Previously, on “2020”:
L’Australia va a fuoco, è la più grande catastrofe ambientale degli ultimi 20 anni!/Ehi c’è un nuovo virus che fa migliaia di vittime in Cina!”/Focolai in Lombardia e Veneto!/Zona Rossa/Una lunga fila di mezzi militari trasporta i cadaveri fuori da Bergamo/L’Italia chiude/“Ce la faremoooo!”/Suoniamo e cantiamo sui balconi/“Andrà tutto bene!”/Siamo stati bravissimi/godiamoci le vacanze/indossiamo le mascherine e laviamoci le mani/“Il virus ha perso la sua carica virale”/“Focolaio al Billionaire!”/Chiudiamo le discoteche/“Lockdown all’italiana”/Attenzione alla seconda ondata/Mi raccomando siamo responsabili/indossiamo le mascherine e laviamoci le mani/Si impennano i contagi!!!/Mascherine!/La situazione è meglio che a marzo/Mi raccomando siamo responsabili/Mascherine!/Silenzio che parla Conte: DPCM/Coprifuoco!/La regione Campania chiude!/Guerra civile in strada!/DPCM/Chiusura anticipata alla 18/Ciao a cinema, teatri, concerti, palestre, cene al ristorante/Andrà tutto benino?
Il 2020 è indubbiamente la serie televisiva più incredibile di sempre: tensione crescente, colpi di scena, sottotrame avvincenti quanto il plot principale, jump the shark, scene di battaglie campali con angoli di strade avvolte nelle fiamme, finali aperti… sarebbe tutto perfetto se non fosse per un piccolo, ma rilevante particolare: è tutto vero.
Forse il governo ha pensato che, con una simile quantità di intrattenimento, tenere aperti cinema, teatri e sale da concerto e locali sarebbe stato tutto sommato superfluo. Eppure, a gennaio Paolo Fox, dando ennesimo sfoggio dei suoi poteri divinatori, era stato chiaro, dicendo che questo sarebbe stato “un anno di crescita, addirittura vantaggioso per i viaggi e gli spostamenti” e che avremmo avuto “tra gennaio e maggio una bellissima situazione”. Che è successo?
Al World Pasta Day, la giornata consacrata alla celebrazione di uno dei più consolidati simboli dell’italianità del mondo, Giuseppe Conte ha parlato di nuovo. Conte è la ragazza più figa del liceo che non ci capacitiamo di come sia possibile che esca con noi, che non siamo né ricchi né belli, dalla quale ci aspettiamo che ci rifili una sòla da un momento all’altro. Perché è così che va il mondo, perché “la sostanza si vendica sulla poesia” come cantava Agnelli in un vecchio pezzo degli Afterhours. E la sòla è arrivata. Secondo l’ultimo DPCM, l’equivalente del Governo dello schiocco di dita di Thanos, palestre, cinema, teatri, sale da concerto chiudono. I bar, i locali, le pasticcerie, le gelaterie e i ristoranti hanno invece l’obbligo di chiudere alle 18, limitandosi nelle ore successive all’asporto. Quindi non chiudono, ma diventano semitrasparenti come le estremità di Marty McFly in Ritorno al Futuro.
Personalmente penso quello che tante persone oggi pensano: che si sia fatto troppo poco quando il numero di contagi era basso (immagino non sia semplice ma nella mia infinta ignoranza e qualunquismo continuo a pensare che dei nuovi posti di terapia intensiva siano più utili di banchi con le rotelle) e che certi provvedimenti siano stati presi senza apparente criterio nella logica del contenimento dei contagi: perché chiudere i cinema e i teatri, luoghi (soprattutto in Italia) già poco frequentati di per se, nei quali, grazie alla gestione dei posti a sedere e dei biglietti emessi era possibile mantenere le distanze e agire secondo i protocolli? Non sono mai stato in una palestra in vita mia, però conosco tante persone che ci vanno e mi hanno detto che in tutte erano stati adottati scrupolosi criteri di distanziamento e sanificazione, sempre a scapito del fatturato. Tanti bar, locali e ristoranti, dopo essersi sobbarcati di buon grado costi per modificare gli spazi per renderli conformi alle normative e sicuri per i propri avventori si sono ora visti cancellare buona parte dei guadagni con una drastica restrizione d’orario. Gli unici a tirare un sospiro di sollievo sono i fedeli: nelle chiese, a quanto pare, il virus non sembra propagarsi. Proprio ieri, prima che le bozze si trasformassero in DPCM, parlavo con due chef miei amici di cosa ci riservi il futuro: uno di loro mi ha detto “qualcosa mi dice che da domani chiuderò” e l’altro “te lo dico dopo il prossimo lockdown”. Oggi non potevo risentirli per un estemporaneo commento sulle nuove normative.
