Monaco e i Leclerc, Maranello e la Ferrari, sono sempre stati paralleli i destini dei fratelli monegaschi. Il dna vincente di Charles e Arthur potrebbe presto vederli correre insieme in Formula 1, un po’ come i fratelli Schumacher. Al momento, però, il piccolo di casa sta procedendo gradualmente nel suo sviluppo professionale approdando alla Driver Academy della Rossa.
Come tutti i fratelli le lotte in casa erano una prassi, ma anche le passioni sviluppate in comune: “Lui era diventato bravissimo a ping pong, quando era in trasferta con i kart io mi allenavo come un matto. Gli scacchi però sono sempre stati la nostra passione in comune, è un gioco mentale di strategia che ci piaceva a entrambi”. Il più piccolo dei tre fratelli ha poi descritto la personalità dei maggiori, da Lorenzo “Il più intelligente, le sue decisioni sono sempre state brillanti” a quella di Charles “È super competitivo, vuole vincere in ogni cosa che fa”. Intervistato da La Gazzetta dello Sport ha raccontato come la passione in famiglia per i motori lo abbia aiutato migliorare in continuazione: “Mio padre ci ha sempre dato giudizi molto onesti, non ci diceva bravi perché eravamo suoi figli – ha detto il ventenne – Le sfide con Charles sono cominciate da bambini, ma non solo al volante, anche quando giocavamo a calcio o basket, persino alla Playstation”.
È proprio su Charles Leclerc che Arthur descrive poi il suo modo di guidare in pista. Chiaramente dal punto di vista di un fratello: “Io non lo guardo come voi, ma certamente è velocissimo e soprattutto determinato, vuole sempre imparare di più e questo fa la differenza”. Ma guai a parlare di corse alle cene di famiglia: “Preferiamo parlare di altro, non ci sono soltanto le automobili nella vita”.
La piccola Montecarlo che sforna talenti in Formula 1, essere un Leclerc è un vantaggio solo quando si vince: “Se va male si trasforma un boomerang, è pesante avere tutti gli occhi addosso e tante aspettative, ma non l’ho scelto io quel cognome”. Generalità a parte, Arthur Leclerc è riuscito a entrare nella Ferrari Driver Academy, un traguardo che si stava allontanando a causa dei problemi economici della famiglia: “A un certo punto della mia vita ho dovuto smettere di correre perché non avevamo soldi – ha detto il monegasco – È un sogno poter continuare nell’orbita di marchio così prestigioso, qua c’è una formazione completa, dai valori trasmessi all’allenamento mentale”.
È giusto quindi guardare oltre il dito e sognare un futuro in Formula 1 guardando vincere Charles, come a Monza: “È stato come se avessi vinto io, guardarlo in tv è più stressante di quando corro io. Io in Formula 1? Sono cresciuto guardando Michael Schumacher e se sono nell’Academy un motivo ci sarà, per il momento però voglio concentrarmi sulla Formula 3 puntando a raggiungere il top, e meritarmelo”.