Il brand americano di intimo sexy ha detto basta alle top model dalle gambe chilometriche e i corpi perfetti, adesso a rappresentare il marchio ci saranno le cosiddette “donne normali”: attiviste lgbt, femministe, trans, sportive e plus size tutte accuratamente selezionate dal quel calderone variegato e indefinito che è l’empowerment femminile” a dimostrazione della buona volontà del brand di essere inclusivo. (termine abusatissimo che vorrebbe significare “comprensione di tutte le realtà” ma che nella pratica si traduce in appiattimento di tutte le diversità).
Non si chiameranno più neanche gli angeli di Victoria’s Secret ma il VS collettivo, termine che rimanda ai centri sociali o ai gruppi di sostegno più che a delle modelle di intimo ma vabbè.
I malevoli diranno che il body/gender washing sia stata una mossa disperata per recuperare credibilità e risollevare le vendite da diversi anni in crisi e si sa a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca. Non solo un cambio di testimonial ma anche un cambio di prodotto: basta completini sexy con paillettes, pizzi e merletti, sì alle mutande in cotone e ai reggiseni senza ferretto. Con buona pace dell’eterno dilemma tra comodità e sensualità che ha tormentato per decenni tutte le donne del mondo. Ci ha pensato il colosso americano a dissipare ogni dubbio decidendo che l’unica biancheria degna di essere indossata è quella della nonna. A guardare il nuovo e-commerce del brand sembra più che Victoria nasconda un’ipotetica incontinenza da menopausa che un qualche segreto sexy.
Interpellato sulla nuova strategia del brand il ceo dell’azienda ha dichiarato: ”abbiamo sempre pensato a quel che volevano gli uomini ora pensiamo a quel che vogliono le donne”. Sorvolando sul fatto che questa affermazione detta da un uomo faccia abbastanza ridere la vera domanda è: chi l’ha detto che indossare biancheria sexy o volere essere sensuali e attraenti sia sbagliato e in qualche modo da condannare? Al netto della maldestra manovra di marketing fatta per cavalcare l’ondata dell’ultima crociata femminista, chi è che ha deciso che è questo che vogliono le donne? A me pare essere anche questa, in fin dei conti, un’imposizione dettata dalla moda. Ve la ricordate Sophia Loren che si toglie i collant nel film Ieri, oggi, domani? O Sharon Stone che accavalla le gambe in Basic Instinct? Ecco, dimenticatevele. Nel 2021 le donne di successo indossano calze comode, di sicuro non fanno gli spogliarelli e stanno sedute composte.
Quando si è deciso che il gioco della seduzione è frutto del patriarcato interiorizzato e che lo si faccia solo per piacere agli uomini? Le donne ci hanno messo decenni a conquistare la libertà di essere sexy, di indossare una minigonna in santa pace o un reggiseno push-up e adesso ci dicono che se li indossiamo siamo un cattivo esempio per la causa femminista. Sembra quasi che ci vogliano suggerire che per essere donne di successo non si può indossare altro che un reggiseno sportivo e che in nome di una fantomatico progresso sia giunta l’ora di appendere al chiodo la biancheria sexy e ogni tipo di gioco seduttivo.