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Cannabis, Sammartino: "In Italia prevale
confusione politica e ideologica”

  • di Marco Ciotola Marco Ciotola

3 aprile 2021

Cannabis, Sammartino: "In Italia prevale confusione politica e ideologica”
Francesco Sammartino gestisce la cooperativa agricola Molino Crisafulli di Caltagirone, che si pone alla guida di una crescita vertiginosa dei prodotti alimentari basati sulla canapa. E sul fronte legalizzazione non ha dubbi: “Manca un dibattito pubblico serio”

di Marco Ciotola Marco Ciotola

Il mercato dei prodotti derivati dalla cannabis vale circa 30 miliardi di dollari e porta avanti un percorso di crescita che – stando a quanto evidenziato anche dal Sole 24 Ore – si proietta verso i 95 miliardi di dollari del 2025. Con gli Stati Uniti in testa – seguìti da Australia, UK, Canada, Polonia, Francia, Colombia e Svizzera – l’Italia compare al nono posto di questa speciale classifica.

Una parte consistente del volume italiano la muove la cooperativa agricola Molino Crisafulli di Caltagirone, che coltiva 50 ettari di canapa e vince da tre anni consecutivi il premio come miglior olio di canapa italiano. Ce lo conferma Francesco Sammartino, alla guida della cooperativa insieme al padre Gaetano – associazione che tutela gli interessi di settore. Francesco non nasconde uno strato di resistenza culturale ancora forte: “quando parli di canapa la risatina nei primi approcci con i clienti c’è”.

Resistenza che – ci fa capire – è solo il derivato di una “confusione politica e ideologica”, quella che sul tema cannabis fa sì che prevalga sempre una banalizzazione e una mancanza di distinzione, e che soprattutto tiene lontano anni luce dalle evidenze scientifiche, che invece si moltiplicano.

Il problema sta paradossalmente nelle stesse persone che provano a farsi animatori della causa, ma affrontano il tema “in maniera banale, più pubblicitario che altro, dicono poco e male e l’idea che danno è sempre generica”.

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Francesco, ci spieghi in breve di cosa si occupa la cooperativa agricola Molino Crisafulli?

Nasce da un mulino storico di Caltagirone dei primi del Novecento, poi ristrutturato nel 1951. Il nostro core business è sempre stato il grano, grano duro in particolare, per panificazione e pastificazione. Da oltre 10 anni siamo stati i primi a riscommettere sui grani antichi, riscoprendone le proprietà organolettiche rispetto ai grani moderni e la qualità diversa del glutine, molto più digeribile anche per chi ne è intollerante.

E da lì qual è stato il percorso che vi ha portato fino alla coltivazione di 50 ettari di canapa?

Dal 2013 abbiamo ragionato sulle possibilità attorno alla canapa dal punto di vista alimentare, osservando le proprietà incredibili del seme sul fronte nutrizionale. E così nel 2016 abbiamo raggiunto il primo nostro ettaro di canapa, che fu allora una grande scommessa ma che siamo riusciti a vincere anticipando un po’ i giorni di semina. Quindi negli anni successivi gli ettari sono via via diventati prima 10, poi 20, fino ai 50 ettari di 3 anni fa.

Quali sono di preciso gli alimenti sui quali lavorate in questo momento?

Tutto parte dal seme di canapa, che è già un alimento, considerato un superfood per il suo profilo di acidi grassi omega 6 e omega 3 nel giusto rapporto tra loro, che tutti i nutrizionisti considerano cruciale in ottica di integrazione alimentare. Il seme poi viene trasformato in olio e farina di canapa.

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Come vanno le vendite ora? La pandemia ha influito sul vostro lavoro?

È stato un anno un po’ particolare. Come molti abbiamo notato un calo generale rispetto a tutti i prodotti generali. Per fortuna con il nostro olio continuiamo a registrare una grande richiesta: abbiamo vinto per tre anni consecutivi il premio come miglior olio di canapa italiano e le vendite continuano ad essere forti. Devo dire che la cosa che tutti ci riconoscono è stata quella di essere riusciti a far compiere un bel salto di qualità agli oli di canapa italiani, perché spremere e trattare i semi di canapa è un’operazione non facile vista la delicatezza del prodotto, ma la nostra familiarità e le nostre strutture ci hanno consentito buoni livelli di essiccazione, pulitura e spremitura.

Credo tu abbia seguito il recente caso di New York e della legalizzazione della cannabis a scopo ricreativo. Volevo chiederti, sul fronte più ampio della filiera, come influiscono e cosa ne pensi degli ostacoli burocratici e culturali alla diffusione in Italia?

Trattando il lato alimentare non abbiamo mai avuto grossi ostacoli o pubblicità negative. Va detto che quando parli di canapa la risatina nei primi approcci con i clienti e con qualcuno che non conosce il campo c’è. Ma nel momento in cui spieghi bene cosa fai, capiscono che c’è una differenza tra la canapa di tipo industriale e quella di tipo terapeutico, ludico o chiamiamola come vogliamo…

La nostra attività esula anche dal discorso cannabis light, ma è chiaro che tutto nasce dalla canapa. La mia speranza è che siamo sulla strada giusta per arrivare ad ottenere un tipo di legislazione che si mostri adeguata. Va detto anche però che molti errori sono arrivati proprio dai promotori della causa, e penso soprattutto al 2017 e al boom di EasyJoint, quando gli stessi anti-proibizionisti portarono un vero e proprio attacco frontale alla cannabis light, spingendo invece a pensare alla legalizzazione in senso più ampio e non sul fronte light. Io capisco benissimo l’interesse verso una legalizzazione, ma a questa ci si arriva con un processo serio, legale, graduale, che comprenda tutti i diversi aspetti. Da questo punto di vista, mettere insieme cannabis industriale e cannabis “ludica” è già un errore secondo me, sia dal punto di vista degli utilizzi che delle opportunità.

È la confusione informativa il primo ostacolo alla legalizzazione o influisce anche la cultura, la chiesa e simili impalcature ideologiche?

Io non credo sia solo un discorso di chiesa e Vaticano; in realtà il problema è che prevale la paura nel fare cose nuove. Ma nel momento in cui ci sono grosse evidenze scientifiche su proprietà e vantaggi, con le esperienze concrete di molti Paesi, su tutti gli Stati Uniti e il Canada, secondo me è inevitabile che anche noi ci arriveremo, ma ci vorrà tanto. Il punto è che l’Italia, oltre a soffrire del retaggio cattolico come dicevi, soffre di una confusione politica: quello che manca ed è sempre mancato è un dibattito pubblico serio. I confronti di idee, anche opposte tra loro, vanno benissimo; ma dobbiamo discuterne con serietà e serenità, mentre ogni volta si affronta il tema in maniera banale, più pubblicitario che altro, si dice poco e male e l’idea che si dà è sempre generica. Mentre invece molti elementi andrebbero specificati ed evidenziati, da quelli normativi a quelli scientifici: io ad esempio sono fortemente contrario a una legalizzazione per i minorenni, ma per esempio sul fronte scientifico andrebbe evidenziato molto bene che l’alcol fa molto più male della cannabis, evidenza supportata ormai da un numero sempre maggiore di studi.

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