L'immunità al coronavirus va diminuendo nel tempo. A rivelare la probabilità è uno studio britannico che ha preso in esame centinaia di migliaia di persone in tutta l'Inghilterra.
I risultati della sperimentazione, frutto di mesi di lavoro, lasciano spazio a pochi dubbi per i ricercatori: la tendenza è quella a una graduale diminuzione dell'immunità nel tempo:
“Osserviamo un calo significativo nella proporzione di popolazione con anticorpi rilevabili nei tre step di controlli su scala nazionale, utilizzando un test auto-somministrato, 12, 18 e 24 settimane dopo il primo picco di contagi in Inghilterra”, si legge nel rapporto conclusivo.
Un'osservazione che fa rumore ma che sembra in linea con quanto già riscontrato in passato a proposito della famiglia dei coronavirus.
I ricercatori hanno inviato a casa test con puntura delle dita a oltre 365.000 persone selezionate casualmente in Inghilterra, riscontrando un calo di oltre il 26% degli anticorpi Covid-19 in soli tre mesi.
Calo graduale che va intensificandosi a distanza di 12, 18 e 24 settimane dopo il primo picco di infezioni in Inghilterra. Un elemento certamente da sottolineare, eppure coerente con quanto già riscontrato negli anni anche secondo gli esperti a capo della ricerca:
“L'evidenza scientifica già suggeriva che l'immunità ai coronavirus stagionali diminuisse da 6 a 12 mesi dopo l'infezione, e i dati emergenti su SARS-CoV-2 hanno anche rilevato una diminuzione nel tempo dei livelli di anticorpi negli individui seguìti in studi protratti nel tempo”.
Lo studio è stato pubblicato lunedì dall'Imperial College di Londra e da Ipsos MORI, società che cura ricerche di mercato. A inizio dei lavori, a giugno, il 6% di coloro che avevano effettuato i test presentava risposte anticorpali IgG al coronavirus. Mentre, a settembre, la percentuale era scesa al 4,4%.
Le IgG - immunoglobuline G - sono un tipo di anticorpi, cioè molecole coinvolte nella risposta immunitaria dell'organismo umano. Si tratta di proteine che il corpo genera naturalmente al fine di combattere le infezioni. I test e l'intero lavoro britannico non sono stati progettati per rilevare altri tipi di anticorpi.
Va infatti precisato che diversi gruppi di ricerca hanno rilevato che altri tipi di anticorpi possono avere una persistenza più elevata rispetto alle IgG. Elemento che di fatto non consente di esprimere certezze e portare il discorso su una scala globale.
In ogni caso per Helen Ward, tra le figure a capo della ricerca targata Imperial College di Londra, lo studio può rivelarsi cruciale e condurre verso chiarimenti futuri circa il già molto dibattuto nodo reinfezione:
“Si tratta di un lavoro molto ampio, che ha dimostrato come la percentuale di persone con anticorpi rilevabili stia diminuendo nel tempo. Non sappiamo ancora se questo possa far tornare le persone a rischio reinfezione da COVID-19, ma è essenziale che tutti continuino a seguire le indicazioni per ridurre il rischio per se stessi e gli altri”.
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