loro scambiandosi messaggi e neurotrasmettitori, tra cui la famosa dopamina, associata al piacere, o la serotonina, ma ce ne sono molti altri. Per cui noi siamo biologia, neurobiologia, non solo quando ci conviene, quando abbiamo bisogno del medico di turno, ma, vostro malgrado, lo siamo sempre. Sembrerà una visione riduzionistica della vita che lascia poco spazio a parole che risultano invece fuochi fatui, ma è proprio qui che bisogna scegliere tra il volere una amara verità o una ben condita bugia. In molti preferiranno, forse inconsciamente, la seconda, ma finché ci sarà gente che crede a figure di opinabilissima caratura loro continueranno a fare il gioco che sta riuscendo benissimo, mettendo qua e là parole come “anima”, “consapevolezza”, “ottenere risultati”, senza poi spiegare né il come né il loro vero senso della vita, perché sono i primi a non averlo capito. Forse è il caso che certi rapaci di vittime sentimentalmente ferite facciano mea culpa, perché non si rendono conto che, mentre loro arricchiscono il proprio conto in banca, la gente perde tempo prezioso che alimenta la crescita di una profonda sofferenza che, se lasciata a sé stessa, può creare non pochi danni.