Ho conosciuto Diego Rossi due anni fa nel suo tempio milanese dedicato al quinto quarto, il suo ristorante Trippa a Milano. Avremmo dovuto lavorare a un programma televisivo morto sul nascere, e passammo una mattinata nella trattoria vuota. Qui il simpaticissimo Diego mi ha spiegato la sua idea di cucina, vecchia nelle metodologie, ma nuova negli accostamenti e sfrontata nei sapori: il rischio di fighettismo autocompiaciuto in una città posh come Milano, dato anche il carisma naturale del giovane (tatuaggi, baffetto killer, hachimachi in fronte durante il servizio) era alto ma la maestria di Rossi nel padroneggiare le materie più povere e neglette e trasformarle in qualcosa di sublime ha allontanato tutto questo trasformando il suo locale in un paradigma della “nuova vecchia trattoria” di successo. Mi fece assaggiare la matrice, ovvero la figa, di vacca, che gli valse una Stella Michelin quando militava al ristorante Antiche Contrade di Cuneo, e poi in dieci minuti mi preparò una zuppa di capra, patate e cavolo cappuccio che i miei bottoni gustativi ricordano ancora nitidamente.
Diego, la tua trattoria Trippa è aperta solo la sera. Ora che dalle 18 i ristoranti dovranno fare solo l’asporto, cosa farai? Aprirai a pranzo?
No, la decisione di stare aperti solo la sera, quando è nato Trippa, rispondeva a due esigenze: quella di avere anche un po’ di tempo per vivere oltre che per cucinare e stare al ristorante, per fare ricerca, per dormire decentemente; e quella di avere una proposta gastronomica articolata soprattutto per la cena. Frattaglie, tagli poveri, vini naturali, sono tutte cose che faccio fatica a immaginarmi a pranzo, o come lo chiamano per esser più cool “business lunch”. Anche perché il business ormai è per buona parte smart, la gente lavora da casa. Se dovessi stare aperto a pranzo dovrei ripensare a tutta la carta, senza contare che dovrei rinunciare a metà personale. Preferisco aspettare la fine di questo DPCM e capire come riorganizzarmi, piuttosto che sopravvivere facendo pochi coperti. Capisco benissimo che molti miei colleghi preferiscano restare aperti e rispetto la loro decisione. Per Trippa io credo che ora questa non sia la scelta migliore.
Pensi che questo decreto aiuterà a contenere i contagi?
Sin dall’inizio della pandemia, io e i miei soci come quasi tutti i miei colleghi ci siamo adoperati per mettere in pratica tutte le normative, per garantire la massima sicurezza dei nostri clienti. Detto questo, io sono ignorante ma sinceramente non ho mai pensato che stando a un metro e mezzo di distanza in un ristorante (come in qualunque altro luogo chiuso in cui per mangiare ci si toglie almeno temporaneamente la mascherina) il rischio di contagio non esistesse. E quando dicono “al massimo in 4 per tavolo” se sono in 5 scatta il contagio? Non penso. Questi provvedimenti sono stati fatti solo perché alcuni politici potessero dire di aver fatto il loro lavoro. È solo la mia modesta opinione, ma servono a poco, se non a impoverire il nostro settore e molti altri come il mio, che hanno già sofferto tanto.
