Una notte, Gascoigne. Estate 1990. È così al di sopra contro la Germania che è irriconoscibile. Ma il giudice gli dà un simbolo di pace giallo, che vuol dire: qualsiasi cosa tu faccia, comunque andrà a finire, non giocherai la finale. Gascoigne si mette a piangere, esattamente come potrebbe piangere un bambino. Tutti, dai compagni agli allenatori, fino me, a casa seduto per terra davanti alla televisione, si passano uno sguardo. Preoccupazione, affetto, responsabilità. Siamo tutti i suoi adulti e abbiamo paura che abbia un crollo.
La vita di Gascoigne è semplicemente incompatibile con la narrazione della tv italiana trash mainstream di oggi, a dispetto del fatto che egli sia un pietoso rottame di ex alcolizzato. È così grottesco che dovrebbe essere perfetto per quel circo.
Ma tutta la vita di Gascoigne è altro. E altrove, agli antipodi. Una iniziazione e un oscillare emotivo tra le sensazioni. La gioia pura della felicità, la gioia di una promessa che diventa compiuta, ma con allegria, così compiuta che comincia ad odorare di maturità. Questo travasa, letteralmente per riempimento, in un attimo, per una goccia, nella cupa consapevolezza non della forza, ma della fragilità. Il giallo in semifinale, l'amico del cuore affidato a lui e immediatamente investito. Il brusco trasferimento dal Newcastle e poi al Tottenham invece che allo United, una parabola biblica, se la bibbia fosse stata scritta l'ultima notte di carnevale.
Gascoigne per i più è un altro George Best, meno cool e dannato e più clownesco, sfortunato. Per me invece è un dio dionisiaco, il più vicino a Maradona degli europei, forse in potenziale il centrocampista più forte di ogni epoca, palla al piede. È un mistero che non conosce nessuno.
Per me Gascoigne è il prometeo dei fanciulli, l'adulto che ruba il senno ai grandi e porta la fiamma della follia e del talento nel rompere le regole, se sei abbastanza bravo e audace. La porta a noi, nel momento cruciale, mentre siamo bambini. Gascoigne è un rito di iniziazione, è uno sciamano con una maschera di scimmia bianca e celeste e la pancia di fuori che tira fuori la lingua per scacciare gli spiriti maligni e renderci dei guerrieri. È il motivo per cui provo pietà e compassione, per cui mi sta bene fare a pugni, per cui mi sta bene piangere davanti a tutti, per cui voglio bene e proteggo e in ultimo è il motivo primitivo per cui tifo la tribù per cui tifo.
Lo stregone matto con la maschera di scimmia ieri si è presentato alla tribù più grande, quella dei più numerosi e quindi dei più vili, che nulla amano perché nulla odiano, e che non comprendono né sono interessati ai misteri. Ridono spesso di tutto e tutti, essendo loro i più ridicoli e grotteschi. Sono più intelligenti di Gascoigne, ma infinitamente più sciocchi. Tanto non comprendono le parole del nostro stregone guerriero. Non ci sono guerrieri tra di loro, solo servi dei padroni che hanno altri servi e altri padroni, con le piume sui culi. È una tribù sguaiata, che parla una lingua cristallina in confronto ai versi sbiascicati del nostro.
Una sacerdotessa del nulla, che non comprende né la sua stessa bellezza né le sue stesse parole dice: COSA TI PIACE?
Il nostro stregone folle si tramuta in una enorme scimmia magica con piume di aquila e becco d'oro, si indica il petto coi pollici fiammeggianti e dice: ME ME.
Fissa il cielo lontano, azzurro: E LA CURVA NORD.
Siamo noi. E la nostra tribù gioisce, si commuove, le lacrime solcano il viso e mostriamo in segno di sfida i culi celesti ai nostri nemici.
Paul Gascoigne la la la la,
Paul Gascoigne la la la la,
Paul Gascoigne la la la la,
La la la la la la lalalala...
PS
Mi viene da commuovermi per sempre per tutte le volte che ho visto l'allegria folle di Gazza scontrarsi e distruggersi contro qualcosa di brutto. Tutte le volte, per sempre.