Per il caro gas in Kazakistan si stanno ammazzando per strada. In Italia, come per tutto, siamo più mansueti e rassegnati, ma ciò non significhi che il problema non esista, anzi. Per farvi fronte, si parla di un piano del Governo, che non sarebbe di immediata né di sicura attuazione ma che almeno potrebbe smuovere la certezza di quello che è stato fatto finora: assolutamente niente, con il risultato di bollette energetiche raddoppiate e prezzo dei carburanti a livelli imbarazzanti, con gpl e metano schizzati a cifre mai viste.
Per i ministri Cingolani (transizione ecologica) e Giorgetti (sviluppo economico) anziché aumentare le importazioni bisognerebbe tornare a sfruttare i giacimenti italiani di metano. Come? “Con un investimento attorno a 1-1,5 miliardi da parte delle compagnie petrolifere – riferisce il Sole 24 Ore – semplicemente aggiornando e potenziando i giacimenti di gas già attivi, in un paio d’anni potremmo raddoppiare l’estrazione da 3,5 a 7-8 miliardi di metri cubi l’anno, più del 10% dei 70 miliardi di metri cubi che ogni anno consuma l’Italia. Non servirebbe alcun aborrito giacimento nuovo, né alcuna riapertura di quei giacimenti chiusi fra l’applauso collettivo dei comitati nimby: sarebbe invece sufficiente rimettere in sesto gli impianti attivi, ridare attivismo ai pozzi già attivi ma ormai spompati, risvegliare i giacimenti sfiatati. Le compagnie sono pronte a giocare la partita con gli investimenti ma finché le leggi impediscono e le regole frenano nessuno si azzarda a rischiare un euro”.
Nel frattempo a Bagnacavallo (Ravenna), sotto la casa di Longanesi (gionalista e scrittore morto nel 1957), è iniziata la trivellazione del grande giacimento omonimo: “L’avvio dei pozzi come il Longanesi – sottolinea a riguardo il quotidiano della Confindustria – è un caso rarissimo, ormai, perché l’Italia da anni sui suoi giacimenti non perfora, non cerca, non investe. I giacimenti non piacciono ai politici italiani, leggi e divieti la scoraggiano, eppure dalla sola manutenzione dei giacimenti oggi in attività potrebbero arrivare 4 miliardi di metri cubi in più che oggi invece importiamo a prezzo superbo da migliaia di chilometri. Al 30 novembre l’Italia nel 2021 aveva consumato 66,4 miliardi di metri cubi di metano, di cui 3,05 dai giacimenti nazionali (-19,5%). Una ripresa dell’estrazione nazionale non cambierebbe lo scenario però ridurrebbe le emissioni fuggitive di metano e terrebbe in Italia (anche nelle casse pubbliche) quei soldi che oggi diamo ad algerini, russi, libici, azeri. Inoltre, tramite accordi con le compagnie, lo Stato potrebbe destinare a prezzo concordato quel gas ai settori più esposti ai costi energetici, tanto più che i prezzi internazionali non scenderanno, con quotazioni orgogliose anche per l’inverno 2022-2023”.
Si stima che investendo 322 milioni la produzione potrebbe raddoppiare da 800 a 1.600 milioni di metri cubi: “Quando fra 3 anni arriveranno anche i grandi giacimenti da 10 miliardi di metri cubi di Argo e Cassiopea nel Canale di Sicilia (Eni), il medio giacimento Longanesi in Romagna (Gas Plus) e altri giacimenti non ancora attivi o tenuti bloccati da norme nimby, divieti estetici e leggi pro-import, allora dagli 8 miliardi di metri cubi l’anno si potrebbe arrivare ben oltre i 10 miliardi di metri cubi”. Comunque solo la metà di quanto estraeva in Italia fra gli anni ’90 e i primi del 2000. E per essere “risvegliati” molti pozzi richiederebbero da diversi mesi a un paio d’anni. C’è poi la partita del giacimento dell’Alto Adriatico (30-40 miliardi di metri cubi), “intoccabile” per i timori degli effetti su Venezia. Si tratta poi sempre di risorse finite: “In tutto si stimano riserve per circa 92 miliardi di metri cubi che […] potrebbero dare un contributo di una dozzina di miliardi di metri cubi di gas l’anno per una decina di anni”.