Matteo Fronduti lo conoscevo grazie all’estemporanea fama televisiva guadagnata vincendo la prima edizione di Top Chef: ci aveva lavorato Marco, un mio carissimo amico e regista. Ma è quando ho letto una sua intervista di qualche tempo fa che trovate qui è stato amore. “La gastronomia è di moda. I cuochi sono diventati famosi ma tutti – me compreso – sono personaggi con uno scarsissimo impianto intellettuale che occupano un posto esposto mediaticamente, senza averne meriti. Se vai a intervistare Popper, lui ha qualcosa da dirti. Se vieni a intervistare me, ho da dirti di polpette. L’attenzione sul cibo ha spostato l’attenzione sui cuochi, che non sono meritevoli di questa attenzione: perchè gli viene chiesto al di là delle polpette e al di là delle polpette non sanno nulla”. Come fai a non amare un cuoco (non uno chef) che nel 2018 ti dice questo? Sono subito andato nel suo ristorante Manna, in una zona decentrata, Turro, che è anche il posto dove è nato e dove ha sviluppato la sua originale e provocatoria offerta gastronomica, con un occhio che guarda alla tradizione ma un altro che guarda dove minchia gli pare, perché come mi ha ribadito ieri “la tradizione vera e propria è solo una rottura di coglioni, perché non esiste: ognuno pensa che sia rispecchiata dal piatto che gli faceva la nonna a casa e che gli altri sbagliano. Il cibo è una cosa dinamica e vitale, difendere ad ogni costo la tradizione depositando le ricette alla camera di commercio è un esercizio di calcificazione sterile. Il vero tradizionalista della cucina italiana dovrebbe mangiare la pasta con un sugo bianco privata di quell’innovativo prodotto giunto dalle Americhe, il pomodoro”. Fisico da pilone di Rugby, baffo a manubrio che lo fa sembrare un personaggio ricorrente di Sons of Anarchy, Matteo pensa come cucina: benissimo e in modo mai banale.
A proposito delle ultime normative…
La cosa che più mi secca di questi provvedimenti, che sia l’ultimo DPCM o l’ordinanza regionale di Fontana, è che sono palesemente inutili nel loro obiettivo principale, ovvero il contenimento dei contagi. La prova la danno li stessi legislatori che varano provvedimenti sempre più restrittivi senza lasciare il tempo ai provvedimenti precedenti di sortire gli effetti desiderati. Queste azioni servono soltanto a far percepire al pubblico televisivo che purtroppo ha diritto di voto che questo è un governo “che fa”, a tutelare l’immagine dei politici e non quello che dovrebbe essere l’obiettivo primario, la salute pubblica. Un’altra cosa che fa rodere il culo è che a fronte di provvedimenti inutili la classe dirigente indica come responsabili della situazione non l’inutilità del provvedimento e dei suoi legislatori ma i comuni cittadini, come a dire: “noi abbiamo fatto il nostro lavoro, se le cose stanno andando male è perché siete brutti, sporchi e cattivi”. Questa idea è assurda anche alla luce dei controlli inesistenti fatti sia ai privati cittadini che alle attività che andavano monitorate… come la mia. La mia categoria eticamente fa cagare ma nessuno ha svolto controlli, se non simbolici. E ai babbi di minchia come me e altri colleghi che hanno perso soldi e ne hanno spesi per attenersi scrupolosamente alle norme raffazzonate che ci hanno dato non hanno nemmeno dato una medaglietta da bravi coglioni disciplinati.
Manna chiuderà?
Noi nel rispetto delle regole non molleremo, nel senso che saremo aperti a pranzo finché ci verrà concesso. Credo che presto ci sarà un’altra serrata ma fino ad allora la carta c’è, il servizio a pranzo anche, la Gastronomia di Periferia (la personalissima versione di Fronduti del food delivery con piatti pronti di Manna e lavorati per una spesa intelligente come sughi, ragù, brodo e passatelli, bollito, trippa ma anche le eccellenti materie prime dei fornitori del suo ristorante, nda) in realtà c’è sempre stata ma ora che cenare al ristorante non si può più ha incrementato la sua domanda. Non molleremo un cazzo nel senso che continueremo a fare le uniche cose che sappiamo fare: resistere e cucinare.
E se ahimè temporaneamente non c’è più Trippa per gatti di Rossi, sapere che posso andare a pranzo da Fronduti è una Manna dal cielo. (Scusate, mi ero ripromesso di non chiudere con un calembour ma non ce l’ho fatta).
Anche io comunque farò le uniche cose che so fare: resistere e mangiare.
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